PER
UNA EMILIA ROMAGNA
SENZA
MAFIA
RAPPORTO
SULLE
PRESENZE DELLA
CRIMINALITA'
ORGANIZZATA 2014
A
cura di Renato Scalia
Consigliere
della Fondazione Antonino Caponnetto
L’EMILIA
ROMAGNA
NON
E' TERRA DI MAFIA
MA
LA MAFIA C'E'
RISCHIA
DI COLONIZZARE LA REGIONE
SI
PRESUME CHE IL SUO FATTURATO
OSCILLI
INTORNO AI 20 MILIARDI DI EURO
NON
DOBBIAMO ABBASSARE LA GUARDIA
INDICE
Presentazione
della collana dei Rapporti, di
Pietro Grasso p.
4
Prologo
p.
6
I.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA CALABRESE
p. 9
II.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA SICILIANA
p. 12
III.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA CAMPANA
p. 14
IV.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA PUGLIESE
p. 16
V.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA STRANIERA
p. 17
- Criminalità nordafricana p. 17
- Criminalità nigeriana p. 18
- Criminalità cinese p. 18
- Criminalità centroamericana/sudamericana p. 19
- Criminalità rumena p. 20
- Criminalità bulgara p. 21
- Criminalità ex URSS p. 21
- Altri fenomeni criminali stranieri p. 22
VI.
INFILTRAZIONI MAFIOSE NEGLI APPALTI PUBBLICI:
normative e approfondimenti
p. 23
VII.
SINERGIE TRA LE MAFIE
P. 34
VIII.
ANALISI TERRITORIALE PER PROVINCIA
p. 35
- Provincia di Bologna p. 35
- Provincia di Ferrara p. 43
- Provincia di Forlì Cesena p. 47
- Provincia di Modena p. 51
- Provincia di Parma p. 59
- Provincia di Piacenza p. 64
- Provincia di Ravenna p. 67
- Provincia di Reggio Emilia p. 73
- Provincia di Rimini p. 88
TABELLE
Presentazione
per la collana dei Rapporti, di Pietro Grasso
(inviata
per il Rapporto sulla Toscana, 19 luglio 2013)
Anche
quest’anno il Rapporto “Per una Toscana senza mafia”, curato
dalla Fondazione Antonino Caponnetto, offre un’analisi accurata e
puntuale sulla penetrazione della criminalità organizzata in una
Regione, come la Toscana, famosa in Italia e nel mondo soprattutto
per le sue bellezze paesaggistiche ed artistiche, per la sua cultura
e storia secolari, per la sua capacità imprenditoriale.
Eppure,
lo stesso territorio toscano, da sempre considerato impermeabile alle
infiltrazioni mafiose, non manca di presentare elementi di rischio. È
questo il campanello d’allarme che, come già nelle precedenti
edizioni, il Rapporto invita a non sottovalutare. Non possiamo mai
considerarci al sicuro di fronte al fenomeno mafioso, neanche in
quelle realtà, come la Regione Toscana, dove la mafia trova
condizioni meno favorevoli. Penso alla mancanza di consenso sociale
verso la criminalità organizzata, al radicamento nella collettività
locale di un senso di appartenenza allo Stato e alle istituzioni
pubbliche, alla presenza di una sana e capillare economia di mercato.
Nonostante questi importanti fattori di garanzia, non possiamo
“abbassare la guardia” nè cadere nei tanti luoghi comuni che, in
Toscana come altrove, circondano il fenomeno mafioso. Per questa sua
funzione pedagogica, oltre che per il suo contenuto informativo e per
i preziosi spunti di riflessione e di intervento, il Rapporto 2013
rappresenta uno strumento fondamentale della nostra battaglia comune
verso la legalità. Ho speso 43 anni della mia vita professionale al
servizio della magistratura e della giustizia. Quando ho scelto di
lasciare questa attività per dedicarmi alla politica, l’ho fatto
pensando che, come esperto del settore, avrei potuto continuare ad
occuparmi di giustizia da un’altra prospettiva. Oggi, come
Presidente del Senato, sono chiamato a un ruolo di garanzia che mi
impedisce di entrare nel vivo del procedimento di formazione della
legge e persino di votare le leggi. Ma non per questo ho rinunciato
alla lotta per la legalità e la giustizia. È questo un obiettivo al
quale tutti dobbiamo contribuire, con un rinnovato impulso etico e
una ancora maggiore conoscenza tecnica del fenomeno.
Sono
certo che questo Rapporto, straordinariamente innovativo nella sua
capacità di analizzare le infiltrazioni mafiose, sarebbe piaciuto ad
Antonino Caponnetto, eroe simbolo di questa lotta. Nonno Nino, come
lo chiamavano tutti, era per me un padre, da quando - lui Consigliere
Istruttore a capo del Pool antimafia, io fresco di nomina quale a
giudice a latere nel maxi processo di Palermo - mi dette un buffetto
sulla guancia, che somigliava ad una carezza, per darmi la forza di
andare avanti e per invitarmi a seguire solo la voce della mia
coscienza.
Il
suo coraggio, la sua forza, la sua capacità di creare armonia e
affiatamento nel lavoro sono ora la linfa vitale della Fondazione che
porta il suo nome, impegnata in prima linea contro la criminalità
organizzata, in particolare attraverso la costante opera di
formazione e sensibilizzazione rivolta ai giovani, i futuri cittadini
del nostro Paese. Senza l’impegno della Fondazione Antonino
Caponnetto e di tutte le altre realtà associative che ogni giorno
lottano per la legalità saremmo oggi sicuramente più indifesi nel
contrasto alle mafie.
Alla
Fondazione, a Nonna Betta, all’Autore Renato Scalia ed alla Regione
Toscana va dunque il mio sentito ringraziamento per questo primo
volume della collana, al quale spero seguiranno presto i prossimi,
dedicati all’Emilia Romagna, alla Liguria e all’Umbria.
Piero
Grasso
Presidente
del Senato
Prologo
E'
passato solo un anno dalla prima pubblicazione del rapporto sulle
presenze della criminalità organizzata in Emilia Romagna. Eppure le
notizie che abbiamo inserito in questo aggiornamento sono
numerosissime e importanti.
Il
rapporto non è un romanzo, è bene da subito precisarlo. E’ invece
il resoconto fedele di alcune delle diverse attività di indagine
giunte agli onori delle cronache messe in atto dalla magistratura e
dalle Forze di polizia a tutta la prima metà del mese di maggio.
Partiamo dal fatto più rilevante: in questi anni in Emilia Romagna
sono stati eseguiti molti sequestri e diverse confische, i
provvedimenti, però, sono sempre arrivati dagli organi giudiziari
delle Regioni del sud. Questa la novità: il Tribunale di Reggio
Emilia, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di
Bologna, ha di recente disposto la misura di prevenzione patrimoniale
nei confronti di un elemento di spicco della 'ndrina Grande Aracri.
Un episodio importante e raro, che sicuramente stabilirà un punto
fermo per simili iniziative future.
Altro
fatto positivo da segnalare è la costituzione della Sezione
Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Bologna, che ha
competenza in tutta la regione.
Passiamo
invece alle note dolenti: come accennato le operazioni di polizia che
sono state portate a termine nel periodo trattato sono veramente
tante. Questo purtroppo conferma che oggi la Regione è considerata
terra di conquista: in molte zone dell'Emilia Romagna le
infiltrazioni criminali - facilitate anche dai mafiosi mandati con le
proprie famiglie in soggiorno obbligato, e ben radicati nel tessuto
sociale delle zone di confino - hanno ormai raggiunto livelli di
colonizzazione. Con il trascorrere del tempo le mafie si sono
spartite il territorio, come è stato ben ricordato lo scorso anno
nelle stesse parole del Procuratore generale durante
l’apertura dell’anno giudiziario, riferendosi ad una “raggiunta
pace mafiosa tra i diversi gruppi, finalizzata a un’equa
spartizione del territorio e degli affari”.
In
un primo momento la suddivisione delle zone è stata decisa da azioni
cruente. Via via, dopo che sono state acclarate gerarchie ed
egemonie, le mafie hanno seppur in parte visibilmente archiviato i
metodi criminali violenti, e deciso di lavorare “sotto
traccia”
stabilendo una sorta di pax, costituendo alleanze e collaborazioni, o
realizzando vere e proprie holding imprenditoriali. Recenti attività
d'indagine hanno evidenziato anche collaborazioni tra criminalità
organizzata siciliana e calabrese. Oramai i
sodalizi criminali sono in grado di aggiudicarsi stabilmente appalti,
subappalti, noleggi e concessioni, sia pubblici che privati. I
rischi di inquinamento dell'economia legale hanno raggiunto livelli
così inquietanti che oggi nessun territorio può ritenersi davvero
permeabile all'avanzata dei clan.
Questo è ben evidente anche dall'analisi contenuta nel XIII°
rapporto di Sos Impresa della Confesercenti, dal quale si evince che
in Emilia-Romagna un commerciante su venti pagherebbe il pizzo ed è
sottolineata la presenza e la diffusione dell’usura, e di fenomeni
di infiltrazione mafiosa nelle filiere agroalimentari.
Ma
ad aver raggiunto livelli di pervasività inquietanti non è solo la
criminalità autoctona, ma anche quella allogena. Si
sono evidenziati gruppi criminali composti da albanesi, rumeni,
bulgari, cinesi, magrebini, nigeriani e di altre etnie, dediti al
traffico di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento e allo
sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, all’usura, all’estorsione, alle
truffe telematiche mediante la clonazione di carte magnetiche e alla
commissione di reati predatori. Si sono inoltre moltiplicate le
organizzazioni multietniche, composte anche da italiani, molto attive
nella commissione di quei reati che, per loro natura, necessitano di
una più strutturata organizzazione.
Da più di una fonte appare evidente che le organizzazioni criminali
presenti sul territorio sono ora in una fase evolutiva, che punta
soprattutto a estendere gli interessi in zone “controllate”
da altri sodalizi, stipulando accordi di scambio reciproco. Per
questo motivo servono più che mai strumenti di collaborazione
condivisi tra le diverse istituzioni.
In
Regione vi è anche un consistente numero di beni confiscati alle
mafie. Come si rileva dal sito
http://www.benisequestraticonfiscati.it
dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, i
beni confiscati presenti nelle Province della Regione sono 112
(rispetto ai 109 del 2012, un bene in gestione in più a Bologna,
Modena e Rimini) e sono così distribuiti:
Provincia
|
In gestione |
Destinati consegnati | Destinati non consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | TOT* |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
12
|
8
|
1
|
0
|
0
|
12
|
7
|
40
|
|
0
|
8
|
0
|
6
|
0
|
2
|
0
|
16
|
|
0
|
20
|
0
|
8
|
0
|
0
|
0
|
28
|
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
0
|
2
|
|
0
|
6
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
6
|
|
1
|
5
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
6
|
|
0
|
8
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
8
|
|
1
|
0
|
2
|
0
|
0
|
2
|
1
|
6
|
*
Il
totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma
Al
riguardo, si segnala che la Regione è ad oggi tra le prime 10 in
Italia con il maggior numero di beni sottratti alla criminalità
organizzata. E in questo contesto i numeri dell'Emilia Romagna del
distretto di Corte d’appello di Bologna sono indicati dal Ministero
di Grazia e Giustizia come “da
non sottovalutare”,
anche perché “si
affacciano per la prima volta tra i dieci distretti giudiziari più
interessati al fenomeno”
(la Regione conta 41 procedimenti tra sequestri e confische nel
periodo tra il 2009 e il 2013). Nel 2012, peraltro, il distretto di
Bologna ha contato 18 procedimenti di sequestro e confische di beni
alle mafie, lo stesso numero di Catanzaro (ottavo distretto in
Italia). Un
fatto di assoluto rilievo, ma ancora poco noto, è lo sfruttamento
della manodopera di immigrati. La questione è stata trattata nella
relazione annuale della Dna del 2012, dove si legge:
"le
prime indagini da parte della magistratura conseguenti alla modifica
del Codice hanno
confermato
una situazione di fatto nota da tempo (si segnalano indagini della
DDA di Lecce sullo sfruttamento di immigrati impegnati nella raccolta
nei campi del Salento) ma anche nelle zone più floride del Nord del
paese dove la criminalità tende a spartirsi l’intermediazione
illegale di manodopera di lavoratori da impegnarsi in attività
agricola (vendemmia, raccolta di frutta), in particolare il fenomeno
è in espansione nel Lazio, in Lombardia, in Piemonte ed in Emilia
Romagna".
I.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA CALABRESE
La
presenza di numerosi affiliati o contigui alle ‘ndrine calabresi è
ormai un dato di fatto. L’Emilia Romagna, come è noto, non è
stata esente da fatti di sangue legati a faide tra clan. Emblematico
è il caso della lotta tra le 'ndrine Dragone
e Grande
Aracri.
Negli anni ’80 venne confinato a Reggio Emilia il boss di Cutro,
Antonio Dragone. Nella vicina Brescello era soggiornante il
concittadino Nicolino Grande Aracri, capo dell’omonima ‘ndrina. I
due erano stati amici e alleati sino alla fine degli anni ’90,
quando ebbe inizio lo
scoppio di una faida che durò diversi anni e contò diversi omicidi,
alcuni perpetrati in provincia di Reggio
Emilia.
Il culmine si toccò la sera del 12 dicembre 1998, allorché quattro
killers lanciarono una bomba a mano in un bar del centro storico di
Reggio
Emilia,
notoriamente frequentato da calabresi. Nel locale, dove erano
presenti anche molti ragazzini, fu per un soffio sfiorata la strage
ma vi furono 10 persone ferite.
Come
dimostra l’arresto avvenuto nel 2010 a Bologna,
di
Nicola Acri,
considerato il capo della ‘ndrina di Rossano Calabro,
l’espansionismo della ‘ndrangheta mira anche al capoluogo.
Le organizzazioni criminali calabresi operano prevalentemente nel
riciclaggio di danaro, nella spendita di danaro contraffatto, nelle
estorsioni, nell’usura, nella detenzione e traffico di armi e nel
traffico e spaccio di sostanze stupefacenti provenienti dal Sud
America, da Paesi europei e dall’Australia; nel campo degli
stupefacenti la ‘ndrangheta ha stipulato alleanze con gruppi
criminali allogeni.
Abbiamo
già accennato ad un altro dato oggettivo che è emerso dai vari
interventi effettuati dai Gruppi Interforze istituiti presso le
Prefetture, che riguarda i numerosi tentativi di infiltrazione della
criminalità calabrese nel settore degli appalti pubblici. In alcune
circostanze, ed è questo uno degli aspetti più allarmanti, è stato
appurato anche il coinvolgimento di imprenditori locali.
Com’è facile immaginare l’attenzione che è stata posta sul
fenomeno, testimoniata dai vari interventi eseguiti dai Gruppi
Interforze delle Prefetture dell’Emilia Romagna, costringerà i
gruppi criminali calabresi a trovare ora nuovi espedienti per rendere
ancora più difficili le investigazioni riguardo le società in odore
di mafia. E sarà ancora più spasmodica la ricerca di prestanome,
magari stranieri, e di etnie “tranquille”,
per celare in maniera sempre più efficace la penetrazione
nell’economia legale.
In
regione è stata riscontrata la presenza e l’operatività di
numerose cosche, su cui ci si soffermerà più oltre nel rapporto
(cfr. la sezione relativa all’analisi territoriale per provincia).
Ma
già possiamo brevemente ricordare che la criminalità calabrese è
quella che ha subito la trasformazione più rilevante, riuscendo a
penetrare nel territorio della Regione in maniera più efficace,
trasferendo e inserendo nella società i cosiddetti “colletti
bianchi”.
Significativo,
infine, quanto riportato nella
relazione
annuale della Dna del dicembre 2012:
“altra
importante nuova frontiera della ‘ndrangheta è sicuramente
l’Emilia Romagna. E
così: se Bologna,
può definirsi una “terra di tutti”, come indicato nella
relazione dedicata a quel Distretto, posto che alcuna organizzazione
di tipo mafioso ne è ha il completo controllo e tutti, nel contempo,
soprattutto fra gli appartenenti alla criminalità calabrese e a
quella campana, la utilizzano per fare affari senza strutturarsi nel
territorio secondo lo schema del 416 bis cp; se situazione
assolutamente identica è da rinvenirsi nel territorio romagnolo;
situazione diversa può osservarsi nelle Province di Reggio
Emilia,
Modena,
Parma
e Piacenza
dove, invece, può senz’altro affermarsi che esiste una più
consistente presenza della 'ndrangheta e in particolare, quella
proveniente dalla zona di Cutro, provincia di Crotone. Area da cui vi
è stata la più massiccia emigrazione dalla Regione Calabria verso
la Regione Emilia e Romagna. Si ricorda in proposito che il Tribunale
di Piacenza con sentenza dell’anno 2008, confermata a fine 2011
dalla Corte d’Appello di Bologna, relativa a fatti dell’anno
2002, riconosce l’esistenza di un sodalizio di tipo mafioso facente
capo a tale LAMANNA Francesco, che viene appunto condannato insieme
coi sodali per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., operante
nei territori di cui dianzi si diceva quale “alter ego” di GRANDE
ARACRI Nicola, indiscusso capo del locale di 'ndrangheta di Cutro.
Nel capo di imputazione si legge a chiare lettere come il LAMANNA
avesse il compito di sovrintendere a "tutta l'attività
criminosa svolta dall'associazione e di acquisirne i proventi per
rimetterli allo stesso Grande Aracri". Negli anni, dalle
indagini svolte ed in via di svolgimento risulta che si è vieppiù
accentuato il potere criminale del locale di Cutro ormai
esclusivamente egemonizzato dalla ‘ndrina “GRANDE ARACRI”,
uscita vittoriosa dai conflitti di mafia che hanno caratterizzato
quell’area calabrese, ed il cui capo, che secondo le attuali
pronunce (non ancora definitive) GRANDE ARACRI Nicola, è in stato di
libertà. Pertanto, nel territorio emiliano la presenza più
rilevante dal punto di vista della criminalità di tipo mafioso è
quella della 'ndrina proveniente da Cutro”.
Di sicura rilevanza sono anche le seguenti sentenze di condanna nei
confronti del crimine organizzato calabrese nel territorio emiliano:
-in
data 07.10.2011 il Gup di Bologna
ha emesso sentenza di condanna nei confronti dei 4 imputati per i
delitti di reimpiego, bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture
per operazioni inesistenti, tutti aggravati ai sensi dell’art. 7
D.L. 152/91 (metodo mafioso).
-
in data 25.06.2012 il Tribunale di Modena
ha emesso sentenza di condanna nei confronti di appartenenti alla
'ndrina
degli Arena.
Il
valore di simili sentenze lo si deduce facilmente dalla lettura dei
capi di imputazione, dai quali si evince che gli "atti
sono indicativi del modo di atteggiarsi della criminalità
organizzata del crotonese nel territorio emiliano".
II.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA SICILIANA
La
c.o. siciliana utilizza ormai da tempo la strategia del mimetismo,
che manifesta tutta la sua insidiosità con l’infiltrarsi in
attività economiche lecite quali la gestione d’impresa, in
particolar modo nelle attività legate all’ambito dell’edilizia e
del commercio. Forti
sono gli interessi della criminalità siciliana negli appalti
pubblici, nel riciclaggio e nel campo del traffico di sostanze
stupefacenti.
Non
sono molti i casi dove sono emersi interessi di cosa
nostra
nella regione, il che dimostra l’efficacia del camaleontismo
raggiunta dall’organizzazione criminale, ma quei pochi individuati
provano l’assoluta rilevanza che riveste la mafia siciliana, come
peraltro ben si evince dalla relazione
della Dia del secondo semestre 2012:
"...non
è da trascurare la presenza di elementi riconducibili alla
criminalità siciliana che, trasferitisi da tempo nella regione,
operano mantenendo un basso profilo, prevalentemente nel riciclaggio
e nel reimpiego di denaro di provenienza illecita, avvalendosi anche
della collaborazione di soggetti inseriti nel settore delle imprese
edili e delle costruzioni".
Già
nella relazione della D.N.A. del dicembre 2006 e 2007, con
riferimento al contesto in argomento, veniva segnalato che l’A.G.
palermitana aveva emesso provvedimenti restrittivi (eseguiti nel
marzo 2006) nei confronti di “appartenenti
alla famiglia
mafiosa di Villabate,
individuati come fiduciari gestori degli interessi del gruppo mafioso
in Emilia e nell’Italia centrale”.
Emblematici sono poi i casi che si sono verificati nel corso
dell’anno 2011.
-La
DIA ha individuato un’impresa operante nella provincia di Ferrara,
con sede legale a Palermo, collegata ad un esponente delle
famiglie mafiose di Partinico e San Giuseppe Jato.
Nei confronti della società è stato emesso un provvedimento
interdittivo antimafia.
-Nel
mese di
gennaio 2011 il G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo,
nell’ambito dell’Operazione “Golem
I”,
ha eseguito diversi provvedimenti di sequestro di beni, dal Tribunale
di Trapani, con il fine di disarticolare il reticolo di
fiancheggiatori del latitante
Matteo Messina Denaro.
Tra i beni sequestrati figurano anche un conto corrente bancario,
due libretti postali e un appartamento di proprietà di un soggetto
residente a Piacenza.
-Nel
mese di febbraio la Squadra Mobile di Ragusa, nell’ambito
dell’Operazione “Rewind”,
ha arrestato 39 persone facenti parte di tre organizzazioni
criminali, dedite al traffico e allo spaccio di sostanze
stupefacenti. L’operazione, ha interessato anche l’Emilia
Romagna, in particolare, le province di Parma
e Reggio
Emilia.
-Sempre
nel mese di febbraio 2011 la Guardia di Finanza di Agrigento ha
proceduto al sequestro di beni mobili e immobili siti nelle province
di Agrigento e Parma
(fra cui sei imprese operanti nel campo della produzione del cemento,
del movimento terra e del trasporto) appartenenti ad esponenti della
famiglia Panepinto
di Bivona (AG), ritenuti vicini a cosa
nostra, condannati
per associazione mafiosa e estorsione.
Infine,
dalla relazione annuale della Dna del dicembre 2012 si rileva che:
"è
emersa in Emilia Romagna ed in particolare nella provincia di Modena
la presenza di esponenti di alcune famiglie mafiose siciliane, come
quella riconducibile a Pastoia Francesco, interessate
all'aggiudicazione di alcune gare di appalto di lavori pubblici. A
queste presenze sono ovviamente riconducibili le attività di imprese
siciliane impegnate nell'esecuzione di importanti opere pubbliche per
la cui realizzazione non di rado utilizzano il reimpiego dei proventi
di attività delittuose. In queste attività
si evidenzia spesso anche il coinvolgimento di soggetti formalmente
estranei ai contesti criminali ma per questo motivo intestatari
fittizi di beni, e interlocutori delle pubbliche amministrazioni."
III.
CRIMINALITA' MAFIOSA CAMPANA
I
clan camorristici presenti in Regione si sono messi in evidenza nelle
attività di traffico e smaltimento illecito di rifiuti, di
estorsione e usura, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti,
di riciclaggio di danaro di provenienza illecita, di assistenza e
favoreggiamento alla latitanza di soggetti colpiti da provvedimenti
restrittivi, di gestione
delle scommesse e delle bische clandestine
e di penetrazione
nell’economia legale attraverso l’alienazione e/o costituzione di
attività imprenditoriali edili o di costruzioni generali, con
l’obiettivo di acquisire appalti pubblici.
