CRIMINALITA’ ALBANESE
La criminalità albanese resta l’organizzazione straniera più ramificata in ambito nazionale, con un’alta capacità di rivitalizzazione e di rinnovamento delle fila e delle basi operative. I sodalizi albanesi sono connotati da una struttura organizzativa in forma “clanica”, che tiene saldo il vincolo di appartenenza; manifestano, altresì, una accentuata indole violenta nell’esecuzione dei reati predatori409 ed una estrema mobilità sul territorio, che ha consentito loro di estendere progressivamente la portata degli interessi criminali- sovente condivisi con gruppi italiani - nel settore degli stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nei reati contro il patrimonio. Il ricorso alla violenza resta, peraltro, lo strumento attraverso il quale vengono risolti i dissidi tra gruppi rivali, e non solo per ragioni legate alle attività illecite. Sembra, infatti, che nell’ambito di tali gruppi si faccia ancora ricorso alle regole del kanun, un codice consuetudinario albanese, risalente al XV secolo e alternativo alle regole dello Stato. Secondo tale codice, i congiunti di una vittima di un omicidio possono uccidere, di diritto, gli autori del fatto o i loro parenti maschi sino al terzo grado, purché di età superiore ai quattordici anni. Questa barbarie potrebbe rappresentare la chiave di lettura del duplice omicidio avvenuto nel mese di novembre 2016 a Canegrate (MI), e risolto dall’Arma dei Carabinieri nel mese di maggio 2017 con l’arresto dei responsabili. Il contesto nel quale era sorta l’azione criminosa riguardava, infatti, non solo i dissidi tra due gruppi di albanesi attivi sullo stesso territorio nello spaccio di stupefacenti, ma anche la ritorsione per un aggressione subita da un componente familiare di uno dei due sodalizi. Come accennato, tra i settori di interesse delle consorterie albanesi rileva il traffico di sostanze stupefacenti, grazie al quale sarebbero sorte storiche alleanze con le organizzazioni mafiose italiane. Un discorso particolare merita, in proposito, il rapporto tra i clan albanesi e la criminalità pugliese, anche in considerazione della vicinanza geografica tra i due Paesi: gli scali portuali dell’Adriatico restano gli approdi privilegiati per i traffici illeciti dai Balcani. Il porto di Brindisi, in particolare, sarebbe uno dei crocevia preferiti per le organizzazioni criminali transnazionali, utilizzato per far arrivare nel Paese non solo carichi di droga, soprattutto marijuana, ma anche merce contraffatta. Una rotta che viene parimenti impiegata per i traffici di eroina, di cocaina, di immigrati clandestini e di armi. Da segnalare come i gruppi albanesi avrebbero progressivamente affinato le tecniche di occultamento degli stupefacenti: dalle indagini più recenti si è infatti rilevato l’utilizzo di ingegnosi doppi fondi nelle autovetture e intercapedini negli immobili, comandati da sofisticati congegni elettromeccanici. Si tratta di una sinergia criminale italo-albanese i cui effetti si colgono anche nella fase di distribuzione degli stupefacenti, non di rado comunque segnata da dissidi per il controllo delle piazze di spaccio. Altro settore di rilievo è quello della prostituzione, ambito in cui le organizzazioni albanesi tendono ad adescare le proprie vittime all’interno di gruppi di connazionali. Le donne, sottoposte a violenze fisiche e psicologiche, vengono sfruttate e, in alcuni casi, addirittura cedute ad altri sodalizi, in particolare rumeni. Non da ultimo, le formazioni criminali in esame continuano ad essere attive nei reati contro il patrimonio, con una particolare propensione verso il traffico di autovetture rubate e le c.d. “rapine in villa”.
Gli stessi gruppi sarebbero, inoltre, in grado di capitalizzare i proventi illeciti derivanti dalle attività sopra descritte, reinvestendoli in Albania in attività immobiliari e commerciali.
La criminalità albanese resta l’organizzazione straniera più ramificata in ambito nazionale, con un’alta capacità di rivitalizzazione e di rinnovamento delle fila e delle basi operative. I sodalizi albanesi sono connotati da una struttura organizzativa in forma “clanica”, che tiene saldo il vincolo di appartenenza; manifestano, altresì, una accentuata indole violenta nell’esecuzione dei reati predatori409 ed una estrema mobilità sul territorio, che ha consentito loro di estendere progressivamente la portata degli interessi criminali- sovente condivisi con gruppi italiani - nel settore degli stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nei reati contro il patrimonio. Il ricorso alla violenza resta, peraltro, lo strumento attraverso il quale vengono risolti i dissidi tra gruppi rivali, e non solo per ragioni legate alle attività illecite. Sembra, infatti, che nell’ambito di tali gruppi si faccia ancora ricorso alle regole del kanun, un codice consuetudinario albanese, risalente al XV secolo e alternativo alle regole dello Stato. Secondo tale codice, i congiunti di una vittima di un omicidio possono uccidere, di diritto, gli autori del fatto o i loro parenti maschi sino al terzo grado, purché di età superiore ai quattordici anni. Questa barbarie potrebbe rappresentare la chiave di lettura del duplice omicidio avvenuto nel mese di novembre 2016 a Canegrate (MI), e risolto dall’Arma dei Carabinieri nel mese di maggio 2017 con l’arresto dei responsabili. Il contesto nel quale era sorta l’azione criminosa riguardava, infatti, non solo i dissidi tra due gruppi di albanesi attivi sullo stesso territorio nello spaccio di stupefacenti, ma anche la ritorsione per un aggressione subita da un componente familiare di uno dei due sodalizi. Come accennato, tra i settori di interesse delle consorterie albanesi rileva il traffico di sostanze stupefacenti, grazie al quale sarebbero sorte storiche alleanze con le organizzazioni mafiose italiane. Un discorso particolare merita, in proposito, il rapporto tra i clan albanesi e la criminalità pugliese, anche in considerazione della vicinanza geografica tra i due Paesi: gli scali portuali dell’Adriatico restano gli approdi privilegiati per i traffici illeciti dai Balcani. Il porto di Brindisi, in particolare, sarebbe uno dei crocevia preferiti per le organizzazioni criminali transnazionali, utilizzato per far arrivare nel Paese non solo carichi di droga, soprattutto marijuana, ma anche merce contraffatta. Una rotta che viene parimenti impiegata per i traffici di eroina, di cocaina, di immigrati clandestini e di armi. Da segnalare come i gruppi albanesi avrebbero progressivamente affinato le tecniche di occultamento degli stupefacenti: dalle indagini più recenti si è infatti rilevato l’utilizzo di ingegnosi doppi fondi nelle autovetture e intercapedini negli immobili, comandati da sofisticati congegni elettromeccanici. Si tratta di una sinergia criminale italo-albanese i cui effetti si colgono anche nella fase di distribuzione degli stupefacenti, non di rado comunque segnata da dissidi per il controllo delle piazze di spaccio. Altro settore di rilievo è quello della prostituzione, ambito in cui le organizzazioni albanesi tendono ad adescare le proprie vittime all’interno di gruppi di connazionali. Le donne, sottoposte a violenze fisiche e psicologiche, vengono sfruttate e, in alcuni casi, addirittura cedute ad altri sodalizi, in particolare rumeni. Non da ultimo, le formazioni criminali in esame continuano ad essere attive nei reati contro il patrimonio, con una particolare propensione verso il traffico di autovetture rubate e le c.d. “rapine in villa”.
Gli stessi gruppi sarebbero, inoltre, in grado di capitalizzare i proventi illeciti derivanti dalle attività sopra descritte, reinvestendoli in Albania in attività immobiliari e commerciali.