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DIA 2016/2 - TRAPANI E PROVINCIA

Anche e vieppiù  cosa nostra trapanese presenta ancora una struttura unitaria e verticistica, con un capillare e profondo radicamento territoriale: caratteristiche che la rendono del tutto omogenea a quella palermitana. Nel periodo in esame non sono stati colti evidenti cambiamenti organizzativi né operativi, attesa la perdurante strategia di basso profilo e occultamento. Nonostante l’incessante opera di contrasto da parte dello Stato, l’organizzazione mafiosa registra tutt’oggi una notevole potenzialità offensiva, grazie al pervasivo controllo del territorio (soprattutto sottoforma di estorsione verso i titolari di attività d’impresa) e all’immutata capacità di adattamento e d’infiltrazione nel tessuto socio-economico locale. Peraltro, il degrado sociale che connota alcune aree della provincia contribuisce ad accrescere il potenziale criminale di  cosa nostra.  Questa, oltre a continuare ad imporre un clima di omertà, sembra riscuotere anche un certo consenso nelle fasce più emarginate della popolazione. La georeferenziazione delle macro strutture criminali che insistono sul territorio consente di suddividere la provincia in quattro  mandamenti: ALCAMO, CASTELVETRANO, MAZARA DEL VALLO e TRAPANI, che raggruppano complessivamente diciassette  famiglie. Il principale ricercato mafioso dell’area72, al di là della carica formale ricoperta quale  capo mandamento di Castelvetrano e  rappresentante provinciale di Trapani, è tuttora il  leader più carismatico, ancora in libertà, dell’organizzazione mafiosa73. Sulla sua figura si continua a reggere il sostanziale equilibrio tra  famiglie e  mandamenti e la cattura dei  capi più importanti ne avrebbe aumentata l’influenza anche nel palermitano e nella complessiva  governance di cosa nostra. La rilevante entità dei beni sequestrati a suoi prestanome fornisce un’indicazione del potere di penetrazione economica e dell’affarismo di cui la “primula rossa” è stata capace, potendo contare su una pluralità di soggetti insospettabili. La centralità del superlatitante nella gestione degli affari illeciti nei vari contesti della provincia è stata ulteriormente suffragata, anche nel semestre di riferimento, da alcune significative attività investigative. Tra queste, si richiama quella della D.I.A. di Trapani che, unitamente alla Polizia di Stato, nel mese di ottobre ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere74 nei confronti di un imprenditore di Castelvetrano, condannato per associazione di tipo mafioso in quanto affiliato alla  famiglia  di CASTELVETRANO e per le acclarate relazioni con soggetti facenti capo al noto latitante. L’operazione “Ermes II”75 ha, invece, evidenziato ancora una volta il perdurante interesse delle  cosche trapanesi verso il settore dei pubblici appalti, (attuato attraverso società intestate a compiacenti prestanome) e confermato i saldi contatti tra il mandamento di Trapani e quello di Mazara del Vallo, col fine di spartirsi le commesse secondo precise direttive. Stesso dicasi per l’operazione “Ebano76”, che ha documentato l’infiltrazione delle  consorterie  di Castelvetrano nel redditizio settore dei lavori pubblici quale ulteriore fonte di sostentamento per l’organizzazione mafiosa e, nel caso di specie, direttamente per la  famiglia anagrafica del  boss  latitante. L’indagine ha dimostrato come, attraverso l’approvvigionamento di fondi, la compiacenza di funzionari comunali e il reinvestimento di capitali, la predetta  famiglia si fosse, di fatto, assicurata il controllo delle attività economiche del territorio. Sul piano generale, l’illecita ingerenza negli appalti pubblici verrebbe esercitata, a monte, con condotte finalizzate alla turbativa d’asta, e a valle, in fase di esecuzione dei lavori, attraverso l’imposizione, alle ditte aggiudicatarie, del pagamento di una sorta di  pizzo77 (necessario per garantirsi il “regolare” svolgimento dei lavori), ovvero della fornitura di materie prime o di manodopera. In tale contesto, il contributo informativo della D.I.A. di Trapani ha consentito alla locale Prefettura di esprimere parere contrario alla richiesta d’iscrizione alla  white list di sette ditte78, per il pericolo d’infiltrazioni mafiose. Insieme alle infiltrazioni nelle commesse pubbliche, le estorsioni, spesso anticipate da atti intimidatori79 in danno di imprenditori e commercianti, costituiscono ancora il sistema più immediato e diretto per far fronte alle esigenze di liquidità dell’organizzazione e per mantenere il controllo del territorio. In questo articolato panorama, la consumazione dei reati c.d. “minori” è da ricondurre all’azione della criminalità comune, pure presente nella provincia di Trapani. Anche l’usura80 continua ad essere appannaggio di soggetti non direttamente collegati alla criminalità organizzata. Va  inoltre segnalata, per il periodo in trattazione, la misura dell’amministrazione giudiziaria81 disposta nei confronti di un Istituto bancario della provincia di Trapani, le cui iniziative economiche sarebbero state orientate alla costante agevolazione delle attività di diversi soggetti legati alla criminalità organizzata. Dalle investigazioni è emerso come taluni soggetti, con precedenti di mafia, fossero stati soci ovvero avessero rivestito importanti funzioni all’interno dell’istituto di credito; fra questi, anche i membri di una  famiglia sospettata di legami con esponenti di vertice della mafia trapanese. L’indagine ha evidenziato, altresì, il condizionamento nella gestione dell’Istituto di credito di alcuni associati alla massoneria. Continua a destare particolare allarme sociale lo spaccio di sostanze stupefacenti, segnatamente  hashish e  marijuana, ma anche cocaina e, in quantità minori, eroina. Il fenomeno della coltivazione di piante di  cannabis ha registrato un notevole incremento negli ultimi anni. Anche in questa provincia è proseguita l’attività della D.I.A. e delle Forze di polizia volta alla sottrazione di patrimoni illecitamente accumulati da soggetti indiziati di aver fornito supporto a  famiglie mafiose o essi stessi indagati per associazione mafiosa. Nel dettaglio, la D.I.A. di Trapani ha eseguito, nel semestre, significativi sequestri e confische82 per un valore complessivo di oltre centoventicinque milioni di euro. Tra i sequestri vale la pena di richiamare quello eseguito83, il mese di dicembre, nei confronti di un imprenditore edile, ritenuto vicino ai  clan trapanesi. In particolare, il soggetto colpito, indagato in passato per associazione mafiosa in quanto inserito nella compagine sociale di alcune ditte riconducibili al capo del  mandamento di Trapani, era riuscito, attraverso lo schermo giuridico di una società e la complicità di un componente del consiglio di amministrazione di un istituto di credito, a rilevare una grossa area edificabile in Trapani. Su tale lotto di terreno, l’imprenditore in questione, assieme ad un altro soggetto - anch’egli attivo nel settore edile e colluso con  cosa nostra - aveva poi realizzato una speculazione edilizia milionaria. Con l’operazione sono stati sequestrati quattro compendi aziendali, novanta immobili (tra appartamenti per civile abitazione e esercizi commerciali), autovetture, depositi bancari ed un lussuoso natante da diporto, per un valore complessivo di oltre 25 milioni di euro.

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