Un
ruolo assai rilevante lo svolge il clan dei casalesi,
in particolare sotto il profilo di “imprenditoria
criminale”.
Il gruppo è dotato di importanti capacità tecnico-imprenditoriali,
che lo facilitano nelle aggiudicazioni degli appalti e nelle
acquisizioni delle concessioni non solo nell’area casertana, ma
anche in territori extraregionali non storicamente condizionati
dall’endemica presenza della criminalità camorristica, quali,
appunto, quello dell’Emilia Romagna.
A
tal proposito dalla
relazione Dia del secondo semestre 2012, si legge:
"in
Emilia Romagna, recenti operazioni hanno confermato l'operatività di
soggetti legati ai casalesi. La camorra è presente nei comparti
edili, turistico-alberghiero e commerciale, nonché nelle aste
fallimentari, nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti, nel
condizionamento degli appalti pubblici e nel settore dei trasporti".
La
malavita campana è presente in molte zone della Regione ed elementi
legati a Francesco Schiavone, alias Sandokan,
il capo supremo dei casalesi, sono presenti a Bologna.
Di rilievo è anche l'influenza dell'altro boss dei casalesi,
Michele Zagaria detto
Capastorta.
Quest'ultimo viene
considerato il "re del cemento" a livello nazionale. I suoi
interessi negli appalti pubblici partono dalla Campania e si
estendono al Lazio, alla Toscana, all'Umbria, all'Abruzzo, alla
Lombardia e, appunto, all'Emilia-Romagna.
Sintomatico
della capacità pervasiva della criminalità organizzata campana è
ciò che è emerso con l’operazione “Golden
Goal 2”,
nel corso della quale i Carabinieri di Torre Annunziata (NA) hanno
stroncato un giro di affari di milioni di euro nel settore delle
scommesse sportive gestito dal clan “D’Alessandro-Di
Martino”.
Il raggio d’azione dell’organizzazione criminale aveva in fatti
ramificazioni anche fuori dalla regione, grazie allo stabile
coinvolgimento di due soggetti operanti in una società
concessionaria dello Stato per la raccolta e la gestione di
scommesse; tramite la gestione occulta di agenzie di scommesse è
così emerso il tentativo di espandere gli affari anche in Emilia
Romagna, uno
di questi centri era stato aperto a Rimini.
IV.
CRIMINALITA' MAFIOSA PUGLIESE
La
sacra
corona unita
e le organizzazioni criminali pugliesi operano soprattutto lungo il
litorale adriatico della Regione. La loro presenza è legata in modo
indiretto ad azioni criminali svolte in collaborazione con soggetti
stranieri, più che altro di origine albanese o dell’Esteuropeo. La
criminalità organizzata pugliese è divenuta infatti la principale
interlocutrice di altre consorterie, per l’appunto di quelle
albanesi, che hanno trasformato il canale d'Otranto in una via per i
traffici di sostanze stupefacenti. Come
accennato le zone d'influenza sono in primo luogo le località
turistiche emiliano-romagnole. Sempre
nel campo degli stupefacenti è stata accertata nella provincia di
Modena
anche la presenza della famiglia
Zonno
La
presenza e gli interessi in Regione della "scu"
si rilevano anche da un’indagine che risale al settembre 2011,
nel corso della quale i Carabinieri e le forze speciali della Polizia
albanese hanno catturato nove boss della “sacra
corona unita”
. Gli arresti sono scaturiti da un'indagine condotta dal Ros,
iniziata nel 2007, sul clan
Vitale
di Mesagne (Brindisi), facente capo ad Antonio Vitale, ritenuto
esponente di vertice della scu
brindisina e diretta emanazione del capo storico Pino Rogoli. Tutti
gli arrestati, fra i quali Albino Prudentino - che il 1 ottobre
avrebbe dovuto inaugurare un casinò a Valona - sono accusati di
aver ricostituito la struttura di vertice della scu
fondata da Giuseppe Rogoli. Il gruppo aveva assunto un ruolo centrale
nel traffico di cocaina avvalendosi per gli approvvigionamenti di due
autonomi canali in Piemonte e Calabria. La droga veniva poi
distribuita, con un'articolata rete di spaccio, in Puglia ed in
Emilia Romagna.
V.
CRIMINALITA' ORGANIZZATA STRANIERA
La
criminalità straniera è in continua evoluzione. Il suo radicamento
nel tessuto sociale, economico e imprenditoriale dell’Emilia
Romagna è sempre più efficace e penetrante. Quasi sempre i capitali
accumulati sono reinvestiti nei Paesi di provenienza, utilizzando il
sistema del “money
transfer”.
L’aspetto che più va messo in evidenza è la sua capacità di
operare in sinergia sia con soggetti di diverse etnie che con
sodalizi criminali italiani, con il fine di ottimizzare i profitti
illeciti. In prevalenza questi “patti” sono stati stretti per
supportare le attività criminali più articolate, quali il
narcotraffico, la tratta di esseri umani, il favoreggiamento e lo
sfruttamento della prostituzione e il riciclaggio di danaro di
provenienza illecita. Non va inoltre assolutamente sottovalutato il
fatto che il fenomeno ha un impatto di grande rilevanza sui cittadini
avendo creato un consistente aumento dei reati predatori, che in
molti casi vedono autori soggetti provenienti sia da Paesi comunitari
che extracomunitari.
V.
1. Criminalità
albanese
La
criminalità di origine albanese è presente in Emilia Romagna da
diversi anni, e in maniera piuttosto ramificata.
I
sodalizi criminali albanesi si contraddistinguono per essere
specializzati in ogni gamma di attività criminale. Questi gruppi
hanno stipulato alleanze con organizzazioni italiane e straniere,
soprattutto, nelle attività del narcotraffico e di tutti i reati ad
esso collegato, nel favoreggiamento e sfruttamento della
prostituzione, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e
nella tratta degli esseri umani. Numerosi
sono anche i reati commessi da cittadini albanesi contro il
patrimonio e la persona
V.
2. Criminalità
nordafricana
La
criminalità nordafricana opera soprattutto nei settori del traffico
e dello spaccio di sostanze stupefacenti, del
favoreggiamento
e sfruttamento della prostituzione, del favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani,
furto e riciclaggio di autovetture a livello internazionale. Per
quanto riguarda il narcotraffico i sodalizi criminali sono
organizzati in modo da mantenere costante il rapporto con i
connazionali residenti nei Paesi europei, al fine di favorire il
transito delle sostanze stupefacenti provenienti dall’Africa.
Anche nel caso della criminalità organizzata nordafricana sono stati
riscontrati casi di collaborazione nelle attività illecite con
gruppi appartenenti ad altre etnie, e anche con quelli italiani. Non
sono mancati conflitti tra soggetti della stessa etnia scaturiti
anche con azioni violente per il controllo del mercato dello spaccio
di sostanze stupefacenti.
Anche per i nordafricani vale quanto detto per gli albanesi in
relazione ai cosiddetti “reati
predatori”.
V.
3. Criminalità
nigeriana
La
criminalità organizzata nigeriana è specializzata soprattutto nel
traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, nel
favoreggiamento
e sfruttamento della prostituzione, nel favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina e nella tratta degli esseri umani. I
nigeriani sono attivi anche nei settori dell’abusivismo commerciale
ambulante e della vendita di merce contraffatta.
Anche
in questo caso
dalle
indagini delle Forze di Polizia emerge una sorta di collaborazione
negli “affari
sporchi”con
gruppi di altre nazionalità, compresa quella italiana.
V.
4. Criminalità cinese
La
regione risulta tra quelle maggiormente interessate da arresti e
denunce a carico di cittadini cinesi. La
criminalità organizzata cinese opera
soprattutto nel mercato della contraffazione, nel traffico di
sostanze stupefacenti, nel favoreggiamento e sfruttamento della
prostituzione, nello sfruttamento di manodopera clandestina, nel
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della tratta degli
esseri umani, nell’evasione fiscale e nella gestione di bische
clandestine, frequentate quasi esclusivamente da giocatori cinesi.
Negli
ultimi tempi il numero delle imprese con titolari cinesi è
lievitato. Queste aziende vanno in principal modo a sostituire quelle
gestite da italiani. Nella maggior parte dei casi si tratta di
piccole imprese artigiane che operano nell’indotto del tessile. Per
mantenere basso il loro costo di produzione queste società si
avvalgono di manodopera a nero, composta da connazionali immigrati
clandestinamente, e molto spesso si dedicano alla produzione di merce
contraffatta, o comunque non conforme alle normative europee, la cui
realizzazione non avviene esclusivamente in Italia. Spesso i beni
sono infatti importati dalla Cina e poi messi in commercio nella
miriade di negozi gestiti da cittadini cinesi.
Va
ricordato, altresì, che la maggioranza delle attività commerciali
cinesi sono condotte violando sistematicamente le normative
tributarie, previdenziali e quelle sulla sicurezza dei luoghi di
lavoro.
I prodotti con marchi contraffatti sono immessi nel mercato della
Regione nei centri più importanti - e durante il periodo estivo sul
litorale adriatico - mediante l’utilizzo anche di venditori di
altre etnie (senegalesi, nordafricani, bangladesi, pakistani,
indiani e nigeriani). Tutto ciò inevitabilmente finisce per favorire
l’interesse dei gruppi criminali cinesi, i quali operano anche in
maniera cruenta tra loro con lo scopo di accaparrarsi il controllo
del territorio. Va inoltre detto che stanno aumentando le rapine
commesse da gruppi di giovani cinesi ai danni di imprenditori
connazionali.
V.
5. Criminalità
centroamericana/sudamericana
Da
diversi anni la Regione è divenuta meta di molti immigrati
provenienti da Paesi
dell’America Latina. Accanto
all’interesse per il mercato criminale degli stupefacenti è
rilevante anche il coinvolgimento della criminalità del centro e sud
america nel favoreggiamento e nello sfruttamento della prostituzione
e in quello dell’immigrazione clandestina.
L’attività
operativa di un gruppo di brasiliani era già stata messa in luce
dall’inchiesta del 2011 denominata “Babado”,
nel corso della quale era stata arrestata una cittadina brasiliana
ritenuta responsabile di favoreggiamento e sfruttamento della
prostituzione: la donna faceva giungere giovani ragazze dal Brasile
nell’aerea di Forlì
con falsi visti d’ingresso, per poi destinarle nei vari locali
notturni della Regione.
Va
inoltre sottolineato che in questi ultimi anni si sta assistendo a
una vera e propria evoluzione dei comportamenti di questi migranti:
se un tempo non erano soliti farsi notare per attività di carattere
illegale, ora sempre più persone originarie di quei Paesi sono
coinvolte in reati, da alcuni meramente predatori ad altri a
carattere associativo. La
criminalità organizzata centroamericana/sudamericana
collabora
fattivamente anche con altri sodalizi stranieri e italiani,
soprattutto nella gestione del narcotraffico proveniente dall’America
Latina, come ha testimoniato l’operazione
“Los
Ceibos”
del 2011 - che ha riguardato le provincie di Bologna
e Piacenza
–
in cui sono state arrestate 4 persone di origine sudamericana per
traffico di sostanze stupefacenti (ecuadoriani, colombiani e
peruviani, mentre altre 4 non furono rintracciate). L’organizzazione,
oltre a rifornire di sostanze stupefacenti anche alcuni gruppi
criminali autoctoni (tra queste la famiglia
Barbaro
di Platì), operava in Italia e in Europa.
L’area
territoriale maggiormente interessata dal traffico di stupefacenti
posto in essere da sodalizi sudamericani corrisponde alle regioni
Lombardia, Liguria ed appunto Emilia Romagna come emerso
dall’operazione denominata “Shut
up”,
conclusasi a Milano con l’esecuzione da parte della Guardia di
Finanza di un provvedimento cautelare nei confronti di 41 soggetti,
italiani e colombiani, ritenuti responsabili di associazione per
delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti tra
Colombia e Italia, falsificazione di documenti, corruzione,
riciclaggio, ricettazione, trasferimento fraudolento di valori,
truffa e detenzione di armi e munizioni.
V:
6. Criminalità rumena
Le
organizzazioni criminali rumene sono molto attive nel
narcotraffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti, nel
favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina e tratta degli esseri umani. I gruppi
criminali rumeni costringono a prostituirsi giovani donne provenienti
dai Paesi dell’est europeo - che giungono in Italia con la promessa
di una vita migliore - subendo violenze e minacce, spesso rivolte
anche ai propri familiari.
Per
quanto riguarda la tratta degli esseri umani questi sodalizi
criminali sono molto attivi nel business dei mendicanti disabili. Nei
centri cittadini si notano spesso persone che chiedono l’elemosina
esibendo le loro gravissime menomazioni.
La
maggior parte di loro non riescono neanche a muoversi, quindi nelle
immediate vicinanze, solitamente, stazionano anche i loro “aguzzini”.
Le
organizzazioni criminali reclutano handicappati, anche con violenze
inaudite, nei loro Paesi d'origine. Questi schiavi, perché non si
può definirli divesamente, sono anche costretti a versare oltre il
50% delle elemosine a chi li sfrutta e inserisce nei punti strategici
delle città. Significativa,
perché indice di un grave fenomeno che caratterizza il territorio in
questione, è il procedimento del 2012 Tribunale di Bologna contro
persone di etnia rumena riguardante la riduzione in schiavitù di
minorenni destinati all’accattonaggio, per il quale sono state
emesse 6 misure di custodia cautelare.
I
sodalizi rumeni sono specializzati anche nello sfruttamento dei
minori, spesso prelevati direttamente dagli
orfanotrofi rumeni e messi a “lavorare”
nel cosiddetto “affare
dei
furti nei supermercati".
La
merce rubata, su commissione, viene mandata in Romania o rivenduta a
commercianti conniventi.
Gruppi più ristretti si dedicano alla commissione di reati
predatori, rendendosi responsabili in particolare di
rapine
in ville isolate - facendo molto spesso uso della violenza – oltre
che di furti, in appartamenti e in esercizi pubblici.
Si sono anche specializzati nelle truffe telematiche, mediante la
clonazione di carte bancomat e di credito e nel furto di metalli di
valore.
V.
7. Criminalità
bulgara
Negli
ultimi anni si assistendo ad un rafforzamento della presenza della
comunità Bulgara nel territorio della Regione. Sono stati
individuati soggetti
bulgari inseriti in organizzazioni criminali multietniche, dedite al
traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento
e sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani.
Come i rumeni, anche i bulgari costituiscono gruppi composti da un
numero esiguo di persone, specializzati in rapine in villa, in furti
in appartamenti e in esercizi pubblici, nella clonazione di carte
bancomat e di credito e nel furto di metalli di valore.
V.
8. Criminalità ex
URSS
La
presenza di persone provenienti dall’ex
URSS è consolidata da anni lungo il litorale adriatico. In
Emilia Romagna si sono messi in evidenza nuclei ristretti di persone
provenienti dalla Moldavia e dall'Ucraina, molto attivi nei reati a
carattere predatorio e nelle estorsioni ai danni di alcuni loro
connazionali. Occorre
segnalare che nel mese di marzo 2012 si è conclusa l’operazione
denominata “Alarico”
avviata nel 2008, che ha posto in luce l’esistenza di diverse
organizzazioni criminali ucraine - alleate con quelle polacche -
operanti in varie province italiane, dedite all’introduzione nel
territorio nazionale di T.L.E. (tabacchi lavorati esteri) di
contrabbando provenienti dall’Ucraina, dalla Polonia e
dall’Ungheria, destinati al mercato clandestino campano, e in
misura minore a quello lombardo ed emiliano. Nel corso delle indagini
sono state denunciate 202 persone (77 arrestate) e sono state
sequestrate oltre 8 tonnellate di T.L.E., 56 mezzi di trasporto e 2
immobili. Pur
non essendo stata accertata la presenza di organizzazioni criminali
vere e proprie, non si può escludere che queste abbiano fatto
investimenti nella regione, considerata in primo luogo la favorevole
vicinanza della Repubblica di San Marino.
V.
9. Altri fenomeni
criminali stranieri
In
Regione sono venuti alla ribalta fatti commessi da persone
appartenenti ad altre etnie. Tra queste, occorre fare un inciso in
merito alle seguenti:
- la comunità senegalese, attiva nella vendita della merce contraffatta. La vendita avviene in prevalenza nei centri urbani che attirano il turismo per quasi tutto il periodo dell’anno, in particolar modo Bologna, e nei periodi estivi lungo il litorale adriatico. Non sono stati riscontrati gruppi composti da soggetti provenienti dal Senegal. Pur tuttavia non si può escludere, così come è avvenuto in Liguria, che giovani senegalesi, meno propensi alle fatiche dell’attività dell’ambulantato, possano entrare a far parte di organizzazioni criminali svolgendo incarichi di controllo del territorio nel campo dello sfruttamento della prostituzione, o come corrieri nel narcotraffico o ancora nella vendita al dettaglio di sostanze stupefacenti
- I filippini sono molto attivi in Emilia-Romagna. Lo “shaboo”, la droga devastante che proviene dalle Filippine, è introdotto in Italia dallo Stato del sud-est asiatico attraverso l’Austria. In tali attività delittuose i filippini hanno collaborato con cittadini italiani. La capacità di gestire settori illeciti diversificati conferma l’evoluzione dei sodalizi filippini, con crescente, anche se non ancora allarmante, interazione criminale con il Paese ospitante
- E’ infine da segnalare il procedimento penale del 2012 nei confronti di persone di nazionalità serba per i delitti associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù di donne serbe avviate alla prostituzione.
VI.
INFILTRAZIONI MAFIOSE NEGLI APPALTI PUBBLICI
Le
organizzazioni mafiose, come le cronache ormai giornalmente ci
raccontano, hanno esteso i loro tentacoli su tutto il territorio
nazionale e oltre. Le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia,
della Direzione Investigativa Antimafia e dell’Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna confermano il forte interesse e la presenza della
criminalità organizzata anche nella Regione Emilia Romagna. Nella
relazione Dia del 1° semestre 2012, leggiamo:
“i
rischi maggiori arrivano dalla ‘ndrangheta(…) la presenza di
imprese contigue o emanazione delle ‘ndrine è stata rilevata in
diverse aree del territorio nazionale con particolare riferimento
alle regioni più ricche quali la Lombardia, l'Emilia Romagna e la
Toscana”.
L’aspetto
positivo che ha contraddistinto l’Emilia Romagna, rispetto ad altre
Regioni italiane, è l’acquisita consapevolezza della gravità del
fenomeno. La sottoscrizione dei protocolli d’intesa - per la
prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità
organizzata e per una maggiore legalità nel settore degli appalti e
concessioni di lavori pubblici - avvenuta nelle città emiliane e
romagnole, è la miglior dimostrazione della voglia di combattere e
affrontare la gravità del problema mettendo mano a tutti gli
strumenti previsti dalla normative vigenti. Di rilievo, è
anche la costituzione della stazione unica appaltante costituita in
provincia di Bologna.
Altro
aspetto dell'attento monitoraggio operato nei confronti del fenomeno
sono i numerosi provvedimenti interdittivi antimafia adottati dai
Prefetti nei confronti delle imprese per la sussistenza del pericolo
del condizionamento e dell’infiltrazione mafiosa:
con
la costituzione del Gruppo Interforze Ricostruzione Emilia Romagna
particolare
attenzione è stata posta nelle opere di ricostruzione
post-terremoto, dove peraltro è stato già riscontrato un tentativo
di infiltrazione a Crevalcore, posto in essere da una società
sospettata di avere legami con la 'ndrangheta.
Quando
riescono a trasformare i loro guadagni criminali in soldi puliti le
mafie diventano una minaccia per la libera economia. Il problema che
oggi più si pone innanzi al propagarsi nell’economia legale delle
organizzazioni criminali è riuscire a contrastare le preoccupanti
acquisizioni immobiliari e di esercizi pubblici, nonché le frequenti
sofisticazioni delle gare d'appalto.
Le
infiltrazioni mafiose presenti negli appalti pubblici sono ormai un
dato di fatto. La presenza di numerose stazioni appaltanti, la
parcellizzazione dei contratti e il ricorso eccessivo al subappalto
rendono difficile se non quasi impossibile un controllo efficace da
parte delle stesse Forze di polizia. E'
evidente che le normative che regolano gli appalti pubblici hanno
delle lacune macroscopiche.
Da
molti anni le organizzazioni mafiose hanno deciso di puntare su
attività legali per riciclare gli enormi capitali guadagnati
illecitamente. Oltretutto, utilizzando materiali scadenti o
depotenziati, la “mafia
s.p.a.”
continua a mantenere assicurato il lavoro di manutenzione delle opere
costruite. Alla luce di questi fatti si può ben comprendere perché
l’Italia è un Paese a rischio disastri. Un’altra anomalia tutta
italiana è il numero di società iscritte nel registro imprese: 6
milioni, una ogni 10 abitanti. Ed
è poi noto a tutti il problema del “massimo
ribasso”: da anni
si parla dei danni che produce ma nessuno fa nulla per cambiare. A
tal proposito occorre sottolineare che la
"mafia spa”
riesce ad accaparrarsi molti degli appalti su tutto il territorio
nazionale proprio ricorrendovi, presentando offerte inavvicinabili
per qualsiasi altra impresa. In questo modo si viene, per così dire,
a creare un sistema di “welfare” (assunzione di lavoratori
provenienti dalle terre di origine), un consenso nelle regioni di
provenienza e un controllo del territorio nelle altre. Persuasi che
si facciano risparmiare i cittadini, molti amministratori finiscono
con lo scendere a patti con dei benefici inevitabilmente solo
apparenti, sottovalutando questioni di ben maggiore rilevanza.
Oltre a
sottolineare che così facendo si rafforzano le associazioni mafiose,
occorre ribadire con forza che lungo questa via:
- gli imprenditori onesti non potranno mai fare ribassi eccessivi, quindi molti di questi saranno costretti a chiudere
- nei cantieri dove lavorano le “imprese infiltrate” non sono mai rispettate le norme inerenti la sicurezza sul lavoro
- nella maggior parte dei casi sono utilizzati materiali scadenti, quindi le costruzioni sono a rischio crollo
- la criminalità organizzata crea consenso sociale ed espande il suo controllo sul territorio
Nel
nostro Paese, nondimeno, si corre ai ripari quando è ormai troppo
tardi. Le mafie hanno messo il loro “zampino”
in questi affari da molti anni. Diamo anzitutto uno sguardo al
quadro normativo vigente.
La
normativa
Un
primo passo contro le infiltrazioni mafiose è stato fatto con
l’introduzione del sistema delle informative antimafia, mediante la
legge delega n. 47/1994. Con questa norma le Prefetture hanno
iniziato ad acquisire le informazioni particolari volte
all’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa negli
organismi societari.
