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FONDAZIONE CAPONNETTO ALLA SCUOLA DI POLIZIA: REPORT

Non abbiate paura: “Nothing for us, without us” (Niente per Noi, Senza di Noi). “Ti aspetto nella nostra piccola cappella e per altare troverai la prua di un barcone” queste le parole che Gianpaolo Trevisi rivolge frettolosamente al telefono, invitando -nella sua veste di Direttore della scuola di formazione per agenti della Polizia di Stato di Peschiera del Garda- autorità, amici e colleghi delle FF.PP. Mi aspettavo di assistere alle solite celebrazioni, fatte di luoghi comuni, frasi di circostanza, in consessi fin troppo costruiti. Mi aspettavo di assistere al solito cerimoniale che troppo spesso s’impone in manifestazioni istituzionali. Invece mi accoglie un giovane uomo sorridente, che passa immediatamente al "tu", che abbraccia tutti, che si preoccupa di chi siederà nei primi banchi predisposti con tanta solerzia dagli uomini e dalle donne del quadro permanente della scuola; che dedica questa giornata ai servitori dello Stato morti in servizio e a tutti i morti che stiamo piangendo nel mediterraneo, mentre rivolge un pensiero alla piccola Dalia che proprio oggi compie due anni: sua figlia. Mi accorgo così che ha imbandito come il miglior padrone di casa la tavola per ospitarci: con accoglienza, calore e tenerezza. Esattamente ciò che si prova entrando nella piccola cappella, ricavata in un ex deposito di rifiuti e dedicata a Giovanni Paolo II. A benedirla è giunto don Luigi Merola, il prete anticamorra, quello de “à voce d’è creature”, che racconta la vita di ragazzi tra legalità e camorra. Sono circondata da poliziotti che forgiano ferri roventi per innalzare croci, poliziotti che si dichiarano atei ma che si emozionano su un altare improvvisato e piangono in un posto che non vuole essere solo luogo della preghiera ma soprattutto luogo del ricordo e della riflessione. E resto ammutolita dinanzi a una Vergine che non abbraccia un figlio, ma due, o forse trecentosessantotto, come i morti di quel tragico 3 ottobre 2013 nel mare intorno a Lampedusa. In sottofondo la voce di Paolo Restiotto, poliziotto con la passione per la musica classica. E un pezzo di Lampedusa lo ritrovo qui. Nelle parole di un giovane etiope scampato alla morte proprio su una di quelle carrette; che ci racconta in un italiano perfetto della sua paura verso le divise del suo paese e lo smarrimento che ha provato in terra italiana, dopo essere stato costretto ad attraversare il Mediterraneo in condizioni inaccettabili. Uomini, donne e bambini in fuga da persecuzioni, dittature, guerre e miseria. Ma il barcone di oggi è stato battezzato “speranza” e lui accenna a un sorriso e afferma che è bello scegliere finalmente in quale ambiente vivere. Indicare a giovani poliziotti qual è la strada verso un nuovo “sentire”, in situazioni sociali in cui l’assenza d’identità è una delle principali fonti d’isolamento, di devianza e d’insicurezza tra la popolazione immigrata e non, è un compito arduo per il Dipartimento della P.S., ma non impossibile. Oggi in una cornice storica e di elevata bellezza, si è andati oltre l’insegnamento e si è pensato a coltivare il cuore; dubito pertanto che in qualche Scuola di Formazione si sia assistito a momenti come quelli vissuti oggi, o almeno non ne ho memoria. Spettatrice privilegiata di una giornata dall’alto valore etico. Questo pertanto deve essere ricordato come un giorno felice per chiunque abbia a cuore la giustizia e la legalità. Antonino Caponnetto, padre del pool antimafia, con il suo esempio ha instillato in tanti operatori della giustizia il pensiero che amare la giustizia e impegnarsi nella legalità costituisce una scelta che non può limitarsi alle parole. Con la sua forza e il suo rigore morale ci ha insegnato a esporci e a rischiare affinché le ragioni della giustizia, e non del personale interesse, si affermassero a vantaggio della collettività e di uno Stato di diritto. Come la forza vitale trasmessa da don Luigi, giovane prete di periferia, che dopo la morte della piccola Annalisa Durante ha arricchito di nuovi entusiasmi la sua vita pastorale. Perché la morte atroce di un giovane può infondere la voglia di cambiare il mondo. Don Luigi ha ricordato ai giovani allievi in aula Magna che depauperare di uomini e mezzi le Forze di Polizia è deleterio per il Paese e lo è soprattutto sotto un profilo puramente psicologico, perché questo dà ai mafiosi, ai collusi, ai corrotti e corruttori la sensazione che lo Stato stia mollando. Perciò non vi è cosa più importante dell’imparare a giocare in squadra, del vivere il “Noi”. “Vivere nella consapevolezza che da soli non siamo nessuno”: queste sono le ultime parole che risuonano nel cortile della scuola; sono le parole toccanti di Maria Teresa Salaorni, mamma di Massimiliano e Davide Turazza, entrambi poliziotti; entrambi morti in servizio. Davide portò la bara del fratello Massimiliano, ucciso in un conflitto a fuoco a 29 anni il 18 ottobre del 1994, ai funerali di Stato. Un anno dopo decise di entrare in polizia. E in Polizia trovò la morte. Maria Teresa ha voluto ricordare il suo triste vissuto di madre offrendo ad una platea commossa il ricordo dei suoi angeli. Ora non so quali parole avrebbe potuto usare nonno Nino dinanzi a una politica che sembra non ponga adeguata attenzione alla sicurezza del nostro Paese, dopo le voci corali che si sono rincorse prepotentemente circa uno svuotamento di risorse economiche e umane delle strutture preposte all’ordine e alla sicurezza pubblica. Voglio però sperare cristianamente che Antonino Caponnetto abbia potuto ascoltare le voci di tutti e che abbia respirato con noi il profumo dell’Italia onesta, quella che è stata invitata a battere un colpo per farsi sentire all’interno di una scuola di Polizia, in una giornata fondamentale per conciliare e mantenere sempre vivo il tema della sicurezza partecipata e dei diritti umani. In una giornata, che a ridosso delle commemorazioni di un lontano e tragico 19 luglio, profuma ancora di libertà e giustizia. (Referente per il Veneto della Fondazione Caponnetto)

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