A Palermo è necessario fare il punto del cammino fin qui compiuto nella lotta alla mafia. E’ necessario capire le nuove strategie di Cosa nostra e impegnare la comunità locale e le istituzioni in una verifica dei risultati ottenuti e in una riprogettazione degli obiettivi strategici. Manca da molto una lettura aggiornata e una progettualità condivisa.
Nell’interrogazione che ho presentato al governo, il 20 dicembre scorso, ho citato due esempi che ci aiutano a capire come agire: quello del prefetto Antonella De Miro sulle interdittive e le analisi del giornalista Salvo Palazzolo sull’evoluzione della mafia nel territorio.
“Definire una strategia mirata a colpire Cosa nostra a Palermo per approfittare della morte di Riina e per impedire che i “fine pena” ed i “nuovi boss” possano riprendere il controllo verticale dell’organizzazione mafiosa per rilanciare i settori tradizionali e aprire nuovi percorsi affaristici – collusivi”; “avviare una verifica sui mancati controlli che hanno consentito in posti nevralgici, come l’ippodromo, la presenza di società colluse con la mafia”; “ricorrere alle interdittive antimafia, è un terreno che fa male alle imprese mafiose e che va sostenuto per dare allo Stato quel supporto necessario per contribuire a determinare un mercato delle attività produttive e commerciali libere dalle collusioni”.
Sono queste le tre principali richieste che ho posto all’esecutivo per mettere in ginocchio Cosa nostra a Palermo. Naturalmente è un contributo, come nel mio stile, chiaro e diretto.
Di seguito il testo integrale dell’atto di sindacato ispettivo.
http://www.giuseppelumia.it/2014/fine-pena-e-interdittive-antimafia-rilanciare-la-lotta-alla-mafia-a-palermo/
http://www.giuseppelumia.it/2014/fine-pena-e-interdittive-antimafia-rilanciare-la-lotta-alla-mafia-a-palermo/