La
legge delega è stata attuata con il D.lgs n. 490/1994 il quale,
nell’art. 4, ha introdotto il sistema dell’informativa - oggi
disciplinato anche dall’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998 (Regolamento
recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al
rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia). L’
informativa, che può essere tipica o atipica, è dunque il
provvedimento che emette il Prefetto nei confronti della società
infiltrata.
a)
l’ informativa
tipica
può caratterizzarsi in:
-
informazioni che sono di per sé interdittive e sono indicate nelle
lett. a) e b) del comma 7 art. 10 ed ha natura meramente ricognitiva
di provvedimenti giudiziari di applicazioni di misure cautelari o di
sottoposizione a giudizio o di adozione di sentenze di condanna per
alcuni reati (esempio reato di estorsione, riciclaggio, etc.) o di
applicazione di misure interdittive. La natura ricognitiva di tale
informativa prefettizia si evince con estrema chiarezza dalla
presenza di provvedimenti in generale giudiziari, dei quali il
Prefetto si limita a dare notizia alla stazione appaltante
richiedente
-
informativa prefettizia, contemplata dalla lett. c) del medesimo
comma 7 art. 10. Si fonda su accertamenti autonomi del Prefetto,
sulla base di attività di indagine effettuata dagli organi
inquirenti, al fine di evincere l’esistenza di elementi relativi a
tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte
e gli indirizzi delle imprese.
b) l’informativa
atipica
o supplementare può essere invece emessa ai sensi dell’art. 10
comma 9, laddove si dovessero riscontrare indizi non così gravi,
precisi e concordanti da far maturare il convincimento circa la reale
sussistenza del “pericolo di infiltrazione mafiosa”. Quindi, la
loro valutazione viene rimessa all’amministrazione richiedente per
l’eventuale adozione di provvedimenti ostativi o risolutori al
sorgere o alla prosecuzione di rapporti con l’impresa sospetta.
Badate
bene: con l’informativa atipica lo Stato scarica tutta la
responsabilità riguardo alla decisione da prendere – ovvero se
continuare a far lavorare o meno la società presumibilmente
infiltrata dalla mafia - alla stazione appaltante (comune, provincia,
ecc.).
I
primi frutti della norma sulle informative antimafia sono arrivati
dopo molti, forse troppi anni. Solo negli ultimi tempi, infatti,
alcuni Prefetti hanno iniziato ad emettere provvedimenti interdittivi
nei confronti di società infiltrate. Ed occorre tener presente che
in molti casi si lavora con il sistema del “doppio
binario”, la parte
amministrativa, quella prefettizia e quella giudiziaria, dalla quale
possono scaturire (e i tempi sono molto più lunghi) sequestri e
confische della società infiltrata dalla mafia.
Con
la Legge nr.443 del 21.12.2001 sono stati stabiliti gli obiettivi in
materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed
altri interventi per il rilancio delle attività produttive. Con il
successivo Decreto Legislativo nr.190 del 20.08.02, sono individuate
21 grandi opere di interesse strategico nazionale (valichi e assi
ferroviari, assi viari e autostradali, sistema integrato trasporto,
sistema Mo.Se. Laguna di Venezia, Nuova Romea, ponte sullo Stretto di
Messina, interventi per l’emergenza idrica nel Mezzogiorno) e
stabilite misure normative atte a favorirne e accelerarne la
realizzazione. Lo Stato si rende conto che queste “grandi opere
pubbliche” possono essere un fattore di attrazione per gli
interessi delle organizzazioni criminali. Per questo motivo viene per
la prima volta creato un sistema di contrasto alle infiltrazioni
della criminalità organizzata nei pubblici appalti.
Siamo
arrivati al 2003. Nel frattempo gli interessi delle mafie nelle opere
pubbliche hanno raggiunto livelli a dir poco incredibili. Con il
decreto interministeriale del 14 marzo 2003 - tra il Ministro
dell’Interno di concerto con il Ministro della Giustizia e con il
Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti- viene stabilito che le
“grandi opere” debbano essere monitorate mediante l’istituzione
del Comitato di Coordinamento per l’Alta Sorveglianza delle Grandi
Opere, e nel contempo definito il ruolo della Direzione Investigativa
Antimafia, dei Gruppi Interforze e del Servizio per l’Alta
Sorveglianza delle Grandi Opere.
Riteniamo
opportuno sottolineare che all’epoca il Ministro dell’Interno era
Giuseppe Pisanu, persona sicuramente sensibile a queste tematiche, e
che a capo della Direzione Nazionale Antimafia era Piero Luigi Vigna.
Con
la successiva circolare attuativa del 18 novembre 2003 del Capo della
Polizia viene istituito presso la D.I.A. l’Osservatorio centrale
sugli appalti, con il compito di mantenere un costante collegamento
con i Gruppi interforze; di acquisire informazioni suscettibili; di
generare specifiche attività informative ed investigative; di
proporre accessi ispettivi nei cantieri e di inviare ai Prefetti le
risultanze relative ai fini dell’adozione dei provvedimenti di
competenza.
Passano
ancora degli anni e i risultati di contrasto alle mafie in questo
settore restano pur tuttavia scarsi, e sicuramente inadeguati alla
complessa profondità del fenomeno.
Con
la legge n. 94 del 15 luglio 2009 (disposizioni in materia di
sicurezza pubblica) viene fatto un altro piccolo passo in avanti
estendendo l’ambito di applicazione degli accessi ispettivi a tutte
le opere pubbliche e stabilendo l’esclusione dagli appalti pubblici
per gli imprenditori che non denuncino le estorsioni.
L’anno
successivo, con la direttiva del Ministro dell’Interno del 23
giugno 2010, viene data facoltà ai Prefetti di avvalersi dei Gruppi
interforze per il monitoraggio delle cave ed effettuare controlli
antimafia preventivi nelle attività a rischio di infiltrazione da
parte delle organizzazioni criminali.
Con
la Legge n. 136 del 13 agosto 2010, piano straordinario contro le
mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia,
viene in seguito introdotto lo strumento della tracciabilità dei
flussi finanziari. Pilastri fondamentali dell’art. 3 della legge n.
136/2010 sono l’utilizzo di conti correnti dedicati per l’incasso
e i pagamenti di movimentazioni finanziarie derivanti da contratto di
appalto; il divieto di utilizzo del contante per incassi e pagamenti
di cui al punto a) e di movimentazioni in contante sui conti
dedicati; l’obbligo di utilizzo di strumenti tracciabili per i
pagamenti.
Con
il Decreto Legislativo n. 159 del 6 settembre 2011 è stato
successivamente adottato il Codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 13
agosto 2010 n. 136.
Il
13 febbraio 2013 è entrato in vigore il nuovo
Codice antimafia,
come previsto dal decreto
legislativo n. 218/2012,
che ha introdotto delle modifiche e integrazioni al D.lgs
n. 159/2011
(Codice delle Leggi Antimafia). Pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 290 del 13 dicembre 2012,
il Dlgs n. 218/2012, si compone due parti: la prima - Capo I -
contente disposizioni correttive in materia di amministrazione dei
beni sequestrati e confiscati e di rilascio della documentazione
antimafia; la seconda - Capo II - recante disposizioni transitorie e
di coordinamento.
L'anticipo
al 13 febbraio 2013 riguarda solamente
l’entrata in vigore delle disposizioni in materia di documentazione
antimafia di cui al Libro II
del Codice Antimafia. L’art. 119, comma 1 del Codice Antimafia
prevede l’applicabilità delle relative disposizioni decorsi
24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del
Regolamento,
ovvero, quando più di uno dall’ultimo dei regolamenti riguardanti
la modalità di funzionamento della Banca dati nazionale unica della
documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell’Interno
che pertanto non è ancora attiva, restando collegata all'entrata in
vigore definitiva del Codice.
Il
decreto legislativo 15 novembre 2012, n.218 - recante “Disposizioni
integrative e correttive al Codice Antimafia” - ha previsto
l’entrata in vigore delle disposizioni del Libro II, relativo alla
documentazione antimafia, due mesi dopo l’avvenuta pubblicazione
del testo in Gazzetta Ufficiale, quindi in maniera del tutto
autonoma rispetto all’effettiva attivazione della Banca dati.
Tra
le novità più rilevanti si riscontra l'ampliamento
della categoria dei soggetti obbligati a richiedere la certificazione
antimafia allo
scopo di prevenire le infiltrazioni o i condizionamenti mafiosi nei
confronti delle imprese. Vi faranno infatti parte tutti gli organismi
di diritto pubblico, comprese le aziende vigilate dallo Stato, le
società controllate da Stato o altro ente pubblico, il contraente
generale e le società in house
providing (società
multiservizi). Gli
accertamenti sulle infiltrazioni mafiose,
non solo per l'informazione ma anche per la comunicazione antimafia,
si
estendono a tutti i familiari conviventi
dell'imprenditore. Il nuovo Codice prevede inoltre l’estensione
a ulteriori fattispecie di reato-omessa denuncia di usura ed
estorsione, subappalti non autorizzati, traffico illecito di rifiuti,
turbata libertà degli incanti.
Si allungano anche i tempi per il termine di efficacia
dell'informativa antimafia, che passano da
6 mesi ad un anno.
In
base alle nuove norme il certificato antimafia è rilasciato
esclusivamente dalla Prefettura (non potranno più farlo le Camere di
Commercio) e solo nel caso di rapporti contrattuali con le pubbliche
amministrazioni. E’ divenuto obbligo degli Enti Pubblici/Stazioni
Appaltanti acquisire d’ufficio, tramite le Prefetture competenti
per territorio, la documentazione antimafia nelle forme della
comunicazione o dell’informazione. I privati non possono più
ottenere come in precedenza il “nulla
osta antimafia”
presso le Camere di Commercio, e pertanto non dovranno più
richiederlo nemmeno alla Prefettura. Solo nelle ipotesi di
“comunicazione”
i privati possono autocertificare all’Ente Pubblico/Stazione
Appaltante (ai sensi dell’art. 89 del D.Lgs. 159/2011) di non
essere nelle condizioni di decadenza, sospensione o divieto che
impediscono di contrarre con la Pubblica Amministrazione.
Approfondimenti
Dopo
questa rapida panoramica sulle leggi vigenti passiamo alla fase
operativa, tralasciando quella burocratica. Vediamo cosa succede, in
concreto, con l’esempio seguente.
La
Sezione Operativa Dia di Bologna, competente per il territorio della
Emilia Romagna, effettua un’attività di monitoraggio delle imprese
affidatarie di lavori pubblici in una determinata Provincia.
Individuata l’impresa su cui sono stati rilevati elementi
sufficienti per poter ipotizzare l’influenza da parte della
criminalità organizzata, viene prodotto un documento nel quale,
citando le ragioni, si propone al Prefetto della provincia
interessata un accesso ispettivo ai cantieri ove la società
attenzionata lavora. La predetta Autorità, valutata la richiesta e
dopo opportuni approfondimenti forniti dalle Forze di Polizia
territoriali, convoca il Gruppo Interforze. Piccola parentesi: come
abbiamo detto in precedenza i Gruppi Interforze sono stati istituiti
presso le Prefetture – Uffici territoriali del Governo – con
decreto interministeriale 14 marzo 2003. Sono coordinati da un
funzionario della Prefettura e sono composti da un funzionario della
Polizia di Stato, un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, un
ufficiale della Guardia di Finanza, un funzionario/ufficiale delle
articolazioni periferiche della Direzione Investigativa Antimafia, un
rappresentante del Provveditorato alle Opere Pubbliche, un
rappresentante dell’Ispettorato del Lavoro.
Torniamo
alla fase operativa. Il Gruppo Interforze decide che sussistono i
motivi per effettuare l’accesso ispettivo al cantiere, e il
Prefetto emette un provvedimento. Il cantiere individuato
(ad esempio: realizzazione di una tangenziale),
privilegiando il fattore sorpresa, viene presidiato da personale
della Dia, delle Forze di polizia territoriali, dell’Ispettorato
del lavoro e dell’Asl.
Durante
questa fase si procede alla rilevazione dei dati di tutte le imprese
(subappaltatrici, forniture servizi e manufatti); si acquisiscono le
generalità delle maestranze e di tutti i presenti nel cantiere; si
procede all’identificazione dei mezzi, per individuare i
proprietari e/o gestori degli stessi (noli a caldo o a freddo); si
verifica il rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro e di quelle
attinenti alla disciplina previdenziale; la Guardia di Finanza si
occupa della tracciabilità dei flussi finanziari; si ricerca ogni
notizia ritenuta utile all’individuazione di collegamenti con la
criminalità organizzata.
Dopo
l‘accesso
ispettivo eseguito nel cantiere, la Dia e le altre Forze di Polizia
(entro trenta giorni) redigono una relazione con tutti i dati
raccolti e gli accertamenti svolti, menzionando tutte le criticità
riscontrate. Entro
15 giorni dalla ricezione della relazione, acquisiti tutti i
riscontri del caso, ove si riscontrassero oggettivi elementi per
ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a
condizionare le scelte e gli indirizzi dell’attività delle
imprese, il Prefetto della Provincia in cui le ditte hanno sede ha
facoltà di emettere l’interdittiva antimafia. Nel suo complesso
il sistema è macchinoso, poco efficace e non eseguito in maniera
capillare. Non vi è dubbio che l’impianto che regola gli appalti
pubblici di lavori, servizi e forniture, necessiti di essere
riformato. E’ assolutamente necessario puntare sulla trasparenza
nelle procedure e sul potenziamento dei controlli e delle verifiche.
Nel frattempo, è imprescindibile che tutti profondano il massimo
impegno per agevolare il lavoro delle Forze di polizia e della
magistratura.
E’
un dato di fatto inconfutabile che un nuovo impulso al sistema di
monitoraggio lo abbiano dato le innovazioni dei cosiddetti “pacchetti
sicurezza” del 2009 e del 2010, e gli indirizzi emanati a tutte le
Prefetture dall’ex Ministro dell’Interno Roberto Maroni. La
possibilità di estendere i controlli a tutti gli appalti pubblici
(l’opera di monitoraggio della DIA e gli accessi ai cantieri
proposti ai Gruppi Interforze e disposti dai Prefetti potevano essere
fatti per le grandi opere) alle cave e torbiere, l’imput
di creare una Banca
Dati dove inserire tutte le società colpite da provvedimenti
interdittivi antimafia, la tracciabilità dei flussi finanziari, sono
un piccolo passo avanti per contrastare le infiltrazioni in questo
settore.
Esistono
anche altri strumenti in grado di poter frenare l’ascesa delle
mafie. I protocolli di legalità costituiscono oggi utili dispositivi
pattizi per ostacolare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle
attività economiche, anche nei territori dove queste manifestazioni
non sono particolarmente radicate. Il 21 novembre 2000 il Ministro
dell’Interno Enzo Bianco ha sottoscritto un protocollo d’intesa
con l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici per favorire
la promozione e la tutela della legalità e della trasparenza anche
nel settore degli appalti attraverso appositi “Protocolli di
Legalità” fra Prefetture e Amministrazioni Pubbliche e/o oggetti
privati interessati. I protocolli sono disposizioni volontarie tra i
soggetti coinvolti nella gestione dell’opera pubblica (normalmente
la Prefettura, il Contraente Generale, la Stazione appaltante e gli
operatori della filiera dell’opera pubblica) che rafforzano i
vincoli previsti dalla norme della legislazione antimafia - anche con
riferimento ai subcontratti - non previste della normativa vigente. I
protocolli prevedono anche la rinuncia al ricorso al Tribunale
amministrativo regionale in caso di esclusione dall’appalto e
posono essere applicati dopo il nulla osta rilasciato dal Ministero
dell’Interno.
Un
altro strumento a disposizione è la S.U.A., la Stazione Unica
Appaltante. Il Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30.06.2011,
concernente la definizione delle modalità per l'istituzione a
livello regionale di Stazioni Uniche Appaltanti (SUA), in attuazione
dell'art. 13, della L. 136/2010 inerente il Piano straordinario
contro le mafie,
è stato
pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 200 del 29.08.2011.
La
Stazione Unica Appaltante ha le caratteristiche della centrale di
committenza di cui all'art. 3, comma 34, del D. L.vo 163/2006 (codice
dei contratti pubblici) e cura, per conto degli enti aderenti,
l'aggiudicazione di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
ai sensi dell'art. 33, dello stesso decreto legislativo, svolgendo
questa attività a livello regionale, provinciale o ultraprovinciale.
Di conseguenza possono aderire alla SUA le Amministrazioni dello
Stato, le Regioni, gli enti pubblici territoriali, altri enti
pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico ed altri
soggetti che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi.
I compiti della SUA sono
numerosi: collabora con l'ente aderente per l’individuazione dei
contenuti dello schema di contratto e per la procedura di gara per la
scelta del contraente privato; si occupa della redazione dei
capitolati; contribuisce alla definizione del criterio di
aggiudicazione; definisce i criteri di valutazione delle offerte in
caso di criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa; redige
gli atti di gara, incluso il bando, il disciplinare e la lettera di
invito; cura gli adempimenti relativi allo svolgimento della
procedura di gara in tutte le sue fasi; nomina la commissione
giudicatrice, nel caso di criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa; cura gli eventuali contenziosi; collabora con l'ente
aderente ai fini della stipulazione del contratto. Le SUA costituite
in Italia sono 13, tra queste le Regioni Liguria e Marche, le
provincie di Bologna, Genova, Crotone, Reggio Calabria, Salerno,
Caserta. Quelle realizzate hanno
permesso di accorpare ben 477 stazioni appaltanti.
Ma
nonostante ciò che già è stato fatto, per contrastare gli effetti
dell’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici è sicuramente
necessario fare di più. Abolire il sistema del massimo ribasso ad
esempio, magari sostituendolo definitivamente, per quanto non sia
per nulla semplice, con l’offerta economicamente più vantaggiosa.
D’altra parte, sulla base di una valutazione obiettiva dell’importo
previsto per la realizzazione di un’opera, appare difficile
comprendere come una ditta possa eseguire i lavori della stessa
aggiudicandoseli con ribassi che vanno oltre il 40%, senza
rimetterci. Come quasi sempre avviene, i costi dell’opera sono
destinati a lievitare. Durante l’esecuzione dei lavori compariranno
inevitabilmente problematiche esecutive che determineranno la
necessità di ulteriori interventi in corso d’opera con il
conseguente aumento dei costi che erano stati preventivati. Una
concreta ed effettiva trasparenza nell’assegnazione e gestione
degli appalti, pubblici e privati, è la base indispensabile per un
controllo efficace di questi aspetti, ad oggi presi come situazioni
di fatto e valutati in modo asettico ai fini dell’assegnazione dei
lavori ai vincitori delle gare. Occorrerà poi sicuramente rinforzare
gli organici delle D.I.A., a partire dall’Ufficio che ha il compito
di monitorare le imprese impegnate nei lavori pubblici. Così come
anche le cosiddette “white
list”, cioè le
liste delle imprese virtuose nelle attività più esposte al rischio
di infiltrazione (trasporto, forniture di calcestruzzo, noleggio),
introdotte dalla Legge anticorruzione n. 190 del 06.11.2012,
consentiranno di
poter più celermente superare i tempi dell'accertamento informativo
per la documentazione antimafia e arricchire tutto il sistema. La
stessa Legge introduce altre novità interessanti:
-
risoluzione del contratto: modifica art. 135 codice appalti, con
nuove ipotesi di risoluzione. Sono sanzionate in questo modo le
sentenze passate in giudicato per associazione mafiosa, contrabbando,
traffico di rifiuti, spaccio di stupefacenti, delitti con finalità
di terrorismo, peculato, malversazione ai danni dello Stato,
concussione
-
trasparenza: ogni Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di inserire
i costi delle opere pubbliche
-
incompatibilità: non potranno fare parte delle commissioni
giudicatrici i condannati, con sentenza passata in giudicato, per
delitti contro la PA come peculato, malversazione, corruzione, abuso
d'ufficio o interruzione di pubblico servizio.
In
questa ottica deve necessariamente essere migliorato lo scambio di
informazioni e dati tra i diversi soggetti incaricati dei controlli,
mettendo mano alle difficoltà derivanti anche dalla mancanza di una
banca dati contenente l’elenco delle società interdette. La
questione sarà risolta con la realizzazione di una Banca Dati presso
il Ministero dell’Interno, prevista dal nuovo Codice delle leggi
antimafia. Passerà ciò nondimeno ancora qualche anno prima che
questo strumento entri a regime, e il ritardo accumulato rischia di
favorire, inevitabilmente, la criminalità organizzata. A tal
proposito non si comprende il motivo per il quale il legislatore non
abbia già previsto l’utilizzo della Banca dati interforze (Sdi –
Sistema d’indagine), collocata presso il predetto Ministero, che
poteva già essere implementata da queste informazioni. Il difetto di
circolazione di informazioni, sino ad ora, ha lasciato ampi spazi
alle società infiltrate dalla criminalità organizzata che sono
riuscite a sfruttare queste lacune continuando a lavorare
indisturbate nei lavori pubblici.
Questo
è quanto prevede la normativa ed è quello che concretamente avviene
per contrastare le infiltrazioni mafiose in questo delicato settore.
Per
finire, citiamo un passo della relazione
della Dna, laddove si parla della facilità di penetrazione da parte
di “cosa nostra” nelle altre regioni d'Italia “per
condizionare le gare per gli appalti di lavori pubblici con le stesse
modalità illecite utilizzate in Sicilia".
Nel documento si afferma che gli ultimi elementi investigativi
segnalano una forte presenza proprio di “cosa nostra” in Emilia,
specie nella provincia di Modena.
VII.
LE SINERGIE TRA LE MAFIE
Pur
essendo una terra che storicamente non ha mai dato origine a forme
mafiose, l'Emilia Romagna è un luogo dove queste convivono nelle
loro varie declinazioni. Come sempre più spesso accade, la regola
principale è quella di coesistere, possibilmente senza pestarsi i
piedi, e anzi, in alcuni casi, cercando di fare affari insieme. Le
mafie sono in continua evoluzione. Uno dei modi per fare investimenti
sicuri potrebbe essere fare ingresso nei grandi marchi della
distribuzione, della moda o di altre attività economiche. Dalle
ultime analisi e da numerose inchieste giudiziarie emerge che fuori
dai rispettivi confini regionali le organizzazioni criminali
autoctone collaborano effettivamente tra loro, spartendosi business a
tutti i livelli. Pare che si siano suddivise anche parte dei
territori del centro e del nord Italia.
Le
infiltrazioni vanno ormai al di là della politica ed entrano
prepotentemente in tutti i settori. Addirittura Forze di polizia e
magistratura non fanno più eccezione. Non c'è una fusione, c'è un
patto, una sorta di alleanza per trovare il sistema utile ad
accumulare introiti a cascata. Si può oggi affermare che questa
evoluzione ha creato una nuova mafia, ancora più potente: la
“'ndracamostra”,
originata dalla mescolanza delle tre più importanti organizzazioni
criminali, ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra.
VIII.
ANALISI TERRITORIALE PER PROVINCIA
VIII.1.
Provincia di Bologna
Partiamo
dalla relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia del
dicembre 2012:
"La
città di Bologna,
cioè il territorio del capoluogo di Regione, invece, può definirsi
una terra
di tutti
e, pertanto, non catalogabile attraverso nessun attributo criminale,
non potendosene alcuna specifica organizzazione di tipo mafioso
arrogare il dominio. Ciò non vuol dire che la Città sia esente da
infiltrazioni di tipo mafioso, ma solo che le dette infiltrazioni
sono generalizzate da parte, soprattutto, sia della criminalità
calabrese che di quella campana, senza che alcun potere mafioso ben
determinato, sia dal punto di vista della provenienza territoriale
che dal punto di vista più squisitamente criminale, possa dirsi che
domini in Bologna. Tale
Centro, quindi, può definirsi come una sorta di zona franca nella
quale a tutte le organizzazioni criminali nazionali è consentito
operare in una situazione di pacifica convivenza, con specifico
riferimento al campo degli affari, leggasi investimenti di proventi
delittuosi e/o acquisizione di appalti pubblici e commesse private;
come pure, ad elevatissimi livelli, alla gestione del gioco
d’azzardo.
Ed
è, anzi, la compresenza in Bologna di uomini della ‘ndrangheta ed
uomini della camorra che conferma il dato di cui prima si diceva, e
la volontà del crimine organizzato di non volersi insediare e
strutturare nel territorio cosi come normalmente si ritiene che vi si
possa inserire un'organizzazione di tipo mafioso. La coesistenza è
il segnale della mancanza d’interesse a controllare il territorio,
ad instaurare stabili rapporti e collegamenti con l'altro da sé
(politica, economia, finanza e quant'altro) ma, disponendo di una
piazza interessante, ricca, variegata, il crimine opera nell'area,
sfruttandone le potenzialità, cosi come faceva il noto Barbieri
Vincenzo, uomo della ‘ndrangheta ucciso con ogni probabilità per
essere venuto meno ai suoi doveri di mafioso, il quale, vista la
ricchezza della piazza, aveva investito in quei settori ai quali si
faceva prima riferimento. Vi
operano, altresì, strutture criminali estere, che si occupano di
tutto, dal traffico degli stupefacenti allo sfruttamento della
prostituzione, alla tratta degli esseri umani.
Una realtà abbastanza corrispondente a quella che riguarda il
Capoluogo di Regione caratterizza la Romagna, con specifico
riferimento alle note località turistiche della Riviera che attirano
per le opportunità che offrono di fare soldi e di investire soldi.
Anche in quel territorio si trovano presenze di gruppi e persone
provenienti dall'area camorrista,
cosi come di gruppi di persone provenienti dall'area della
'ndrangheta, senza che, peraltro, si verifichino anche in questo
territorio - almeno per quanto
è
noto, ovviamente, alle indagini - consistenti fenomeni che consentano
di prefigurare l'esistenza di associazioni per delinquere di tipo
mafioso nei confronti delle quali intervenire ipotizzando il delitto
previsto dall'articolo 416bis del codice penale. E le capacità che
questi gruppi (che spesso sono anche promanazione di organizzazioni
criminali blasonate, sia campane, che calabresi) hanno di coagulare
attorno a sé un potere e una forza criminali non indifferenti
consente loro di investire questi territori con il narcotraffico,
attività molto sviluppata proprio soprattutto a cura di soggetti di
provenienza camorristica o ‘ndranghetista, senza che, peraltro, in
detti territori i predetti si organizzino per operare in altra
maniera, cioè dando luogo alle ulteriori manifestazioni del crimine
organizzato mafioso. Cosa che sarebbe, probabilmente, per loro stessi
controproducente".
Occorre
anche ricordare che nella classifica
sulla infiltrazione mafiosa al nord, stilata dall'ex procuratore
nazionale antimafia Pietro Grasso, Bologna era posizionata al poco
lusinghiero gradino più basso del podio, preceduta solo da Milano e
Roma.
Dall'ultima
relazione semestrale del 2012 della Dia, si rileva che nella
provincia le Forze dell’ordine hanno verificato la presenza di
attività sospette legate ai clan
della
camorra
dei Mallardo
e
Di
Martino -
Afeltra.
Sono attivi in zona anche gli 'ndranghetisti della cosca Masellis
– Lentini.
L'elenco completo dei clan che sono stati coinvolti in operazioni di
polizia eseguite nella provincia di Bologna, è riportato nella
tabella posta in fondo al presente Rapporto. Questi i beni
confiscati in provincia di Bologna
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Destinati non consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione |
Tot*
|
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
BOLOGNA |
0
|
0
|
22
|
|||||
GAGGIO MONTANO |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
|
IMOLA |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
3
|
||
PIANORO |
0
|
0
|
0
|
0
|
11
|
|||
PIEVE DI CENTO |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Criminalità
organizzata calabrese
- Luglio 2009, operazione “Vento del Nord”, la Squadra Mobile di Bologna ha eseguito insieme a quella di Reggio Calabria, sei fermi per associazione di stampo mafioso e detenzione di armi clandestine nei confronti di elementi di vertice e affiliati alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno (RC). I provvedimenti sono stati emessi dalla Dda di Bologna e Reggio Calabria. Tre di questi sono stati eseguiti a Granarolo dell’Emilia (BO), dove si erano stabiliti i tre soggetti collegati alla cosca 'ndranghetista. Nel corso dell’operazione erano già stati arrestati dalla Questura di Bologna, il 26 giugno 2009, il capocosca Carmelo Bellocco, 53 anni, e il figlio 19enne. La 'ndrina stava tentando di fare affari nel mercato ortofrutticolo di Bologna.
- Novembre 2013, i Centri Operativi DIA di Roma e Reggio Calabria e la Polizia di Stato di Reggio Calabria e di Palmi hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro beni emesso dalla Sezione M.P. del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta della Dda di Reggio Calabria, nei confronti di presunti affiliati alla 'ndrina dei Gallico, operante a Palmi, Secondo gli inquirenti le persone colpite dal provvedimento avrebbero illecitamente acquisito, grazie soprattutto all’apporto del clan, un vasto patrimonio mobiliare e immobiliare, in special modo nel settore turistico-alberghiero. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati: una società proprietaria di due alberghi ubicati uno a Roma e l’altro a Palmi; 53 beni immobili ubicati tra Roma, Castiglione dei Pepoli (BO) e Palmi costituiti da: 1 fabbricato in corso di costruzione; 12 fabbricati; 14 terreni edificabili; 26 terreni agricoli; 9 autovetture; rapporti bancari intrattenuti in 13 istituti di credito. Il valore stimato beni in sequestro ammonta a circa 150 milioni di euro.
- Novembre 2013, operazioni "Crimine" e "Scacco matto", la Polizia di Stato ha eseguito la confisca dei beni per un valore complessivo di 5 milioni di euro nei confronti delle 'ndrine Longo e Commisso. Il provvedimento riguarda anche la società Arcoverde Costruzioni srl, con sede a Bologna
- Maggio 2014, individuata dalla Dda di Bologna e da quella di Catanzaro un’organizzazione criminale sotto le Due Torri. Scattati gli arresti da parte dei Ros di Bologna di due persone e il sequestro di beni per 600.000 euro tra il capoluogo emiliano, Roma e Olbia. Indagate in tutto 17 persone, tutte di origini calabresi ma domiciliate a Bologna e provincia, legate fra loro da vincoli di parentela: devono rispondere di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione di esplosivo e di armi clandestine, favoreggiamento personale ed evasione, aggravati dalle finalità mafiose. L’inchiesta prende avvio nel 2010, con la cattura a Bologna di Nicola Acri, uno dei 100 latitanti più pericolosi al mondo, ricercato per omicidio e associazione mafiosa. Acri è a capo della ‘ndrina Acri-Morfo’ di Rossano (Cosenza) e viene descritto come un killer spietato. Tutto ruota intorno a una persona e a un negozio: Roberto Ammirato, 41 anni, detto zio Checco, che era a capo dell’organizzazione e che aveva aiutato Acri nella latitanza, e il suo bar in piazzetta Musi, gestito dalla suocera di Ammirato e dalla figlia, compagna del capo, di 40 anni, entrambe indagate. E’ da questo bar che si dipana l’organizzazione dello spaccio di droga, quasi esclusivamente cocaina, e che vengono tenute le fila con gli stessi spacciatori. Ammirato è finito in carcere insieme al nipote, Antonio, 33 anni, considerato il suo braccio destro. Divieto di dimora, invece, per Sebastiano Corso (con una lunga ‘carriera’ di rapinatore alle spalle), 37 anni, cognato di ‘zio Checco’. Ad inchiodare Ammirato, oltre alle intercettazioni e ai pedinamenti, anche le dichiarazioni di cinque collaboratori di giustizia. Nell’inchiesta anche il 24enne genero del capo. Un altro filone dell’indagine, soprannominata ‘Gangale’ da uno degli pseudonimi usati da Acri, ha invece portato ad approfondire le sue attivita’ di narcotraffico tra Italia e Spagna: qui il boss della ‘ndrina si serviva di Maurizio Ragno, pregiudicato e gia’ condannato a 35 anni per vari reati, arrestato nel 2011 proprio nel Paese iberico. Tra i beni sequestrati oggi, il bar, un negozio di articoli casalinghi in via Beroaldo, un appartamento a Bologna e uno a Santa Teresa di Gallura, auto, conti correnti e polizze assicurative. Il gip che ha emesso l’ordinanza, su richiesta del pm Enrico Cieri, e’ Alberto Ziroldi.
Criminalità
organizzata siciliana
- Settembre 2013, la Polizia di Stato di Bologna ha arrestato il latitante Giovanni Costa, nato a Villabate (PA). Era ricercato poiché aveva da espiare la pena di anni 12 per reato continuativo. L'uomo, già sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Bologna, possedeva società immobiliari, assicurative e di costruzioni e, attraverso altre società immobiliari, era titolare di diversi appartamenti nel villaggio turistico "Porto Rosa" di Furnari (ME), nell’isola di Vulcano e a Villabate (PA). Costa, insieme alla ex moglie, avrebbe ripulito i proventi di attività di affiliati a cosa nostra mediante una truffa finanziaria, organizzata in Sicilia da Giovanni Sucato (quest’ultimo trovato carbonizzato dentro la sua auto, nell’anno 1995). La Procura della Repubblica di Palermo, nell’anno 2001, a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, lo ha accusato di avere riciclato denaro (stimato in circa 900 miliardi di vecchie lire) di provenienza mafiosa ritenendolo interno alla cosca riconducibile alla mandamento di Porta Nuova, facente capo a Pietro Aglieri, per il tramite dei capi famiglia Salvatore Montalto e Vincenzo di Villabate (PA).
Altri
gruppi criminali italiani
- Ottobre 2013, operazione "Ellenika", i Carabinieri di Pescara, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia dell'Aquila, hanno stroncato un vasto traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Sono state arrestate 71 persone e sequestrati 7 quintali di sostanze stupefacenti. Lo snodo nevralgico dello spaccio internazionale tra Italia, Albania, Slovenia, era la città di Pescara. Il sodalizio criminale smantellato operava su tre livelli: il primo, internazionale (il gruppo degli albanesi); un altro che gestiva i trasporti (il gruppo dei corrieri); l'ultimo che gestiva lo spaccio (il gruppo Gargivolo di Pescara). La droga, l'eroina in particolare, era prodotta in Afganistan, importata da organizzazioni albanesi, stoccata in Kosovo e in Macedonia, mentre il trasporto era curato da organizzazioni serbe che recuperavano anche i corrieri da varie nazionalità e poi trasferitesi in Italia dove operavano cellule albanesi. Le città interessate nell'operazione antidroga sono Pescara, la Spezia, Milano, Bergamo, Padova, Udine, Asti, Mantova, Firenze, Roma, Bologna, Imola (BO), Ravenna, Taranto, Bari, e Lecce. Lo spessore criminale della famiglia Gargivolo di Pescara è notevole. Nel corso di 8 anni, è stata capace di importare e smerciare diverse centinaia di chilogrammi di eroina. Tra i sequestri, 500 chilogrammi di marijuana e 200 di eroina e campionature di cocaina in vista di un allargamento del traffico. Una famiglia criminale operante già dal 2005 nel traffico di eroina e marijuana.
Criminalità
organizzata straniera
- Agosto 2013, arrestati cinque nigeriani a Londra. L'organizzazione criminale era specializzata in frodi informatiche operate nei confronti del sistema fiscale britannico. Uno dei nigeriani effettuava queste operazioni dal proprio computer, in una casa a Bologna. Le attività investigative sono state avviate dalla Polizia Postale e delle comunicazioni di Bologna e gli arresti sono stati eseguiti dalle autorità britanniche. I reati contestati sono: frode fiscale e riciclaggio.
- Dicembre 2013, sgominata dalla polizia di Stato di Trieste una banda di zingari con base in Croazia dedita ai furti in appartamento con l’utilizzo donne e di minori. Il gruppo giungeva in Italia a bordo di un camper e raggiungeva poi le principali città tra cui Bologna, Parma, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Lucca, Pistoia, Perugia, Genova, Roma e Torino, dove perpetrava furti in abitazioni situate perlopiù in zone residenziali. Le indagini - svolte dalla Squadra Mobile di Trieste, coordinata dal sostituto procuratore Ferdinando Frezza e con la collaborazione della Squadra Mobile di Bologna - hanno avuto avvio nello scorso mese di
criminale.
Nel corso dell'operazione è stata recuperata refurtiva
tra cui preziosi pari a circa 2 chili per un valore complessivo di
oltre 80.000 euro e sono stati sequestrati circa 22.000 euro in
contanti. Sono stati
rilevati inoltre punti di contatto con altre organizzazioni simili
che operavano in Germania, Francia e Spagna
- Dicembre 2013, dopo un'indagine avviata un anno e mezzo, fa gli uomini della Guardia di Finanza di Bologna hanno arrestato una banda di trafficanti per traffico internazionale di stupefacenti e sequestrato quasi 3,5 kg di 'coca'. La droga, ben nascosta in flaconi di shampoo e biberon per bambini era destinata al mercato dell'Emilia-Romagna e veniva introdotta in Italia utilizzando l'aeroporto di Bologna come punto di accesso.
- Marzo 2014, la squadra mobile di Bologna ha arrestato Lin Chao, un 24 di nazionalità cinese. Emesso dal gip un provvedimento di divieto di dimora nei confronti di un altro connazionale e denunciate per concorso in tentata estorsione altre cinque persone, tutte di nazionalità cinese. A loro carico diversi episodi di estorsione ai danni di negozi di cinesi in zona Corticella. I titolari hanno sporto denuncia e fatto scattare le indagini verso i connazionali.
Stupefacenti
- Febbraio 2014, maxi sequestro di cocaina proveniente dal Perù nascosto tra i succhi di frutta: a trovarlo e sequestrarlo sono stati i funzionari dell’ufficio delle dogane di Bologna, sezione operativa territoriale aeroporto Marconi
- Marzo 2014, arrestato dalla polizia un cittadino trovato in possesso di un chilo e mezzo di hashish e di altra tipologia di droga. l'accusa è detenzione ai fini della cessione di sostanze stupefacenti.
- Marzo 2014, arrestato nel suo appartamento alla periferia di Bologna un 43enne di Pianora con precedenti specifici per detenzione di droga a fini di spaccio: sequestrati un chilo e mezzo di hascisc, tre etti di marijuana e poco più di 60 grammi di cocaina
- Aprile 2014: La Squadra Mobile di Bologna ha portato a termine un’operazione antidroga che ha permesso di arrestare i componenti di un’associazione a delinquere che importava cocaina dalla Colombia e hashish e marijuana dalla Spagna. Sequestrato un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti
Baby
gang
- Settembre 2013, oltre duecento ragazzini appartenenti a due bande diverse, "Bolobene" e "Bolofeccia", dopo essersi dati appuntamento sul web, hanno scatenato una maxi rissa nei giardini Margherita. L'episodio non riguarda questioni di criminalità organizzata ma, per la sua gravità, non si può fare a meno di menzionarlo.
Colpi
d’arma da fuoco
- Febbraio 2014, fori d'arma da fuoco sulla saracinesca di un bar. Sei colpi sparati da ignoti durante la notte in zona Pilastro, alla periferia della città. "Si tratta di un fatto grave - ha commentato il procuratore aggiunto di Bologna, portavoce della Procura, Valter Giovannini - piuttosto anomalo per Bologna". Sono in corso le indagini.
Rapine
- Febbraio 2014, rapinato il bar “Birillo Rosso” di Pieve di Cento. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri del Nucleo Operativo di San Giovanni in Persiceto e della Stazione di Pieve di Cento, i rapinatori hanno costretto la proprietaria, una 32enne cinese residente a Cento, a consegnare il denaro contenuto nel registratore di cassa e la scatola contenente le immagini registrate dal sistema di video sorveglianza installato nel locale. Nessuna persona è rimasta ferita. Aperta un’ indagine.
- Marzo 2014, i Carabinieri di Castiglione dei Pepoli (Bologna) arrestano un 22enne albanese residente a Nembro (BG) dopo un colpo messo a segno da una banda di cinque criminali a danno di un casinò di Lagaro, rubate quattro slot machine e il registratore di cassa.
VIII.2.
Provincia di Ferrara
Anche
questo territorio non è immune da presenze mafiose. A
Ferrara
è stata riscontrata la presenza
di elementi riconducibili alla ‘ndrina
Farao-Marincola
di Ciro’. Nella provincia
operano anche noti appartenenti ad altre cosche calabresi, quali i
Bellocco
di Rosarno, i Muto
di Cetraro, gli Arena,
i Dragone,
i Grande
Aracri
e i Nicoscia.
E' stata appurata, altresì, la presenza di soggetti vicini famiglie
siciliane mafiose
di Partinico
e San
Giuseppe Jato.
Anche
la malavita campana, in particolar modo i casalesi,
ha effettuato una progressiva espansione del territorio raggiungendo
il Comune di Cento (FE).
I
beni confiscati in provincia di Ferrara:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Tot.* |
---|---|---|---|---|---|---|---|
ARGENTA |
0
|
0
|
0
|
0
|
5
|
||
COMACCHIO |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
|
FERRARA |
0
|
0
|
0
|
0
|
6
|
||
PORTO MAGGIORE |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
3
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Criminalità
organizzata campana
- Giugno 2013, operazione "Bad brothers", la Guardia di Finanza ha eseguito dei provvedimenti nei confronti di appartemnenti al clan camorristico dei Mallardo, molto attivo nel comune di Giuliano (NA) e nel basso Lazio. Sono stati sequestrati beni (alberghi, ristoranti, concessionari di auto e oltre 170 immobili) per 65 milioni di euro in mezza Italia, tra Lazio, Campania ed Emilia Romagna. Tra i beni sequestrati anche le quote di due società (un'agenzia immobiliare e una srl con attività di costruzione di edifici) che hanno sede a Ferrara, nei pressi della stazione ferroviaria, in via del Lavoro. A carico del titolare delle due società sono stati operati sequestri di immobili nel bolognese, a Crevalcore e Granarolo. Da quanto emerge dalle investigazioni, l’operatività criminale del clan è stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo delle attività economiche di rilievo (edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso), realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive .
- Ottobre 2013, la Polizia di Stato e i Carabinieri hanno arrestato due persone, di origine campana, appartenenti alla cosiddetta "banda dei portavalori". I malviventi, a bordo di una moto e con il volto travisato, hanno rapinato un rappresentante di gioielli. La dinamica dell'episodio è molto simile alla rapina del 9 ottobre scorso. Per questo motivo, gli inquirenti ipotizzano che gli autori siano gli stessi.
Criminalità
organizzata calabrese
- Aprile 2014, il Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Misure di Prevenzione, accogliendo la proposta congiunta del Procuratore Distrettuale di Reggio Calabria, ha emesso decreto di sequestro dei beni riconducibili a Sante PISANI (originario della Piana di Gioia Tauro, Pisani si era trasferito con il nucleo famigliare a Poggio a Caiano agli inizi degli anni ’90 per poi fare ritorno nel suo Comune di nascita nel 2012), in quanto referente economico-finanziario di vari esponenti della criminalità organizzata calabrese, alcuni dei quali ai vertici delle più pericolose matrici ‘ndranghetiste quali le famiglie PESCE e BELLOCCO di Rosarno (RC). Dall’esame di pregresse indagini giudiziarie, delle frequentazioni, dei legami di parentela, degli interessi societari nonché della documentazione fiscale e bancaria, è stato possibile ritenere Sante PISANI indiziato di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p., con la “specializzazione” criminale di riciclare notevoli somme di denaro derivanti da truffe all’Unione Europea per contributi elargiti ad aziende e cooperative agricole della Calabria, ottenuti grazie a false documentazioni e collusioni con impiegati pubblici della Regione Calabria. Il decreto ha riguardato anche il figlio di Sante PISANI, Vittorio, avvocato, recentemente arrestato nell’ambito dell’operazione ONTA, per aver favorito la ‘ndrina BELLOCCO. Il provvedimento, concernente abitazioni, terreni, quote societarie, attività economiche, conti correnti, polizze assicurative e dossier titoli, ha interessato le province di Prato, Ferrara, Cosenza e Reggio Calabria, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, è stato eseguito in data odierna da personale della Direzione Investigativa Antimafia.
Criminalità
straniera
- Gennaio 2012, operazione “Lockpicking”, il Commissariato di Empoli (FI) ha arrestato cinque georgiani per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in appartamento, ricettazione e uso di documenti falsi. Gli arrestati avevano affinato la cosiddetta tecnica del “lockpicking” che consiste nell’aprire senza alcuna effrazione le porte blindate delle abitazioni con serratura a doppia mappa, utilizzando chiavi alterate e grimaldelli. L’attività investigativa, iniziata nel mese di agosto dello scorso anno, aveva consentito di accertare che tre componenti della banda - insieme ad altri 12 connazionali denunciati a vario titolo - spesso muniti di documenti bulgari o lituani falsi, avevano costituito con ruoli diversi una vera e propria associazione a delinquere con base logistica in Empoli. Le indagini hanno permesso di accertare la consumazione di svariati furti in abitazione da parte di questo gruppo criminale, in diverse città italiane: Bari, Firenze, Grosseto, Livorno, Pontedera, Ferrara e Padova.
- Ottobre 2013, operazione “Oktoberfest”, la Squadra Mobile ha arrestato un nigeriano titolare e gestore di un phone center. L'esercizio, frequentato da connazionali dell'uomo arrestato, era utilizzato come base per lo spaccio di sostanze stupefacenti dell’esercizio.
Rapine
- Marzo 2014, un altro furto ad una farmacia ospedaliera dell’ospedale del Delta. Il colpo ha fruttato 40mila euro in medicinali. Al vaglio degli inquirenti le connessioni con il furto avvenuto poco tempo prima in una farmacia di Cento: in quel caso i ladri si erano impossessati di oltre 100mila euro di farmaci, con un colpo studiato nei minimi particolari, senza effrazione agli ingressi. Secondo le autorità potrebbe trattarsi di una banda specializzata in furti di medicinali, tra cui diversi farmaci rari che già figuravano nel primo bottino.
Baby
Gang
- Gennaio 2014, Baby Gang di ragazze deruba una studentessa minacciata con un coltello . Vittima è una giovane di 16 anni, aggredita da tre coetanee in pieno centro storico. Grazie alla collaborazione dei cittadini i carabinieri di hanno individuato e denunciato le tre ragazzine che ora devono rispondere di rapina aggravata in concorso. Un brutto episodio, che riporta alla luce la piaga del bullismo.
VIII.3.
Provincia di Forlì Cesena
A
Forlì
sono state riscontrate le presenze di personaggi collegati alla
'ndrina
dei
Forastefano
di Cassano allo Jonio, nel cosentino. Nello stesso centro hanno
mostrato interesse a operare noti appartenenti a cosche criminali
calabresi,
quali i Condello,
Bellocco,
i Muto
di Cetraro, gli Arena,
i Dragone,
i Grande
Aracri,
i Nicoscia
del crotonese e i Masellis
– Lentini.
Rilevanti
sono gli interessi nel territorio da parte della criminalità
organizzata casertana. Da rammentare, in proposito, le operazione
“Doma" e "Criminal Minds" che hanno coinvolto
persone ritenute appartenenti o contigue ai casalesi,
e al clan
D'Alessandro.
La provincia è stata interessata anche nell'operazione svolta dai
Carabinieri nei confronti del clan Birra-Iacomino,
particolarmente attivo nella zona di Ercolano.
I
beni confiscati in provincia di Forlì - Cesena:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Tot.* |
---|---|---|---|---|---|---|---|
CESENATICO |
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
||
FORLI |
0
|
0
|
0
|
0
|
21
|
||
FORLIMPOPOLI |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
|
GATTEO |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
|
SAN MAURO PASCOLI |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via autonoma.
Criminalità
organizzata calabrese
- Gennaio 2012, la Dia di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro di 50 milione di euro nei confronti della 'ndrina Condello di Reggio Calabria. Nell'ambito dell'operazione sono state coinvolte alcune persone residenti a Cesena. Nel mese di ottobre 2012 il provvedimento è stato confermato anche dai giudici della Corte d’appello sezione Misure di prevenzione di Reggio Calabria.
Criminalità
organizzata campana
- Ottobre 2013, operazione "Justin", i Carabinieri di La Spezia hanno arrestato 7 persone nell'ambito di un'inchiesta che ha sgominato una banda dedita a rapine in banca e sale bingo in tutto il Centro e Nord Italia. Il bilancio è di 27 rapine in banca in cinque regioni, per un bottino complessivo di più di seicentomila euro. Il sodalizio criminale era composto da dieci persone, quasi tutte napoletane, capeggiate da un pregiudicato per reati analoghi. In quasi un anno la banda ha colpito in Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Marche e Veneto, e in modo particolare nelle province della Spezia, Massa Carrara, Pisa, Firenze, Arezzo, Forlì-Cesena, Bologna, Rimini, Ferrara, Pesaro-Urbino, Padova e Verona.
Criminalità
organizzata pugliese
- Marzo 2013, è stato arrestato in Lussemburgo, su mandato internazionale richesto dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bologna, Cosimo Damiano Serra. L'uomo, originario della Puglia, secondo gli inquirenti sarebbe al servizio delle cosche calabresi, e fin dai primi del 2000 era riparato in Lussemburgo. E' stato coinvolto nell’uccisione di Salvatore Andricciola, del ‘56, originario di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, freddato il 27 ottobre del 1991, nel bar che gestiva a Forlimpopoli, in provincia di Forlì-Cesena, dove si era rifugiato proprio per sfuggire alle faide che coinvolgevano la sua famiglia. Il killer, Stefano Speciale, entrò nel locale in pieno centro e lo trucidò con cinque colpi di pistola. Ma Serra sarebbe coinvolto anche nell'esecuzione del 4 gennaio 1992 di Lamezia Terme, nel corso della quale vennero uccisi il sovrintendente della Polizia Salvatore Aversa, ormai prossimo alla pensione (aveva all’epoca 61 anni) e la moglie. Quest’ultima, in particolare, Lucia Precenzano, in un primo momento riuscì a scappare, ma fu inseguita e uccisa a colpi d’arma da fuoco. Tra gli esecutori materiali del duplice omicidio c’erano anche Stefano Speciale e Salvatore Chirico, entrambi affiliati alla sacra corona unita. Le indagini appurarono che Chirico, Speciale e Serra, insieme a un’altra persona, erano attivi nel traffico di stupefacenti e avevano contratto un debito di 200 milioni di lire con i loro fornitori, la famiglia Giorgi (affiliata alla 'ndrina Romeo di San Luca), che per ripianare i conti li aveva messi a disposizione come killer delle cosche di Lamezia. Dopo anni Speciale e Chirico si sono pentiti, diventando collaboratori di giustizia, e hanno confessato gli omicidi di Andricciola e Aversa. Hanno fatto anche il nome di Serra, ma la Direzione distrettuale antimafia ha dovuto svolgere lunghe indagini per trovare i riscontri necessari ai racconti dei due pentiti. Serra era già stato arrestato per l’uccisione del sovrintendente della Polizia e condannato a 18 anni in primo grado, ma fu assolto in appello. In entrambi i casi non fu Serra a premere materialmente il grilletto, ma secondo gli inquirenti bolognesi, fu lui a effettuare numerosi sopralluoghi a Forlimpopoli con Speciale nei pressi del bar di Andricciola e accompagnò in auto il killer il giorno dell’omicidio, aspettandolo fuori per agevolare la fuga. Per il delitto di Forlimpopoli, Speciale è stato condannato a 13 anni. E' stato condannato anche uno dei mandanti, Francesco Giampà, detto “il professore”, capo dell'omonima ‘ndrina di Lamezia Terme, che con il rito abbreviato ha avuto 30 anni.
Criminalità
organizzata straniera
- Settembre 2013, la Polizia di Stato di Forlì ha arrestato cinque persone ritenute responsabili di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione ha permesso di smantellare una capillare rete di spaccio di droga posta in essere da un gruppo criminale costituito prevalentemente da persone di origine albanese, attive in Romagna, alcune delle quali clandestine.
- Ottobre 2013, la Polizia di Stato di Forlì e Cesena ha arrestato quattro albanesi e sequestrato due chili e seicento grammi di cocaina destinati al mercato cesenate, oltre a 45mila euro, otto cellulari e un bilancino di precisione.
- Ottobre 2013, i Carabinieri di Padova hanno smantellato un'associazione per delinquere che assaltava con esplosivi i bancomat tra il Friuli, il Veneto e l'Emilia Romagna. Dei 21 colpi messi a segno nel Nord Italia, per un danno stimato in circa 21 milioni di euro, ben 13 erano stati messi a segno in Emilia Romagna, nelle province di Forlì-Cesena, Ferrara, Modena e Ravenna. Sono state arrestate 7 persone che gravitano nel mondo dei giostrai.
- Ottobre 2013, operazione "100%", la Guardia di Finanza ha arrestato tre persone (due albanesi e un italiano) produzione, traffico, e spaccio di sostanze stupefacenti destinate al mercato della riviera romagnola. I militari hanno individuato a Cento di Roncofreddo, in provincia di Forlì-Cesena, una raffineria in cui venivano tagliate e confezionate le sostanze stupefacenti. Sono stati sottoposti a sequestro 24 chili di eroina pura e 67 chili di eroina tagliata, 10 chili di cocaina, 170 chili di sostanza da taglio, nonché 5 centrifughe in acciaio, 4 stampi per formare panetti di droga da 500 grammi e 1000 grammi, 5 bilance elettroniche, 1a pressa industriale per compattare il panetto di droga e tutto il materiale termoplastico per il confezionamento sottovuoto, nonché un'autovettura e l'immobile utilizzato come laboratorio. Con la sostanza pura e da taglio rinvenuta era possibile immettere sul mercato ulteriori 200 chilogrammi di eroina. Durante la perquisizione è stata anche rinvenuta una pistola CZ modello 99 calibro 9x19 "parabellum" illegalmente detenuta e oltre 100 cartucce.
- Febbraio 2014, arrestato dai carabinieri di Cesenatico Elton Hylviu (nato in Albania ma albanese da diverso tempo trasferito in Italia), ricercato per traffico internazionale di droga . L’uomo è stato fermato a bordo di un’auto. Alla pattuglia ha presentato un documento d’identità della Bulgaria ma i militari hanno notato che c’era qualcosa che non andava in quel documento, così è stato accompagnato alla vicina caserma. Qui, da una serie di accertamenti ed esami accurati, è emersa la vera identità del narcotrafficante. Su di lui hanno indagato a lungo e tuttora indagano i Ros dei carabinieri di Udine, su mandato della Direzione distrettuale antimafia de L’Aquila. Hylviu fa parte di un’organizzazione criminale composta da albanesi e italiani che ha ripetutamente trafficato ingenti partite di eroina per rifornire i canali dei grossisti della droga, dai quali a loro volta attingono gli spacciatori.
- Marzo 2014, consistente traffico di droga tra la Sardegna, Corsica, Albania e Sudamerica. 250 poliziotti hanno portato a termine un'operazione antidroga tra Sardegna e Romagna con l'arresto di 13 persone e la denuncia di altre otto. Gli arresti sono stati eseguiti tra Orgosolo (Nuoro), uno dei centri dove veniva organizzato lo spaccio, Alghero (Sassari), Oristano e nelle città romagnole di Forlì, Cesena e Rimini.
VIII.4.
Provincia di Modena
Non
si può non partire dalla relazione annuale della Direzione Nazionale
Antimafia del dicembre 2012, laddove si parla della facilità di
penetrazione da parte di cosa
nostra
nelle altre regioni d'Italia “per
condizionare le gare per gli appalti di lavori pubblici con le stesse
modalità illecite utilizzate in Sicilia".
Nel documento si afferma che gli ultimi elementi investigativi
segnalano una forte presenza proprio di cosa
nostra
in Emilia, specie nella provincia di Modena. A tal proposito,
occorre ricordare il sequestro di beni mobili e immobili disposto dal
Tribunale
di Caltanissetta
di dicembre
2011, nei
confronti di persone ritenute vicine a cosa
nostra.
Nella
relazione del secondo semestre 2012 della Direzione Investigativa
Antimafia l'operazione del 23 ottobre 2012 che ha portato
all’arresto di soggetti legati alla cosca Longo
– Versace
di Polistena (RC) operanti a Serramazzoni (MO).
La
città di Modena è stata interessata, nel mese di ottobre 2012,
dall'operazione contro il clan della camorra Di
Gioia –
nato dalla scissione dal clan Falanga -
riguardante il traffico di sostanze stupefacenti.
Per
quanto riguarda la criminalità campana, questa è impegnata nella
gestione dei videogiochi, estorsioni, edilizia, appalti, forniture,
subappalti e riciclaggio. Sono particolarmente attivi i casalesi.
In
merito si rammenta che
nel
gennaio
2000, che anche in provincia di Modena, fu svolta l'operazione
“Claudia”,
inchiesta
avviata nel gennaio 1996
come
stralcio dell’operazione
“Spartacus”,
nel corso della quale la Dia di Napoli arrestò 13 esponenti di
spicco del clan dei casalesi.
I
beni confiscati in provincia di Modena:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Destinati non consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Totale* |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
FORMIGINE |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
|
MODENA |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Aprile
2014, la D.I.A. di Bologna sequestra beni per un valore di oltre
cinque milioni di Euro. Il decreto di sequestro, emesso dalla Sezione
Misure di Prevenzione del Tribunale di Taranto, riguarda beni mobili
e immobili riconducibili ad un pregiudicato di origine pugliese CONTE
Girolamo, di origine pugliese, residente in provincia di Modena. Il
provvedimento ablatorio è stato adottato nell’ambito di una
accurata strategia che mira ad aggredire i patrimoni illecitamente
accumulati dalle organizzazioni mafiose. In sintesi sono stati
sequestrati: capitale sociale ed intero compendio aziendale della
“HAMMER srl” con sede in Modena e dedita alla costruzione di
edifici residenziali; capitale sociale ed intero compendio aziendale
della “WHITE QUEEN srl” con sede in Modena e dedita al noleggio
di autovetture; nonché decine di beni immobili, autovetture e
svariati rapporti finanziari. A carico del Conte reati associativi
gravi a scopo di lucro (di stampo mafioso e in materia di
narcotraffico e armi), commessi per tutto il quadriennio ricompreso
tra il 1990 e il 20.07.1995, interrompendoli coattivamente per
effetto della misura cautelare in carcere che attingeva anche i suoi
sodali”. Sulla scorta di quanto è dato evincere il Conte
Girolamo risulta soggetto inquadrabile sotto il profilo soggettivo
nella categoria “di appartenente alle associazioni di cui all’art.
416 bis c.p. … omissis.... la proposizione si atteggia in termini
di assoluta certezza in quanto nel caso di specie la condizione
sufficiente di indiziato di appartenenza ad un sodalizio criminale ex
art. 416 c.p. …… omissis... resta pienamente assorbita dalla
prova indiziaria prima omissis …. e giudiziaria poi, consacrata
nella sentenza di condanna alla pena di anni dieci di reclusione
pronunciata dal Tribunale di Taranto il 2.6.1998…divenuta
irrevocabile nel 2001… omissis”. CONTE, infatti, è stato
destinatario della Misura di Prevenzione della Sorveglianza Speciale
di P.S. nel 2003 (poi revocata nell’aprile del 2006). Nel decreto
all’epoca (6 ottobre 2003) emesso dal Tribunale di Taranto –
Ufficio Misure di Prevenzione, tra l’altro si legge: “…omissis
…con sentenza del Tribunale di Taranto, I Sezione Penale, del 02
giugno 1998 - parzialmente riformata in appello (sentenza emessa
dalla Corte di Appello di Lecce…omissis...irrevocabile 27 febbraio
2001) - è stata accertata l’esistenza e l’operatività nella
provincia di Taranto dal 1990 al 1994 di associazione a delinquere di
stampo mafioso diretta da Putignano Carmelo e Attorre Domenico,
nonché di un parallelo sodalizio armato…omissis… dedito al
traffico di sostanze stupefacenti…omissis… con la medesima
sentenza del Tribunale di Taranto in data 2 giugno 1998 è stata
altresì accertata l’appartenenza al medesimo clan mafioso del
proposto CONTE Girolamo, omissis…”. Gli accertamenti patrimoniali
svolti dalla D.I.A. di Bologna hanno interessato anche i familiari ed
i conviventi di Conte, i cui possedimenti risultano comunque
riconducibili allo stesso. In particolare sono stati eseguiti
puntuali e rigorosi accertamenti che hanno riguardato, per un arco
temporale compreso tra il 1999 ed il 2013 tutti i cespiti in
qualunque modo riconducibili al Conte, allo scopo di documentare la
netta sproporzione tra il patrimonio reale e quanto dichiarato ai
fini delle imposte o all’attività economia esercitata. Al riguardo
il Collegio della Prevenzione ha precisato che: “il carattere
continuativo – dai tempi immediatamente successivi alla condanna
che ne consacrava lo status di soggetto mafioso e dedito a lucrativi
traffici delittuosi, in avanti, e, sino a quelli attuali – della
grave sproporzione tra i redditi lecitamente conseguiti (redditi da
lavoro dipendente e d’impresa) rispetto al tenore di vita, come
espresso dagli incrementi patrimoniali di che trattasi, dunque,
consente di operare il sequestro nei termini di cui alla proposta “
- Agosto 2012, operazione "Black swan", la Guardia di Finanza di Modena ha arrestato due pluri-pregiudicati di origine calabrese per bancarotta fraudolenta. L'indagine ha riguardato alcune società riconducibili a un gruppo del settore ceramico del comprensorio modenese, rimaste coinvolte in una serie di fallimenti a catena. E' stato eseguito anche il sequestro preventivo di circa 1,5 milioni di euro.
- Ottobre 2012, operazione "Teseo", la Guardia di Finanza di Modena ha arrestato 3 persone di origine calabrese mentre altre 12 sono state denunciate in stato di libertà. Sono accusati, a vario titolo, per associazione per delinquere, concussione, turbata libertà degli incanti, incendio, danneggiamento a seguito d'incendio ed estorsione, con l'aggravante del metodo mafioso. Al vertice dell'organizzazione criminale c'era un pluripregiudicato calabrese ex soggiornante obbligato, originario di Polistena (RC). Il sodalizio, legato alle 'ndrine alleate Longo e Versace di Polistena (RC). L'attività imprenditoriale del sodalizio era orientata anche nel settore immobiliare e nell’acquisizione di appalti pubblici di lavori, opere e forniture dal Comune di Serramazzoni, sciolto nel mese di luglio 2012 dopo le dimissioni della Giunta.
Criminalità
organizzata campana
Dicembre
2012, operazione "Fulcro", la Dia ha arrestato 28 persone,
ritenute esponenti del clan
della
camorra Fabbrocino.
Gli arresti sono stati eseguiti in
Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo, Calabria e
Campania,
in ordine ai reati di associazione di tipo mafioso, estorsione
aggravata, usura, intestazione fittizia di beni a prestanome, reati
fallimentari e detenzione illegale di armi. L'autorità giudiziaria
ha disposto anche un sequestro preventivo di beni per un valore
complessivo di oltre 112 milioni di euro. Uno dei provvedimenti
è
stato eseguito nel modenese, dove sono state sequestrate quattro
unità immobiliari,
due appartamenti e due garage riconducibili a un indagato. Un
appartamento e un garage si trovano nel comune di Bomporto, gli altri
a San Prospero.
- Maggio 2013, i Carabinieri di Vignola hanno arrestato Enrico Guarino, classe 1942, originario di Villa di Briano (CE) e residente a Formigine (MO), in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso il 13 maggio 2013 dalla procura generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli. L'uomo deve espiare una pena residua di 2 anni, 3 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione di tipo mafioso. Il provvedimento è stato emesso nell'ambito dell’indagine denominata “Yanez” condotta dai Ros dei Carabinieri di Modena, tra il 2006 e il 2009, nei confronti di un sodalizio criminale appartenente al clan dei casalesi e facente capo ai già latitanti Giuseppe Caterino prima e Raffaele Diana dopo. Nell'inchiesta erano stati documentati reati di estrema gravità commessi in provincia di Modena dall’organizzazione. Circa 80 sono gli indagati e 44 sono le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di altrettanti affiliati. Numerosi sono i beni che sono stati sequestrati. I destinatari dei provvedimenti restrittivi, tutti originari dell’Agro Aversano, avevano di fatto costituito (come documentato dalle numerose sentenze a loro carico) a Modena e nelle province limitrofe, una ramificazione dell’organizzazione. Il controllo del territorio faceva capo a due gruppi, il primo capitanato da Caterino e il secondo da Diana, i quali a loro volta si rapportavano con la famiglia egemone del clan Schiavone, dedita al controllo degli appalti nel settore edile e commerciale, al controllo del gioco d’azzardo all’interno di bische clandestine, estorsioni, atti intimidatori. Il ruolo di Guarino, in posizione subordinata rispetto ai vertici dell’organizzazione, era principalmente quello di accompagnare a Modena personaggi di spicco inviati dai capi dell’organizzazione, nonché quello di mantenere i contatti per accordi e appuntamenti sia con i referenti delle bische clandestine che con gli altri affiliati che si occupavano delle estorsioni a imprenditori e artigiani.
- Giugno 2013, operazione "Rischiatutto", i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Caserta, assieme alla Guardia di Finanza e alla Polizia di Stato, hanno eseguito 57 ordinanze di custodia cautelare emesse, su richiesta della Procura di Napoli, contro il clan di camorra dei casalesi. I 57 arrestati sono accusati, a vario titolo, di partecipazione e concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all'esercizio abusivo dell'attività di gioco e scommesse, illecita concorrenza con violenza e minacce, truffa aggravata ai danni dello Stato, frode informatica, riciclaccio e reimpiego, intestazione fittizia di beni, estorsione e altri delitti aggravati dalle finalità mafiose. Sono stati sequestrati beni mobili e immobili per oltrre 100 di milioni di euro. Gli arresti, sequestri e perquisizioni sono stati eseguiti nelle province di Caserta, Napoli, Frosinone, Modena, Reggio Emilia e Catania. In Emilia sono state arrestate quattro persone, tra i quali un sorvegliato speciale di Casal di Principe. Nell'ordinanza sono almeno 33 i modenesi (nati o residenti in provincia) citati dai magistrati come indagati e fiancheggiatori dell'organizzazione: persone pulite, che depositavano ingenti somme sui propri conti correnti ripulendo così i proventi delle attività illecite del boss Nicola Schiavone. Secondo gli inquirenti, sono cinque i circoli in provincia di Modena che si collegavano a siti internet per il gioco d'azzardo e scommesso on line controllati dal clan dei casalesi. L'indagine è il prosieguo della prime due inchieste denominate "Normandia 1" e "Normandia 2", tese a smantellare il clan Schiavone, egemone all'interno della federazione casalese. Nel luglio 2010 la seconda operazione coinvolse 73 persone, 16 delle quali finirono in carcere, tra camorristi di spicco, come Nicola Schiavone figlio di sandokan e l'ex primula rossa Antonio Iovine " 'o Ninno", imprenditori, politici e pubblici funzionari.
- Luglio 2013, i Carabinieri hanno arrestato una donna per tentata estorsione commessa nei confronti della figlia di un pregiudicato che vive a Pavullo, arrestato quattro anni fa per reati di stampo camorristico (clan dei casalesi).
- Agosto 2013, sono stati segnalati per ricettazione una donna e un uomo (di origine campana e ritenuto dagli inquirenti affiliato alla camorra) residenti a San Felice sul Panaro (MO). I due, già arrestati qualche mese prima perché trovati in possesso di una pistola calibro 38, risultata rubata a Napoli, 150 grammi di cocaina, sette di eroina, sono stati individuati dalla Polizia di Stata perché hanno inviato un carico di sigarette, provento di furto, nella casa della donna sita nel quartiere Scampia di Napoli.
- Settembre 2013, la Squadra Mobile di Modena ha arrestato Antonio Corvino, 32 anni di San Cipriano d'Aversa, ritenuto elemento emergente del clan camorristico dei casalesi. L'uomo, soprannominato "O malese", si era allontanato dalla sua abitazione, dove era agli arresti domiciliari, dandosi alla latitanza. Antonio Corvino era stato arrestato nell'ambito dell'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna che, nell'aprile del 2012, che aveva portato all'emissione di 8 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone di origine campana, da tempo residenti nella provincia di Modena, nei confronti delle quali furono contestati i reati di estorsione e rapina aggravata dal metodo mafioso. Almeno cinque gli imprenditori del settore edile della provincia le vittime del gruppo criminale. Alcuni di questi sono stati malmenati e minacciati con una pistola. Corvino è stato rintracciato in un appartamento di Modena in compagnia di due donne, originarie del casertano, che sono state denunciate per favoreggiamento personale.
- Ottobre 2013, la Polizia di Stato di Modena e Reggio Emilia ha arrestato cinque persone (cosiddetta banda dei rolex) per associazione per delinquere finalizzata alle rapine. I malviventi, provenienti dal napoletano, avevano la base logistica in due appartamenti a Reggio.
- Novembre 2013, operazione “Curacao”, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Roma, ha sequestrato beni per 15 milioni di euro, tra i quali una sala giochi a Roma, inaugurata meno di un anno fa, un gruppo societario che gestiva circa 800 new slot in tutt’Italia, più di 100 conti correnti e depositi bancari. I beni sequestrati sono riconducibili all’imprenditore dell’azzardo Luigi Tancredi, già finito in altre tre inchieste (“Black monkey”, “Rischiatutto” e “Game over”), tra il 2012 e il 2013, sugli affari della ’ndrangheta e del clan camorrista dei casalesi su slot e scommesse. L'accordo era stato stipulato tra Nicola Femia detto "Rocco", della cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica (Rc) e Nicola Schiavone, il figlio maggiore di Francesco "sandokan", indiscusso capo dei casalesi, entrambi con interessi nel gioco anche in Emilia Romagna (Modena e Reggio Emilia).
Criminalità
organizzata siciliana
- Ottobre 2013, i Carabinieri di Tivoli hanno arrestato un pregiudicato siciliano accusato di essere uno dei tre malviventi che hanno messo a segno una rapina in una banca di Soliera, in provincia di Modena. L'uomo è stato bloccato, mentre tentava la fuga, al casello autostradale Roma Est.
- Novembre 2013, i Carabinieri di Carpi (MO) hanno arrestato un pregiudicato origine siciliana per spendita di banconote false. L'uomo aveva cercato di fare acquisti in una panetteria e in un bar con pezzi da 20 euro falsi. Il titolare del panificio si è accorto che i soldi non erano veri e ha chiamato il 112. La pattuglia del Radiomobile, poco dopo, ha bloccato la persona, trovata in possesso di altri 200 euro in banconote da 50 e 20 euro tutte false.
Criminalità
organizzata straniera
- Settembre 2013, operazione “Csum csum”, la Polizia di Stato di Modena ha eseguito due mandati di arresto europeo nei confronti di due latitanti dal 2011 per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Nel luglio 2011, la Squadra Mobile della Questura di Modena aveva iniziato un’indagine a carico di cittadini di nazionalità ungherese, tra cui alcune donne, dediti alle attività illecite nella provincia di Modena e in altri centri dell’Emilia Romagna. Alla conclusione delle indagini, furono arrestate13 persone e nei confronti di altre 3 fu emessa la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Modena. Altri 3 fermi furono poi convalidati, a carico di altri cittadini ungheresi, collegati al gruppo criminale.
Abusivismo
- Ottobre 2013, la Forestale ha sequestrato preventivamente il cantiere della nuova scuola materna e dell'asilo nido di Riccò, frazione del comune di Serramazzoni (MO). Il sequestro giunge a seguito di complesse indagini condotte dal Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale di Modena del Corpo Forestale dello Stato, in collaborazione con la Sezione di Polizia Giudiziaria, in riferimento a reati di abuso d'ufficio ed abusivismo edilizio. Oltre al sequestro penale del cantiere e dell'area circostante, sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria il committente e il direttore dei lavori. Denunciati inoltre un ex-responsabile dell'Ufficio Tecnico e un ex-amministratore del Comune di Serramazzoni (MO), questi ultimi già coinvolti in altre vicende giudiziarie legate all'esercizio delle loro funzioni.
Stupefacenti
- Settembre 2013, i Carabinieri hanno sequestrato un chilo e 200 grammi di eroina e due pistole con munizioni dopo un controllo in un casolare al confine tra i comuni di Nonantola e Bomporto, nel Modenese. La droga e le armi erano nascosti in uno stabile disabitato. Il valore dello stupefacente sequestrato si aggira intorno ai 20.000 euro. La armi da fuoco sono invece una pistola semiautomatica calibro 7,65 e un revolver calibro 38 special, entrambe di fabbricazione straniera e con i relativi colpi inseriti nel caricatore. Nessuna delle due pistole è risultata provento di furto, poiché probabilmente proveniente dall'estero attraverso canali clandestini.
Compro
oro
- Luglio 2013, la Guardia di Finanza di Modena ha eseguito tre arresti e ha denunciato 17 persone per associazione per delinquere finalizzata alla truffa, ricettazione, riciclaggio, frode fiscale e commercio abusivo di oro. L'indagine coinvolge una catena di compro oro, con sede legale a Ostiglia, con filiali in molte regioni del centro-nord (Toscana, Emilia, Liguria, Trentino, Veneto). I titolari sono accusati di avere comprato bracciali e catenine sapendo che provenivano da furti e rapine, di aver truffato alcuni clienti falsando il peso dell’oro e frodato il fisco, non dichiarando buona parte del giro d’affari. Il tutto avveniva spesso senza registrare l’oro comprato. I proventi illeciti venivano investiti nell'acquisto di immobili in Costa Rica e beni di lusso come orologi Rolex, autovetture (Hummer e Bentley) e una villa con piscina sul Garda. I beni sono stati sottoposti a sequestro, assieme a 41 conti correnti bancari.
VIII.5.
Provincia di Parma
E'
rilevante la presenza di 'ndrine nel territorio della provicia. Ciò
è stato favorito anche dalla vicinanza della bassa Lombardia, dove
la ‘ndrangheta è molto forte. Sono operative a Parma dirette
articolazioni di alcune delle cosche più pericolose, quali: Grande
Aracri, Arena,
Martino,
Ariola,
Barbaro,
Nirta –Strangio,
Bellocco
e Gallo.
Sono molto presenti anche elementi di spicco della camorra, tra i
quali il clan dei Sarno
del quartiere di Ponticelli di Napoli, e dei Di
Lauro
(nel mese di febbraio 2012 è stato arrestato a Salsomaggiore Terme
il superlatitante
camorrista,
Antonio Petrozzi, inserito nell'elenco dei 100 ricercati piu
pericolosi). E' stata rilevata, altresì, la presenza di soggetti
vicini alla
famiglia Panepinto
di Bivona (AG), ritenuta collegata a cosa
nostra.
La
provincia è stata colpita anche da gravi episodi di corruzione,
elemento questo che, inevitabilmente, favorisce le infiltrazioni
mafiose nell’economia legale. Per
quanto riguarda tali problematiche,
non si può fare a meno di mettere in evidenza il fatto che la
Prefettura ha emesso circa 20 provvedimenti
interdittivi antimafia nei confronti di imprese operanti nel
territorio della provincia di Parma. Questo è avvenuto solo negli
ultimi anni, dal 2010 in poi.
Da
segnalare la proposta dell'attivazione di un centro di formazione per
il personale della pubblica amministrazione, per insegnare ai
dipendenti come combattere le mafie, che dovrebbe essere realizzato
dal Comune di Parma, con il supporto di Libera e della Fondazione
Caponnetto.
I
beni confiscati nella provincia di Parma:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Destinati non consegnati | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Totale* |
---|---|---|---|---|---|---|
LANGHIRANO |
0
|
0
|
0
|
0
|
4
|
|
SALSOMAGGIORE TERME |
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
Criminalità
organizzata campana
- Ottobre 2012, i Carabinieri hanno stroncato un giro di usura a Parma. Nell'ottobre 2010, un esponente di spicco della camorra, Raffaele Guarino, originario di Somma Vesuviana, capo del clan Guarino-Celeste del quartiere Barra di Napoli, era stato ucciso, nella propria abitazione di Medesano (PR), dove si trovava in libertà vigilata. Guarino aveva avuto contrasti con il clan Aprea del quartiere napoletano di Barra e nel 2005 era sopravvissuto ad un altro tentativo di omicidio. Quando il camorrista venne ucciso, gli usurati parmensi pensarono che tutto fosse finito. L'incubo invece non era concluso. I parenti del boss assassinato sono tornati in città per riscuotere i crediti di usura lasciati in sospeso. Il gruppo criminale aveva come attività di copertura la vendita di mozzarelle di bufala. Nel corso dell'operazione sono state arrestate sei persone.
- Novembre 2012, la Dia ha effettuato un sequestro per un valore complessivo di un milione di euro a Parma, Monza, in Brianza, Spezia, Roma, Napoli, Caserta e Benevento. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE) nei confronti di presunti affiliati al clan camorristico dei casalesi (fazione Bidognetti). Nel pieno centro di Parma è stata sequestrata una società immobiliare. I provvedimenti riguardano una persona che ha rapporti di parentela con la famiglia Bidognetti.
- Febbraio 2013, il Gico della Guardia di Finanza ha sequestrato un patrimonio di 18 milioni tra immobili, quote societarie e altri beni. Il provvedimento è stato eseguito nei confronti di una persona, nativa di Casal di Principe (CE), ritenuta uno dei tesorieri al nord del clan della camorra dei casalesi. L'uomo viveva da tempo a Modena dove, fino dagli anni novanta, ha gestito un night club che veniva utilizzato per incontri e riunioni dagli affiliati al clan. Sono stati posti i sigilli a 48 tra palazzi e appartamenti nelle province di Parma e Modena (compreso un caseificio), partecipazioni in tre società di capitali, un terreno, quattro macchine, e due rapporti assicurativi.
- Maggio 2013, ignoti hanno tentato di incendiare lo studio di due avvocati. Un precedente "avvertimento" sarebbe avvenuto nel mese di ottobre 2012, quando nel giardino dello studio legale sarebbe stata trovata una molotov. I due legali erano stati arrestati un anno fa nell’operazione "Venus", che aveva portato alla scoperta di un giro di prostituzione in 7 locali di Parma e numerosi arresti. Una vicenda di cui si è tornato a parlare di recente dopo che il 29 aprile a Rimini i Carabinieri hanno scoperto che la camorra (clan Licciardi di Secondigliano) gestiva alcuni night. Uno degli arrestati della riviera romagnola era stato coinvolto anche nell’inchiesta di Parma (vedasi operazione "Mirror" di Rimini).
- Giugno 2013, operazione dei Carabinieri del Ros di Napoli nei confronti del clan dei casalesi, eseguita in Campania ed Emilia Romagna (Parma, Modena e Reggio Emilia). Decine sono gli indagati e 57 gli arrestati. Uno di questi è stato eseguito a Colorno (PR). L’inchiesta ha portato alla luce una rete di fiancheggiatori che riciclavano i soldi del boss Schiavone, provenienti soprattutto da scommesse e giochi on-line. Il campano residente a Colorno, indagato per riciclaggio, avrebbe aiutato il clan a nascondere parte del denaro in due modi.
- Ottobre 2013, la Polizia Stradale ha arrestato Michele D'Alessandro, 35 anni di Castellammare di Stabia, capo dell'omonimo clan camorristico. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dalla Corte d'Appello di Bologna, per estorsione e usura continuata con metodo mafioso. D'Alessandro aveva usurato un locale di Salsomaggiore, con minacce e metodi intimidatori tipici della camorra campana. Nel 2005 era avvenuto il primo arresto, effettuato dai Carabinieri di Castellammare e di Salsomaggiore. La denuncia fu presentata nel luglio del 2005 da un imprenditore di Salsomaggiore, che aveva deciso di aprire una pizzeria. L'uomo aveva ricevuto soldi in prestito ma, pian piano, gli usurai hanno iniziato a fare richieste sempre più pressanti e ad applicare interessi sempre più alti. Dopo mesi di indagini i Carabinieri avevano arrestato cinque persone. L'accusa per tutti era di estorsione, usura aggravata dall'uso delle armi e dal metodo mafioso.
Criminalità
organizzata calabrese
- Giugno 2013, i Carabinieri hanno eseguito in tutta Italia 28 ordinanze di custodia cautelare nei confronti della cosca di Acri-Morfò Rossano (CS). Uno degli arresti è stato seguito a Parma. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, ricettazione, estorsione, traffico di sostanze stupfacenti, rapina e trasferimento fraudolento di valori. Il boss della 'ndrina, Nicola Acri, che era stato arrestato a Bologna nel 2010, è detenuto a Parma. I Ros hanno sequestrato beni per 40 milioni di euro, tra cui 17 società (in particolari attività commerciali con le quali veniva riciclato il denaro), 25 immobili, tra terreni ed appartamenti, 45 automobili e sette polizze assicurative. Sequestrati anche conti correnti bancari e denaro contante.
Criminalità
organizzata siciliana
- Settembre 2012, la Polizia di Stato di Trapani ha eseguito un sequestro di 25 milioni di euro nei confronti di un imprenditore edile di Erice. Gli investigatori ipotizzano che il patrimonio appartenga al superlatitante di cosa nostra, Matteo Messina Denaro. L'imprenditore era titolare di una vera e propria holding di imprese, con interessi in tutti settori, dall'edilizia privata a quella pubblica, porti, aeroporti, autostrade, reti idriche e fognarie, alberghi e residence. Complessivamente, negli ultimi dieci anni le imprese di riferimento si sarebbero aggiudicate appalti per più di 50 milioni di euro. Tra gli appalti ricostruiti dalla polizia, quello Anas per le barriere di sicurezza della tangenziale di Parma.
- Dicembre 2012, la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 8 persone per usura. Una di queste – G.C., nato a Villafranca Tirrenica (ME) - è stata arrestata a Parma. L'indagine è partita in seguito alle denunce effettuate da un direttore di banca, che era stato minacciato per tenere nascosti alcuni giri di denaro di entità rilevanti, su dei conti correnti aperti nella sua filiale. Tra i soggetti indagati, due risultano essere condannati per associazione mafiosa ed essere inseriti, uno nei clan Ventura -Vadalà, operante nel rione Camaro, e l'altro nella cosca Barcellonese.
- Settembre 2013, i Carabinieri di Parma hanno arrestato il latitante messinese Vincenzo Crascì, che per anni ha operato in affari (negozi ortofrutta, bar) a Parma. L'uomo doveva scontare una condanna a 21 anni di reclusione, confermata in Cassazione nel 2011. I militari lo hanno catturato seguendo i familiari, tra cui la moglie moldava e la figlia. I Carabinieri hanno avviato un’indagine che ha portato a individuare il covo del latitante nello stato del Baden Wurttemberg, a Singen, sul lago di Costanza. Il messinese Vincenzo Crascì era arrivato a Parma nel 2000, quando era già un sorvegliato speciale in quanto imputato nel processo "Mare nostrum" contro appartenenti alle famiglie mafiose a Barcellona Pozzo di Gotto (cosa nostra), per reati in materia di mafia, estorsioni e omicidi.
Incendi
dolosi
- Novembre 2012, tre mezzi sono stati bruciati in una cava d’estrazione a Sissa (PR), nella bassa parmense, con un danno di circa 200mila euro.
- Settembre 2013, un autocarro è andato in fiamme durante la notte in un cantiere di via Buozzi a Parma.
- Agosto 2013, due ruspe sono state incendiate dentro un cantiere nella zona di Gainago, a San Polo di Torrile. Da una prima ricostruzione sembra che i mezzi siano andati a fuoco per cause dolose. Le due ruspe sono state distrutte, i danni per la ditta che stava effettuando lavori di scavo su un canale sono state messe quasi completamente fuori uso.
Rapine
- Settembre 2013, tre banditi, probabilmente italiani, armati di pistole hanno rapinato 150mila euro in una banca a Corcognano (PR).
Corruzione
- Giugno 2013, la Guardia di Finanza ha arrestato per corruzione 5 persone. Gli indagati, tra i quali dipendenti di Equitalia e dell'agenzia delle Entrate, avrebbero predisposto un sistema per evadere le tasse.
Furti
Gennaio
2014, tre
massesi e un cittadino di Orvieto sono stati arrestati nella
flagranza del furto aggravato di rame.
Con loro sono finite nei guai molte altre persone indagate per
tentato furto pluriaggravato e ricettazione in concorso. Avevano
rubato 420 rotaie ferroviarie della lunghezza di metri 5,40 e del
peso di kg 324 cadauna per
un totale di circa 136.080 chilogrammi. L’operazione
è degli investigatori dello scalo Marittimo di La Spezia e della
Squadra Mobile, che stavano monitorando un camion con rimorchio
condotto da un soggetto sospettato.
Gianluca
Salati e Andrea Belloni si sono dati alla fuga, ma sono stati
raggiunti e bloccati al termine di un inseguimento. Sequestrato
diverso materiale è stato scoperto che prima dell’arrivo della
polizia, i quattro camion avevano già effettuato un viaggio
asportando un ingente quantitativo di rotaie che avrebbero dovuto
essere trasportate in provincia di Brescia, per poi essere fuse in
una acciaieria ancora non individuata.
VIII.5.
Provincia di Piacenza
La
provincia di Piacenza è divenuta un importante crocevia per i
narcotrafficanti italiani e stranieri. Anche le problematiche
connesse allo sfruttamento della prostituzione, all'immigrazione
clandestina e alla riduzione in schiavitù, hanno assunto livelli
preoccupanti.
Di
rilievo è la presenza della criminalità organizzata e, in
particolar modo, di quella calabrese. Questa presenza subisce, anche
in questo caso,
l'influenza della vicinanza della bassa Lombardia, dove la
‘ndrangheta
è molto forte. Nella zona sono state acclarate le presenze delle
cosche Grande Aracri
di Cutro (KR),
Muto
e
Chirillo
di
Cetraro (CS) e Barbaro.
Dalla
relazione annuale della Dna pubblicata nel dicembre 2012, si legge:
<<In
tale area (da
Piacenza a Modena),
invece, può senz’altro affermarsi che esiste la ‘ndrangheta, ed
anzi una ‘ndrangheta che, in tale territorio, si ispira a dinamiche
comportamentali diverse rispetto a quelle ormai universalmente note
attraverso le indagini svoltesi nel recente passato sull’asse
Milano-Reggio Calabria sotto i nomi in codice “Infinito” e
“Crimine”>>.
Non
meno importanti sono le presenze di cosa
nostra,
in particolare della famiglia Galatolo,
operante nel quartiere Acquasanta
di Palermo, e del
clan
camorristico Fabbrocino,
attivo nella zona vesuviana di Nola (NA). Di rilievo l'arresto,
avvenuto nel 2010 nell'ambito dell'operazione contro i clan dei
casalesi
e Mallardo,
di un napoletano residente a Piacenza. L'uomo, chiamato negli
ambienti camorristici "O' maresciall', per i suoi trascorsi
nei Carabinieri, è considerato dagli inquirenti
l'armiere dell'organizzazione criminale.
Con
questa operazione
è stato appurato che i
due clan camorristici erano alleati con le famiglie
mafiose
dei Santapaola-Ercolano,
al fine di ottenere il monopolio del mercato ortofrutticolo e del
trasporto collegato a questo settore, attraverso estorsioni e metodi
coercitivi. Come detto in precedenza, anche in questo caso è stato
rilevato un patto federativo tra cosa
nostra,
camorra
e 'ndrangheta.
Nell'insieme,
la sfera di operatività criminosa di questi sodalizi è
principalmente orientata in attività estorsive e usurarie in danno
di imprese. La sottomissione al ricatto da parte della criminalità
organizzata, in molti casi, induce le vittime a effettuare false
fatturazioni con il fine di realizzare illeciti introiti, creando
operazioni commerciali inesistenti. Tutto ciò provoca,
inevitabilmente, un vincolo di complicità con i criminali.
Anche
nel caso di Piacenza le mafie sono molto attive nell’edilizia,
pubblica e privata, e nelle acquisizioni immobiliari e commerciali.
Da
segnalare il percoso sulla legalità fatto insieme dalla Fondazione
Caponnetto e l'amministrazione provinciale di Piacenza.
I
beni confiscati nella provincia di Piacenza:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Totale* |
---|---|---|---|---|---|
CORTEMAGGIORE |
0
|
0
|
0
|
5
|
|
PIACENZA |
0
|
0
|
0
|
1
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Criminalità straniera
- Aprile 2013, i Carabinieri di Piacenza hanno eseguito numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere, sgominando un radicato traffico di stupefacenti e di sfruttamento della prostituzione. In manette anche alcuni agenti della Questura di Piacenza. Arrestati anche pregiudicati piacentini e alcuni stranieri di nazionalità sudamericana.
- Settembre 2013, un uomo è stato ucciso con una pistola in strada a Piacenza nei pressi di un bar, alle porte del centro storico. Dopo pochi giorni la Polizia di Stato ha arrestato due fratelli albanesi di 28 e 30 anni ritenuti gli autori materiali dell'omicidio. I due sono stati bloccati all'aeroporto di Malpensa mentre stavano per salire su un aereo diretto in Albania.
- Novembre 2013, i Carabinieri del Nucleo investigativo di Piacenza hanno hanno smantellato un'organizzazione criminale, composta da cittadini italiani e stranieri, dedita alla spendita di banconote da 100 dollari statunitensi contraffatti. Sono state arrestate 19 persone per associazione per delinquere finalizzata all'introduzione nello Stato e spendita di banconote falsificate. L'organizzazione operava tra Africa, Spagna, Svizzera e Italia e utilizzava un procedimento di ''sbiancamento'' e ''riscrittura'' di cartamoneta originale ma con valore nominale inferiore. I Carabinieri hanno operato nelle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Milano, Como e Mantova.
Reati
fiscali
- Settembre 2013, operazione “Grey job" (lavoro grigio), la Guardia di Finanza ha individuato tre cooperative di facchinaggio che, attraverso una frode, hanno nascosto al fisco 17,7 milioni e hanno evaso l’Iva per 6,9 milioni di euro. E' stata trovata, inoltre, una posizione irregolare e il pagamento “in nero” per 695 soci lavoratori. Gli amministratori delle tre coop sono denunciati alla procura con le accuse di infedele e omessa dichiarazione dei redditi, emissione di fatture per operazioni inesistenti e mancato versamento delle imposte Irpef e Iva. Per i 695 soci il totale del “nero” è stato di quasi tre milioni di euro, con un mancato versamento Irpef di 1,2 milioni. Le fatture per operazioni fantasma ammontavano a oltre due milioni di euro.
VIII.7.
Provincia di Ravenna
La
provincia, così come è stato riportato nel Rapporto del 2012, è
stata interessata da operazioni di polizia di assoluto rilievo che
hanno visto il coinvolgimento di personaggi appartenenti alle cosche
calabresi
Muto,
Chirillo,
Nirta-Strangio
e
Masellis – Lentini.
Da
segnalare quanto emerge dalle indagini della Direzione Distrettuale
Antimafia di Napoli che indica le ramificazioni del clan
D'Alessandro
da Castellamare
di Stabia alla
Romagna e, in particolar modo a Ravenna,
Rimini
e Cattolica
(RN),
trasformate in piazze di spaccio. L'organizzazione criminale di
stampo camorristico, secondo i magistrati, oltre a gestire il mercato
degli stupefacenti utilizzando, in questo caso, il
porto di Ravenna, sarebbe impegnata anche a gestire altre attività
quali
night club, ristoranti, bar e negozi di abbigliamento, soprattutto
gli outlet e quelli di intimo, nei quali piazzarci come commesse
alcune delle ragazze fatte arrivare dall’estero e non inserite nei
locali notturni.
Nel
territorio della provincia di Ravenna sono state rilevate, altresì
presenze di organizzazioni criminali di origini catanesi
e pugliesi.
E’
molto presente in provincia il problema dei laboratori cinesi e del
conseguente utilizzo di manodopera in nero e dell’evasione fiscale.
Permangono
gravi i fenomeni legati alla prostituzione al narcotraffico e allo
spaccio di sostanze stupefacenti, che spesso vedono coinvolti gruppi
malavitosi stranieri.
I
beni confiscati nella provincia di Ravenna:
Comuni | In gestione | Destinati consegnati | Destinati non consegnati | Usciti dalla gestione | Non confiscati in via autonoma | Aziende in gestione | Aziende uscite dalla gestione | Totale* |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
CERVIA |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
|
FAENZA |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
2
|
|
RAVENNA |
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
0
|
5
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Marzo
2014, la Direzione Investigativa Antimafia di Catania, a seguito di
una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e
patrimoniale ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro beni
emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione,
nei confronti di MUSARRA
AMATO Daniele di anni
43 nativo di Castel di Iudica e domiciliato in Belpasso. Nello scorso
settembre MUSARRA AMATO Daniele è stato tratto in arresto,
unitamente ad altri 9 soggetti, nell’ambito della c.d. “Operazione
Tuppi” condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania
e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania.
L’inchiesta aveva consentito di mettere in luce l’esistenza di
un’articolata associazione dedita all’importazione di ingenti
quantitativi di sostanze stupefacenti a Catania. All’interno di
tale organizzazione criminale trovavano collocazione, in posizione
verticistica, NICOTRA
Gaetano, rientrato a
Misterbianco dopo un lungo periodo detentivo scontato in regime di
arresti domiciliari a Ravenna, fratello del più noto Mario detto ‘u
Tuppu. Nell’indagine emergeva inoltre la figura di MUSARRA AMATO
Daniele che, oltre a gestire in proprio attività illecite legate al
traffico di sostanze stupefacenti aveva il compito di reperire e
rivendere la droga per conto dei NICOTRA con i quali progettava
importazioni di ingenti quantitativi di cocaina da smerciare per lo
più sul mercato catanese A seguito di una articolata attività di
indagine patrimoniale tesa a verificare le modalità di acquisizione
del patrimonio riconducibile al MUSARRA AMATO Daniele, la Direzione
Investigativa Antimafia ha avanzato una proposta di misura di
prevenzione personale e patrimoniale che il Tribunale di Catania -
Sezione Misure di Prevenzione - ha recepito emettendo, ai sensi della
normativa antimafia, il relativo provvedimento di sequestro. Sul
versante patrimoniale è stata accertata l’assenza, in capo al
prevenuto ed ai familiari e conviventi, di risorse lecite idonee a
giustificare gli investimenti posti in essere, nel contempo, una
cospicua e generalizzata sproporzione tra i redditi dichiarati ed il
patrimonio posseduto. Con il provvedimento adottato a carico del
MUSARRA AMATO è stato disposto il sequestro del patrimonio
riconducibile allo stesso, al momento stimato in circa 300.000,00
euro, tra cui figurano, in particolare, due aziende operanti nel
settore della commercializzazione di autoveicoli, un immobile e conti
correnti e disponibilità bancarie.
Criminalità
organizzata calabrese
- Ottobre 2012, la Squadra Mobile di Reggio Calabria ha arrestato Salvatore Giorgi, latitante da 2 anni. L'uomo si nascondeva in provincia di Ravenna. Era sfuggito alla cattura dell'operazione "Imelda" condotta dal Goa di Catanzaro e che aveva disarticolato nel 2010 i gangli “operativi” e “organizzativi” una pericolosa holding criminale di livello internazionale. Un’alleanza strategica tra le cosche della 'ndrangheta della Locride (Nirta-Strangio) e quelle della Piana di Gioia Tauro (Ascone e Bellocco) le quali, rinsaldando latenti amicizie tra vecchi capi ‘ndrina, si sono tra loro coalizzate per assicurarsi, da un lato, l’apertura di nuovi canali per l’importazione, lo stoccaggio e lo smercio della cocaina proveniente dal Sud America, dall’altro la creazione, soprattutto in territorio estero, di basi operative e logistiche per la copertura di soggetti latitanti appartenenti alle medesime cosche. In questo quadro, gli uomini del Goa di Catanzaro, coordinati dai magistrati della Dda di Reggio Calabria, avevano sviluppato la loro indagine seguendo contestualmente un duplice binario investigativo: il primo, finalizzato alla neutralizzazione del traffico internazionale di droga gestito dall’organizzazione; il secondo, rivolto all’individuazione e alla cattura di importanti esponenti del sodalizio che, sebbene in stato di latitanza, continuavano a porre in essere i loro affari illeciti. Giorgi era riuscito a sfuggire alla cattura e aveva fatto perdere le sue tracce per anni. Gli uomini della Squadra Mobile reggina lo hanno scovato in provincia di Ravenna dove sembra continuava a interessarsi di attività illecite.
- Gennaio 2013, operazione "Black money", la Guardia di Finanza di Bologna ha sequestrato 1.500 slot machine truccate su tutto il territorio nazionale. Le Fiamme gialle hanno eseguito 29 ordinanze di custodia cautelare, oltre 150 perquisizioni (anche a Parma e Modena), nei confronti di un’organizzazione che secondo le indagini gestiva in tutta Italia i settori del gioco on line e delle videoslot manomesse. A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c'era Nicola Femia, di Marina di Gioiosa Jonica, boss della 'ndrangheta con base a Ravenna. I finanzieri hanno anche sequestrato beni per oltre 90 milioni di euro. Sono state perquisite numerose sale da gioco dove erano state piazzate le videoslot manomesse o dove era possibile collegarsi con i siti di gioco on line illegali. L'organizzazione, secondo quanto accertato dai finanzieri, aveva la base operativa in Emilia-Romagna e ramificazioni non solo in Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) ma anche in Romania e in Gran Bretagna. Negli apparecchi era stata installata una scheda modificata che avrebbe nascosto i reali volumi di gioco, portando quindi a una maxi evasione sulle tasse da pagare allo Stato. I rapporti di affari di Femia erano soprattutto con la 'ndrina di riferimento i Mazzaferro, di Marina di Gioiosa Ionica e con forti interessi nel settore dei giochi, per poi passare agli Alvaro, alla 'ndrina Valle-Lampada e anche con i casalesi. Nel corso dell'inchiesta della Guardia di Finanza è stata intercettata una telefonata nella quale il presunto capo della banda, Nicola Femia, si lamenta con un imprenditore degli articoli sulla Gazzetta di Modena del giornalista Giovanni Tizian. "O la smette o gli sparo in bocca" dice a un certo punto l'uomo. Una minaccia che ha portato le forze dell'ordine a mettere sotto protezione Tizian.
- Novembre 2013, la Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per un valore di 325 milioni di euro nei confronti di imprenditore - nativo di Villa San Giovanni, ma domiciliato a Gioia Tauro (RC) - del settore oleario, con proiezioni di rilievo sia nel comparto alberghiero sia in quello della ristorazione, già tratto in arresto nel 2010 per i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata e altro. La vasta operazione colpisce un ingente patrimonio, dislocato tra Calabria, Abruzzo ed Emilia Romagna. Sono state sequestrate le quote sociali di 23 aziende, tra le quali una con sede a Ravenna.
Criminalità
organizzata pugliese
Giugno
2013, operazione
“Baccus”, la Squadra Mobile di Foggia e lo Scico della Guardia di
Finanza di Foggia e Bari hanno arrestato 24 presunti esponenti della
mafia
foggiana.
L’accusa è quella di associazione
per delinquere finalizzata all'usura e all'estorsione con
l'aggravante del metodo mafioso,
truffa ai danni dell'Unione Europea e illecito amministrativo. Gli
inquirenti hanno disposto il sequestro di beni mobili e immobili a
un'importante azienda vitivinicola in provincia di Ravenna. Altri
sequestri sono stati compiuti anche nel foggiano e nel nord Italia,
per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. L'operazione
Baccus si collega alla successiva operazione "Corona" del
luglio 2013, della Dda e dei Ros di Bari, nel corso della quale sono
state emesse misure cautelari nei confronti di famiglie
malavitose ai
vertici delle “batterie”
del sodalizio
mafioso chiamato
società foggiana,
attivo
a Foggia e in Provincia. La società
foggiana,
secondo gli inquirenti, ha dimostrato negli ultimi anni di aver
assunto un ruolo importante anche sul panorama criminale nazionale,
con la sua capacità di saper associare a un controllo del territorio
di tipo militare una vocazione affaristico imprenditoriale.
L'inchiesta ha evidenziato, inoltre, il crescente ruolo assunto dalla
“società” all'interno delle altre mafie come la camorra,
oltre alla sua capacità pervasiva e di infiltrazione all'interno del
mercato internazionale di stupefacenti. Clan
mafiosi
riconducibili in primis alle famiglie dei Francavilla,
dei Trisciuoglio,
dei Tolonese
hanno
dimostrato di godere di buone credenziali in relazione ai rapporti
con un narcotrafficante siciliano. Forte si è dimostrato il
sodalizio tra i gruppi malavitosi dominanti il capoluogo dauno, con
la mafia
garganca.
La società,
secondo gli investigatori, è una delle più agguerrite mafie. Si
tratta di una mafia nuova, e pericolosa perchè riesce a coniugare
tradizione e modernità. Fattori questi che le hanno consentito di
diventare forte soprattutto dal punto di vista industriale. Una
mafia con una struttura organizzativa mutata dopo che i capi della
first
generation
sono stati decapitati, che oggi è in grado di fare alleanze alla
pari, senza ricorrere come in passato a una colonizzazione del
territorio, passando dalla gestione affaristica evidenziata
nell'operazione
Baccus,
fino ad arrivare alla gestione monopolistica di società di rifiuti
riproducendo il modello Napoli.
- Novembre 2013, operazione "Game over", i Carabinieri, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno eseguito 46 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di appartenenti alla sacra corona unita. I provvedimenti sono stati emessi per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Una persona, originaria di San Pietro Vernotico (BR), è stata arrestata nella provincia di Ravenna, a Lido di Savio, dove soggiornava da alcune settimane.
Prostituzione
- Novembre 2013, la Polizia di Stato ha sequestrato alcuni appartamenti a Faenza, dove prostitute e trans esercitavano il loro mestiere. Le abitazioni sono intestate a un commerciante, ritenuto dagli inquirenti, referente di cittadini stranieri, anche clandestini, e di parte di ciò che ruota intorno al mercato della prostituzione.
- Febbraio 2014, una romena di 34 anni residente a Russi è stata arrestata con l'accusa di favoreggiamento e sfruttamento aggravati della prostituzione. Secondo le indagini della Squadra Mobile la donna gestiva da tempo un giro di giovani prostitute connazionali sulla statale Adriatica tra Fosso Ghiaia e Savio. La 34enne era già stata coinvolta in indagini precedenti nell'ambito dell'operazione 'Adriatica' relativa a un traffico di prostituzione, che si era conclusa con 36 tra fermi e arresti relativi a presunti appartenenti a gruppi di sfruttatori. La romena arrestata si trova ora nel carcere di Forlì.
Rapina
e lesioni aggravate
Febbraio
2014, un commerciante
cinese
viene
ferito
alla testa alle porte della città, dove un furto è sfociato in una
brutale aggressione davanti ai clienti di un piccolo centro
commerciale gestito da cinesi. Secondo quanto emerge dalle
testimonianze raccolte, due giovani stranieri originari della Nigeria
si sarebbero impossessati di alcuni articoli nascondendoli nei
vestiti, per poi passare dalle casse senza pagare. Il tentativo di
fermare i due ladri è sfociato in una violenta lite durante la quale
uno dei due ragazzi di colore ha impugnato
una catena d'acciaio che
ha usato per colpire al capo uno dei cinesi. Alcuni colleghi
dell'orientale sono riusciti a bloccare i due sino all'arrivo dei
carabinieri. Per loro potrebbe prefigurarsi il reato di rapina
impropria e di lesioni aggravate.
Stupefacenti
Gennaio
20014, quattro arresti da parte della Squadra mobile di Livorno con
la collaborazione di quelle di Ravenna, Latina e Roma in
un’operazione antidroga che ha portato alla luce un traffico di
stupefacenti tra la Spagna e l'Italia a conclusione di un’indagine
iniziata a metà del 2013. Tre persone sono finite in carcere e una
ai domiciliari. Gli arrestati, due di Livorno, uno di Aprilia
(Latina) e uno di Ravenna, sono accusati di importazione, detenzione
e spaccio di hashish e marijuana. Sequestrati 61 chili di hashish e
11 di marijuana. Importanti quantità di droga venivano importate via
terra dalla Spagna - tra i 50 e i 100 chili di hashish e
altrettanti di marijuana a carico - per poi esere smerciati a Livorno
e Ravenna.
VIII.7.
Provincia di Reggio Emilia
Il
pericolo infiltrazioni a
Reggio
Emilia e in provincia è sempre alto. Il numero delle imprese che
sono state colpite da provvedimenti interdittivi antimafia è assai
rilevante.
Al
riguardo, non si può fare a meno di fare un breve cenno alla cena di
Villa Cadè del 21 marzo 2012, alla quale parteciparono due politici
reggiani e alcuni imprenditori considerati vicini ad ambienti
mafiosi. A dare conto della vicenda è stato l'ex presidente della
Commissione antimafia Beppe Pisanu, il quale - in occasione della
conferenza stampa, a margine della riunione della Commissione che si
tenne a Bologna - dichiarò: «Una
cena nella quale si sono incontrati pubblici amministratori e
personaggi dalla dubbia caratura civile e morale, architettata
probabilmente per cercare una contaminazione con la politica da parte
del crimine organizzato ».
Oramai
è più che nota la storica presenza della 'ndrina
cutrese Grande
Aracri
che ha assunto l'egemonia nel territorio. Sono presenti, altresì,
soggetti riconducibili alle ‘ndrine dei Barbaro,
Strangio
e Nirta
di San Luca (RC), dei Bellocco
di Rosarno, Gallo
di Gioia Tauro (RC), dei Muto
di Cetraro, degli Arena,
dei Dragone,
dei Nicoscia,
di Isola Capo Rizzuto, dei Martino
di Cutro. Presente
anche la cosca crotonese Vrenna-Bonaventura,
alleata della 'ndrina Grande
Aracri
(dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura). E'
rilevante anche il rapporto in affari, più che decennale, che si è
creato tra 'ndrangheta
e cosa
nostra (vedasi
anche indagine
denominata “Caronte”,
svolta dalla Compagnia Carabinieri di Cefalù, menzionata nel
Rapporto del 2012).
Per
quanto riguarda la camorra, è molto attivo nella zona il clan dei
casalesi,
ed è presente anche il clan
Belforte
di Marcianise (Caserta).
Da
non sottovalutare il
fenomeno degli incendi
dolosi che si sono verificati anche nei cantieri nel Reggiano.
Gennaio
2014, significativa dichiarazione del sostituto procuratore della
Direzione nazionale antimafia che indica Reggio (insieme a Parma,
Modena e Piacenza) come una zona in cui “è insediata la
’ndrangheta,
in particolare quella proveniente dalla zona di Cutro, provincia di
Crotone, area da cui vi è stata la più massiccia emigrazione dalla
Calabria verso l’Emilia-Romagna”. Per Pennisi la cosca di Cutro -
nel caso di Reggio - ha autorizzato una sua rappresentanza operativa
nella provincia: “i proventi vanno a finire a Cutro. Si possono
comprendere le utilizzazioni dei proventi delle attività criminali
svolte al Nord attraverso ciò che si vede sorgere nel Crotonese: può
trattarsi di porti, attività relative alla produzione dell’energia;
possono essere tante e possono ripartire per il Nord sotto altra
veste e forma». Si danno per assodati i meccanismi della
“delocalizzazione” nel Reggiano (e più in generale in Emilia), a
cui consegue una nuova definizione del fenomeno mafioso, un’altra
’ndrangheta:
“con questa espressione s’intende un gruppo di soggetti criminali
(a volte affiliati, a volte nemmeno affiliati) che risultano godere
di un largo margine di autonomia dalla locale madre di Cutro, ma sono
obbligati nei suoi confronti per la rendicontazione dei risultati
economici delle proprie imprese illegali impiantate in loco, tramite
la corresponsione in quota maggioritaria di quanto incassato nel
corso del medio e del lungo periodo”. E qui s’innescano, anche in
chiave reggiana, i ragionamenti del pm antimafia. che prima descrive
la ’ndrangheta come «il più grande finanziatore dei calabresi che
si trovano fuori, ma talvolta anche di imprese importanti, di qualità
(…) aziende anche di grosse dimensioni, aziende moderne e
innovative” che hanno “al loro interno i capitali della
’ndrangheta”. Sulla penetrazione dei capitali mafiosi
nell’economia del Nord-Italia, Pennisi ha da tempo idee chiare: «Ci
sono degli imprenditori che sono felici di perdere il controllo della
loro azienda - ha rimarcato - pur di consentirne la continuazione.
Questo è tipico della mentalità di quel territorio che delle
imprese che si basano spesso sul rapporto personale che s’instaura
fra il datore di lavoro e le maestranze. Tanti si assoggettano
all’imposizione mafiosa allo scopo di consentirne quella continuità
dell’impresa che serve a garantire il mantenimento del posto di
lavoro di dipendenti che si conoscono da decenni e che tante volte si
tramandano di generazione in generazione. Questo è il pericolo più
grosso. Questi soggetti sono in condizione di intervenire per il
grandissimo quantitativo di denaro di cui dispongono a tutti i
livelli dal punto di vista finanziario. E’ chiaro che così
riciclano». Il magistrato mette anche in guardia dalla cosiddetta
antimafia di facciata («che spesso non è altro che propaganda della
mafia stessa»), rimarcando come «la battaglia contro la criminalità
organizzata si vince nelle scuole».
Marzo
2014, il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello dei
carabinieri Paolo Zito, e la Dna sottolineano che in Emilia le
formazioni criminali "sembrano ridursi alla ‘ndrina
di Cutro facente capo al noto Grande Aracri Nicolino, e spiccano
nell’universo ‘ndranghetista per la loro rivendicata autonomia
rispetto alla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria” , e
che nel territorio settentrionale in cui è espansa esa ha attuato il
sistema della colonizzazione”. Così delocalizzate, si ricorda, le
cosche sono anche capaci, tra l’altro, di interagire con altre
strutture criminali di provenienza geografica diversa. Proiettando
«il crimine organizzato in Emilia verso una dimensione in cui sembra
maturare il fenomeno che può definirsi “della interscambiabilità
delle metodologie comportamentali mafiose”». Si arrivan a dire che
tra ’ndrangheta e camorra - nello specifico i Casalesi - si è
instaurata «una sinergia operativa che rende inevitabilmente più
insidiosa la presenza criminale». Tutto questo sollecitato
inevitabilmente da un fatto contingente come il terremoto del maggio
del 2012. Che, registra la Dna, ha richiamato in Emilia imprese
collegate alle formazioni criminali «come api sul miele». Un po’
come è accaduto in Abruzzo dopo il sisma del 2009.
Un
fenomeno che le prefetture hanno tentato di arginare con la creazione
delle cosiddette white list, la cui iscrizione è necessaria per
accedere agli appalti pubblici del terremoto, ma è impedita a
società sospettate del rischio di infiltrazioni. Sulla percezione
che i cittadini hanno poi della situazione, è emblematica la
considerazione di Pennisi secondo cui l’infiltrazione «ha
riguardato più che il territorio in quanto tale con una occupazione
militare, i cittadini e le loro menti, con un condizionamento,
quindi, ancora più grave».
Criminalità
organizzata calabrese
Con
l’operazione "Pandora" del 2009 è iniziata a
scricchiolare la 'ndrina
Grande
Aracri.
Il Servizio Centrale Operativo, la Squadra Mobile di Crotone e la
Sezione Criminalità Organizzata di Catanzaro hanno eseguito 37
arresti e il sequestro di beni per qualche decina di milioni di euro
nel crotonese. Il provvedimento ha colpito le famiglie leader, gli
Arena
(alleati
con i Dragone
e Mannolo)
e i Nicoscia
di Isola Capo Rizzuto (alleati con la cosca Grande
Aracri).
La faida tra le 'ndrine
Grande Aracri-Nicoscia-Capicchiano
e Russelli
da un lato e dall’altro le famiglie Arena-Trapasso-Dragone
e Megna
parte da lontano, dagli anni '90 e coinvolge anche l'Emilia Romagna.
La regione non viene risparmiata da fatti di sangue legati alla lotta
tra i clan. Alcuni omicidi nella provincia di Reggio Emilia,
addirittura, il lancio di una bomba a mano in un bar del centro
storico di Reggio Emilia nella sera del 12 dicembre 1998. Nel locale,
dove erano presenti anche molti ragazzini, fu sfiorata la strage e
ci furono 10 persone ferite. Dopo anni di durissimi contrasti, la
riappacificazione, sancita da sposalizi tra le due famiglie. Dopo
aver ricomposto i dissidi, i Dragone
e i Grande
Aracri
si sono concentrati sugli affari e hanno ampliato il territorio di
competenza, partendo da Reggio Emilia e Brescello, raggiungendo le
province di Piacenza
e Parma.
Un rilevante contributo, per far luce sull’intera vicenda, è stato
dato dal pentito Angelo Salvatore Cortese, all’epoca, braccio
destro di Grande Aracri e reo confesso di alcuni omicidi. Nella faida
ebbe un ruolo primario anche il noto Paolo Bellini di Reggio Emilia,
inteso come la “primula
nera”,
militante di gruppi di estrema destra.
- Novembre 2012, operazione "Blue call", la Squadra Mobile di Reggio Calabria, unitamente all’Arma dei Carabinieri e alla Guardia di Finanza, ha dato esecuzione a 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere. I soggetti colpiti dalle misure restrittive sono ritenuti elementi di spicco della ’ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, su quello nazionale (soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna) ed estero. L'organizzazione sarebbe costituita da molte decine di “locali”, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice detto “Provincia” e, in particolare, appartenenti all’articolazione territoriale denominata 'ndrina Bellocco, operante nel territorio di Rosarno, inserita nel mandamento tirrenico. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, detenzione di armi da fuoco, riciclaggio, rapine e intestazione fittizia di beni. Uno dei provvedimenti è stato eseguito a Casalgrande (RE), luogo di residenza di uno degli arrestati. L’indagine è stata avviata dalla Sezione Criminalità Organizzata, agli inizi del 2010, all’indomani dell’Operazione “Rosarno è nostra”, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dall’omologo ufficio bolognese che aveva documentato gli interessi criminali e imprenditoriali della cosca Bellocco in Emilia Romagna e la “spaccatura” in atto di alcuni suoi elementi con la temibile cosca Pesce di Rosarno.
- Febbraio 2013, operazione "Demetra", la Guardia di Finanza e i Carabinieri hanno smantellato un'organizzazione criminale dedita nella commissione di reati di usura e frode fiscale, con l’aggravante della finalità mafiosa. Sono state eseguite perquisizioni a Reggio Emilia, Parma, Modena e Bologna, Crotone, Cremona, Mantova e Verona. L’indagine delle Fiamme Gialle cremonesi, coordinata dai magistrati della Procura Nazionale Antimafia e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ha messo nel mirino fenomeni criminosi commessi nella provincia di Reggio Emilia ma comunque collegati alla ‘ndrina Grande Aracri - con base in quella provincia e ramificazioni a Parma, Modena e nel Nord Italia - e a noti imprenditori di origine calabrese da tempo stabilitisi in Emilia Romagna. L'indagine è partita, agli inizi della scorsa estate, dall’arresto di un usuraio che aveva i suoi interessi nella città di Cremona. Nel ricostruire tutta la filiera criminale, nonché l’origine delle somme utilizzate per i prestiti usurai, i finanzieri cremonesi sono arrivati alla scoperta di un pool di imprese coinvolte in un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti, il cui scopo era quello di creare “liquidità” da sottrarre al Fisco per poi impiegarla nella concessione di prestiti ad aziende emiliane in difficoltà finanziarie e sulle quali, molto probabilmente, si mirava addirittura ad arrivare al pieno controllo. Dalle indagini è emerso che alcuni imprenditori calabresi, spesso a capo di aziende con fatturati pluri-milionari, intrattenevano frequenti rapporti con pericolosi soggetti collegati alla ‘ndrangheta. Le attività imprenditoriali oggetto delle indagini dei finanzieri, in alcuni casi, erano già state raggiunte da provvedimenti antimafia emessi della Prefettura di Crotone a causa dei tentativi d’infiltrazione mafiosa messi in atto da esponenti di clan criminali della regione
- Giugno 2013, la Direzione distrettuate antimafia di Bologna ha disposto accertamenti per usura e frode fiscale nei confronti di un'organizzazione criminale operante nella provincia di Reggio Emilia. Sette indagati per usura e frode fiscale, aggravate dalla finalità di agevolare associazioni mafiose. Nel corso dell'operazione sono state perquisite abitazioni e imprese (edilizie e di autotrasporti) di personaggi in odore di mafia, ma anche uno studio di commercialisti e alcune aziende "strozzate". L'attività è stata svolta nei confronti della 'ndrina Grande Aracri. Dall'inchiesta emerge che la cosca aveva stipulato un “patto” con un clan catanese che aveva piazzato in loco uomini di fiducia.
- Agosto 2013, il Prefetto di Reggio Emilia esclude dalla white list per la ricostruzione post terremoto una ditta per l'accertata sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa stessa. Il provvedimento è stato emesso anche a seguito della cena del 21 marzo 2012 a Villa Cadè, dove parteciparono politici, imprenditori, professionisti e persone ritenute dalle forze dell’ordine vicine alla criminalità organizzata, tra i quali Nicolino Sarcone condannato in primo grado a gennaio a 8 anni e 8 mesi per associazione di tipo mafioso. A seguito di quell’incontro il prefetto emise anche il provvedimento divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente nei confronti del titolare dell'azienda. Tra le altre motivazioni ci sarebbe il fatto che l’auto intestata alla sua ditta sarebbe stata notata a Cutro ai funerali dei fratelli Giuseppe e Alfredo Grisi, imprenditori edili residenti nel veronese e assassinati il 19 gennaio 2011 a colpi di pistola all'interno di una concessionaria a Crotone da un uomo considerato vicino alla cosca Vrenna. L'interdittiva antimafia è stata emessa anche per le parentele strette della moglie del titolare dell'azienda, sorella di Rosario Sorrentino assassinato nel 2000 di lupara bianca, nell'ambito della guerra tra le cosche Dragone e Grande Aracri – Sorrentino.chele
- Novembre 2013, i Carabinieri, coordinati dalla Dda di Bologna, hanno eseguito un sequestro di beni per 3 milioni di euro (conti correnti e depositi bancari. Tra i beni sequestrati, 2 società del settore edile, 6 case, 9 negozi, 2 auto e un terreno rurale). Il provvedimento, il primo emesso direttamente dal Tribunale di Reggio Emilia, è stato eseguito nei confronti di Francesco Grande Aracri, 59 anni, residente a Brescello, elemento di spicco dell'omonima 'ndrina cutrese, capeggiata dal fratello Nicolino, detto "mano di gomma", attualmente detenuto. Il sequestro è stato possibile anche perché Francesco Grande Aracri è stato condannato, con sentenza definitiva passata in giudicato, per associazione di stampo mafioso a Reggio Emilia dal 2001 al 2003. La misura patrimoniale è stata eseguita nei Comuni di Brescello, Reggio Emilia e Botricello (CZ). L'operazione rientra nell'ambito dell'indagine "Edilpiovra", riguardante la penetrazione della 'ndrangheta nella provincia di Reggio Emilia.
- Novembre 2013, i Carabinieri di Reggiolo hanno denunciato una famiglia calabrese per furto di 81 forme di parmigiano-reggiano del valore di oltre 30mila euro. Gli investigatori non escludono che dietro la vicenda ci possa essere l'interessamento della 'ndrangheta.
Aprile
2014, la Corte d’assise d’appello di Catanzaro ha confermato oggi
dieci condanne emesse in primo grado a carico di presunti affiliati
ai clan di 'ndrangheta
del Crotonese
coinvolti nell’operazione antimafia denominata "Ghibli".
Si tratta, in particolare, di dieci delle quindici persone che hanno
scelto il giudizio abbreviato: tra loro anche Giuseppe Arena, 48
anni, considerato il reggente della cosca omonima, sopravvissuto
all'attentato col bazooka che nel 2004 ha ucciso il boss Carmine
Arena. Per lui una condanna a 10 anni. Nel processo hanno preso
parte anche diversi enti pubblici, costituiti parte civile, cui il
giudice dell’udienza preliminare che celebrò gli abbreviati aveva
già riconosciuto i risarcimenti: 250.000 euro alla Regione Calabria,
200.000 euro alla Provincia di Crotone; 150.000 euro al Comune di
Isola Capo Rizzuto. L’operazione "Ghibli" dalla
quale è scaturito il procedimento, scattò la notte del 20 aprile
2009 tra la Calabria e l’Emilia Romagna per l'esecuzione di 20
ordinanze di custodia cautelare in carcere e numerosi sequestri per
un valore di 30 milioni di euro, al culmine dell’inchiesta diretta
a ricostruire la sanguinosa guerra fra gli Arena e i Nicoscia.
L’ottobre seguente l'inchiesta si concluse con un avviso di
conclusione delle indagini emesso a carico di 38 persone dall’allora
sostituto procuratore antimafia Sandro Dolce, che ha coordinato le
investigazioni condotte dal Ros dei carabinieri. L’inchiesta
ha consentito di contestare complessivamente l’associazione mafiosa
e numerosi reati connessi - soprattutto in tema di armi, nonchè di
riciclaggio e intestazione fittizia di beni -, tra i quali l’omicidio
di Pasquale Nicoscia, che sarebbe stato la risposta al precedente
assassinio di Carmine Arena, a seguito del quale rimase gravemente
ferito anche Giuseppe Arena, nipote del primo; e il tentato omicidio
di Domenico Bevilacqua, più noto come "Toro seduto" e
considerato uno dei capi della criminalità zingara catanzarese,
uscito illeso da un agguato che avvenne a Catanzaro Lido il 4 aprile
del 2005, secondo gli investigatori come "punizione" per i
tentativi di "Toro seduto" di rendersi autonomo rispetto
alla cosca catanzarese, storicamente sottoposta agli "Arena".
Aprile
2014, il colonnello Paolo Zito (comandante provinciale dei
carabinieri) ha sottolineato in una conferenza-stampa come le
ultime perquisizioni fatte in case ed aziende nella Bassa (Gualtieri
e Guastalla nel mirino)e a Isola Capo Rizzuto (Crotone) abbiano fatto
emergere copioso materiale documentale che può risultare utile ad
aprire un nuovo filone investigativo contro le infiltrazioni mafiose
calabrsi, a cui il colonnello Zito associa un’amara considerazione:
«Alla 'ndrangheta sono state offerte e date sponde da parte di
alcuni reggiani. Hanno accettato di fare affari con questa
criminalità, e qualcuno, quando poi si è trovato in difficoltà, ma
solo allora, ha fatto denuncia”. La denuncia che ha fatto Enrico
Bini, come presidente della Camera di Commercio – sottolinea il
comandante provincialie dell’Arma che ha non a caso al suo fianco
proprio lo stesso Bini – è invece diversa: è l'unica che sia
arrivata, in forma così evidente, da un ente importante». Sempre il
colonnello ha voluto sottolineare che, dalla conclusione di questa
clamorosa inchiesta, bisogna partire per rilanciare un impegno comune
contro la criminalità organizzata. «Intanto a Reggio – rimarca –
sono stati firmati importanti protocolli contro le infiltrazioni
mafiose, ma non devono restare parole sulla carta: bisogna
applicarli, fare in modo che restino operativi». E il discorso
scivola velocemente sulle denunce che su questo “terreno”
certamente ancora non abbondano. Serve un impegno di rete, una
collaborazione che non si fermi solo a Reggio. Le province vicine,
infatti, stanno facendo ancora meno di noi e alcuni appartenenti alle
cosche hanno deciso di operare in queste province. In Camera di
commercio è stato creato un apposito sportello anti racket ed usura
che assicura il totale anonimato e qualcosa si sta muovendo. Però è
ancora poco». «Reggio è comunque capofila e punto riferimento
nazionale – aggiunge Zito – nell'impegno di enti ed istituzioni
pubbliche nella lotta contro le infiltrazioni mafiose. E questo a
partire dalle interdittive emesse dal prefetto Antonella De Miro, che
stanno facendo scuola in tutta Italia. Interdittive, che hanno
suscitato malumori e reazioni contrarie, ma che hanno un ruolo
importantissimo, riconosciuto». Una sottolineatura che porta al nome
di Michele Pugliese (considerato figura cardine dell’inchiesta in
corso) che compare – indirettamente – in ben tre interdittive
prefettizie emesse contro altre persone. Andando in ordine di tempo,
nell’interdittiva del febbraio 2013 il boss (ritenuto artefice
della pax mafiosa fra i contrapposti clan Grande Aracri e Nicoscia da
una parte e degli Arena e Dragone dall’altra) viene citato come
contiguo con una famiglia cutrese operativa però a Gualtieri nel
campo dell’autotrasporto. Nell’interdittiva del maggio 2013
Pugliese viene indicato come in rapporti con una ditta con sede a
Montecchio. Infine nell’interdittiva del novembre 2013 lo si indica
per i suoi viaggi a Reggio per riscuotere anche ingenti somme di
denaro da imprenditori amici.
Criminalità
organizzata siciliana
- Giugno 2013, esce la notizia della presenza del custode, affiliato al clan dei Cursoti, all'interno del cantiere della stazione Mediopadana. L'uomo, originario di Catania e residente a Reggio, con diversi precedenti penali a suo carico, tra cui un omicidio, è stato impiegato per la guardiania, quindi con compiti di controllo agli accessi al cantiere Tav e poi a quello della Mediopadana.
- Settembre 2013, operazione "Ciclope". i Carabinieri hanno eseguito nove arresti per mafia, relativamente a una faida interna al clan Navanteri, organizzazione mafiosa operativa nei territori di Vizzini e Francofonte e vicina, secondo gli inquirenti, a cosa nostra catanese. Uno degli arresti è stato eseguito a Cremona. Si ipotizza che potrebbero sussistere collegamenti di carattere affaristico fra il clan siciliano e 'ndrangheta ('ndrina Grande Aracri) anche nelle zone emiliane. In particolare, pare che il legame sia riferibile ad alcuni fatti avvenuti fra le provincie di Reggio Emilia e Parma, dove nei mesi scorsi sono state arrestate sette persone accusate di aver prodotto, per alcune aziende, false fatturazioni, nell'ambito dell'operazione "Demetra". Si è parlato anche allora di contatti tra criminalità organizzata siciliana e calabrese. In questa indagine un testimone avrebbe parlato della presenza di un catanese, in grado di sostenere i Grande Aracri nel giro d'affari della 'ndrangheta nella zona reggiana e parmense (vedasi operazione "Demetra").u
Criminalità
organizzata campana
- Ottobre 2013, i Carabinieri di Reggio Emilia hanno arrestato un pregiudicato originario di Maddaloni (CE) perché colpito da un provvedimento di cumulo pene concorrenti per i reati di estorsione e violenza privata, commessi in Emilia Romagna e Campania (province di Parma, Forlì e Caserta). L'uomo deve scontare 5 anni di reclusione.
- Novembre 2013, un 33enne del casertano, in soggiorno obbligato a Brescello, è stato arrestato dai Carabinieri per lesioni personali, danneggiamento aggravato e violazione degli obblighi di sorveglianza speciale. L’uomo, in violazione delle misure di prevenzione a cui è sottoposto, ha lasciato Brescello e ha raggiunto una località del parmense, dove si è incontrato con una donna residente a Boretto al fine di regolare un presunto credito da lui vantato. Il sorvegliato ha picchiato la donna mandandola all’ospedale. Più tardi il marito dell’aggredita è andato a casa del casertano il quale, per tutta risposta, ha preso una spranga di ferro e ha distrutto il furgone dell’uomo.
Maggio
2014, la Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria,
coadiuvata dai Centri Operativi e Sezioni D.I.A. di Roma, Genova,
Milano, Torino, Catania, Bologna Messina e Catanzaro hanno avviato
l’esecuzione di 8 provvedimenti restrittivi, emessi dal GIP del
Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione
Distrettuale Antimafia reggina. Tra gli arrestati figurano l’ex
ministro della Repubblica Claudio SCAJOLA, nonché personaggi legati
al noto imprenditore reggino ed ex parlamentare Amedeo MATACENA,
colpito anch’esso da provvedimento restrittivo unitamente alla
moglie Chiara RIZZO ed alla madre Raffaella DE CAROLIS. MATACENA è
latitante, a seguito di condanna definitiva per concorso esterno in
associazione mafiosa. Sono in corso numerose perquisizioni in
Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e
Sicilia, oltre a sequestri di società commerciali italiane,
collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di
euro.
Criminalità
straniera
- Ottobre 2013, operazione "Boiardo", i Carabinieri di Scandiano (RE) hanno arrestato 9 persone, componenti di una banda italo-albanese che spacciava cocaina.
- Ottobre 2013, un cittadino cinese è stato accoltellato in via Turri a Reggio Emilia. Nei pressi del luogo sono stati rinvenuti un machete e un coltello usati nel tentato omicidio.
- Novembre 2013, un persona di origine albanese è stata abbandonata davanti al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria Nuova. L’uomo, scaricato da un suv, era stato colpito da un colpo d'arma da fuoco al torace. La sparatoria era avvenuta poco prima davanti al Circolo Paranà, in zona via Brigata Reggio. La sparatoria è avvenuta nel corso di una rissa tra due gruppi di persone.
- Gennaio 2014, con l’operazione «Karakatitza» i carabinieri del comando provinciale di Verona ricostruiscono dopo sei anni di indagini, centinaia di ore di lavoro, appostamenti, pedinamenti e intercettazioni uno scenario inquietante, che testimonia inequivocabilmente come anche nel nord e centro Italia sia ben radicata un'appendice pericolosa e consistente della mafia Moldava. Non è stato facile per l'Arma dipanare la matassa dell'organizzazione che si era ramificata tra Venezia, Padova, Milano, Brescia, Modena, Reggio Emilia, Piacenza, Bologna e Verona Gli uomini della mafia moldava sono ritenuti responsabili di numerose estorsioni, soprattutto agli autotrasportatori moldavi costretti a pagare a titolo di protezione fino a 150 euro a tragitto e di aver favorito l'immigrazione clandestina; tra gli altri reati, la tratta di esseri umani, il traffico di stupefacenti, furti, rapine, e tentati omicidi, con introiti per vari milioni di euro. Arrestati anche i vertici zonali, mentre un provvedimento ha interessato anche il capo dei capi, in carcere in Romania. Nel corso delle indagini in Italia sono state individuate decine di altre persone facenti parte, a vario titolo, della struttura criminale, alcune con caratteristiche di alta pericolosità sociale. La Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha emesso 35 custodie di ordinanze di custodia cautelare a carico di 34 moldavi e di un russo. L'operazione, seguita nella città scaligera da un colonnello dell'antiterrorismo della Moldavia, in stretta la collaborazione con la polizia e l'autorità giudiziaria moldava, ha portato al momento a 14 catture in Italia ed altre 8 nel paese dell'Est.
- Maggio 2014, il risultato di un’importante operazione messa a punto dai carabinieri conferma che la mafia cinese, alleata con altre fazioni asiatiche, è sbarcata prepotentemente anche a Reggio (come nell’hinterland milanese) nel mercato delle droghe sintetiche ed ha nella Chinatown della città in cui la malavita cinese gestisce anche l’altrettanto remunerativo malaffare legato allo sfruttamento della prostituzione, la sua centrale operativa. Finiscono in manette tre uomini (un cinese e due vietnamiti) che nascondono in un armadio un chilo di metanfetamine in cristalli (in gergo “ice” o “shabu”), una droga ancora misteriosa. E’ un sequestro record per l’Italia centro-settentrionale (del valore di circa 400mila euro) non solo per il quantitativo, ma anche per il grado di purezza della droga (pari al 90%). L’indagine si ricollega ad una precedente operazione del mese di aprile portata avanti dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale, partita dai “consumatori” e dalla preoccupante diffusione della sostanza che aveva condotto a numerosi arresti
Incendi dolosi
Novembre 2012, nove camion di un’azienda attiva nel trasporto degli inerti sono stati dati alle fiamme a Reggiolo. Il danno è di quasi un milione di euro.
Ottobre 2013, un incendio doloso a Castelnuovo di Sotto (RE). E' stata data alle fiamme un'autovettura parcheggiata in un'area non recintata. Il rogo, secondo i primi accertamenti dei Carabinieri, si sarebbe sviluppato all'interno della vettura, per cui è ipotizzabile che l'abitacolo sia stato cosparso di liquido infiammabile e poi dato alle fiamme.
- Ottobre 2013, un furgone di proprietà di un tunisino ha preso fuoco a Vezzano sul Crostolo (RE). Le fiamme hanno danneggiato anche un altro mezzo. I Carabinieri e Vigili del fuoco non escludono l'ipotesi dolosa.
- 17 aprile 2014, probabilmente è d natura dolosa l'incendio che si è sviluppato in un capannone in uso alla Conad, è' stato accertato infatti che un ingresso posteriore è stato forzato. Il rogo fortunatamente non ha causato gravi danni. Il legale rappresentante Conad ha spiegato che il materiale che aveva preso fuoco era costituito da fascicoli contenenti vecchia documentazione dell’azienda. Indaga la Squadra Mobile
Spari
intimidatori
Marzo
2014, dopo numerosi attentanti incendiari avvenuti ai danni di
imprenditori originari di Cutro,
sei spari contro il cantiere di un imprenditore edile calabrese che
la prefettura, appena due anni fa, definiva “contiguo” alla
criminalità
organizzata.
Secondo quanto afferma il colonnello dei carabinieri Paolo
Zito,
che da quando ha assunto il comando provinciale non ha perso
occasione per ribadire la necessità di tenere alta l'attenzione sul
tema delle infiltrazioni: “non si può escludere che alcuni atti
possano essere maturati anche all’interno delle medesime strutture
criminali che operano nel settore perché è diventata più
difficile la “ripartizione” dei lavori da eseguire. In sostanza
c’è chi continua a lavorare, anche se i volumi si sono ridotti, e
chi non lavora più. Questa situazione può quindi aver fatto saltare
alcuni equilibri e assetti interni”. Simili episodi sembrano
confermare che in Emilia, ma in particolare a Reggio, si possa
parlare “di una sorta di colonizzazione criminale”
Marzo
20014, avvertimenti a colpi di arma da fuoco, fiamme dolose appiccate
ad auto in sosta, mezzi da lavoro, cantieri fanno sentire su Reggio
l’ombra dell’ndrangheta. Sugli spari all’indirizzo di un
cantiere dell’imprenditore Angelo Pantaleone Aracri, per il momento
indaga la procura di Reggio. Ma sul caso è partita la segnalazione
all’Antimafia di Bologna. Del resto, non può non avere un peso
quello che la prefettura scriveva di Aracri in un’interdittiva per
il rischio di infiltrazioni che due anni fa colpì la società del
cognato, in cui del cutrese venivano descritti i rapporti con alcuni
boss. Sempre l’Antimafia si sta occupando dei roghi dolosi che
hanno colpito la famiglia Blasco: quattro gli episodi nel corso del
2013. E il nome è di quelli che pesano: basta ricordare che
Salvatore Blasco venne ucciso nel 2004 al culmine della guerra fra
Grande Aracri e Dragone. Spie da non sottovalutare, poi, sono alcune
iniziative di contrasto. Come il sequestro preventivo di beni nei
confronti dell’imprenditore cutrese trapiantato a Brescello
Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, dopo le indagini
dei carabinieri. Colpito anche dalla misura di sorveglianza speciale.
E come le interdittive anti-infiltrazioni del prefetto. Che
analizzando parentele, amicizie e frequentazioni sono finite col
colpire anche insospettabili imprese reggiane.
Rapine
- Novembre 2013, una persona mentre percorreva via Cisalpina alla guida della sua auto, è stata bloccata da due uomini e rapinata. I due malviventi hanno minacciato l'autista con un coltello e, dopo essere entrati in macchina, lo hanno costretto ad andare in una zona di campagna, dove è stato malmenato e rapinato di una valigetta contenente circa mille euro.
- Novembre 2013, banditi armati di pistole hanno fatto irruzione nel centro commerciale Sant’Ilario. I cinque malviventi hanno portato via l'incasso del Mercatone Uno e l'argenteria del punto oro.
- Marzo 2014, tre rapinatori sono stati arrestati della polizia mentre stavano mettendo a segno un colpo all'interno della Banca San Geminiano e San Prospero. Gli agenti della Questura di Reggio Emilia hanno bloccato due trentenni con precedenti e un quarantaquattrenne incensurato, tutti originari di Catania, disarmandoli di due cutter con cui stavano minacciando dipendenti e clienti della banca. I tre rapinatori avevano pianificato la fuga parcheggiando all’esterno della filiale un’auto su cui sono in corso indagini per accertarne la provenienza.
Sequestro
di merci pericolose
Novembre
20013, la Guardia di Finanza di Trento ha ritirato dal mercato e
sequestrato su tutto il territorio nazionale 140.000 pastelli
provenienti dalla Cina e destinati a ragazzi e bambini anche in età
pre-scolare. I pastelli sono considerati non sicuri per la salute
perché altamente tossici. Il titolare della società che ha
importato il prodotto è stato denunciato per il reato sulla
sicurezza dei giocattoli. Le fiamme gialle trentine sono risaliti
all'importatore e primo distributore, una società emiliana che li
aveva acquistati da un fornitore cinese. Da qui il sequestro su tutto
il territorio nazionale, che ha interessato 800 punti vendita. I
finanzieri hanno inoltre individuato un container in arrivo via mare
dalla Cina, che è stato intercettato al porto di La Spezia e seguito
sino all'interporto doganale di Bologna, dove è stato sequestrato
all'atto dello sdoganamento e poco prima dell'immissione del prodotto
sul mercato. L'intera operazione è stata denominata «Scuola
sicura».
Frodi
fiscali
Febbraio
2014, un fiume di fatture
false per operazioni inesistenti,
con cui sono stati evasi
nel 2013 circa 300 milioni,
è stato individuato a Reggio Emilia dalla Guardia di finanza. In
tema di lotta all’evasione fiscale è stato reso noto che sono
stati inoltre scoperti 85
responsabili di reati fiscali e 43 evasori totali o
paratotali, e sottoposti a controllo 17 “professionisti”. Diverse
le violazioni constatate, che vanno dalla mancata
o irregolare tenuta delle scritture contabili,
all’esercizio abusivo della professione. E’ stata anche scoperta
sottrazione di Iva all’erario per 135 milioni e 420mila euro e
conseguenti violazioni in materia di imposte riconducibile per la
gran parte alle cosiddette frodi “carosello”. Un meccanismo di
interposizione spesso fittizia di una società, detta “cartiera”,
tra un cedente ed un cessionario, che consente ai reali destinatari
della merce di praticare prezzi nettamente inferiori a quelli di
mercato. Sono stati effettuati 11 interventi in materia di frodi
comunitarie e incentivi alle imprese, che hanno evidenziato indebite
percezioni per 246 mila euro, 2 indagini delegate dalla Corte dei
Conti, concluse con la constatazione di 30 mila di danni erariali, e
107 controlli in materia di prestazioni sociali agevolate e ticket
sanitari, che hanno consentito di accertare 22 violazioni, con
altrettante denunce alla Procura della Repubblica. Infine sono state
denunciate all’autorità giudiziaria 11 persone per reati
fallimentari e 4 (di cui 2 tratte in arresto) per usura.
Furti
Marzo
2014, i carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Reggio
Emilia, su input della Centrale operativa del Comando di Reggio
Emilia, hanno accertato che una banda
di ladri si è introdotta all'interno del magazzino di un caseificio
dopo aver praticato un foro sul muro dello stabile.
Una volta dentro, i balordi hanno asportato
200 forme di parmigiano reggiano.
Tra danni e bottino, il furto costa ai titolari dell'azienda svariate
decine di migliaia di euro.
Sulla vicenda indagano i carabinieri.
Aprile
2014, furto in un
caseificio di Fabbrico: rubate circa trenta forme di parmigiano
reggiano. I malviventi si
sono introdotti nell'azienda tagliando l’inferriata posta a
protezione di una finestra sul retro e hanno raggiunto i magazzini di
stagionatura. Poi con il bottino, si sono dati alla fuga prima
dell'arrivo dei carabinieri allertati da un istituto di vigilanza. I
militari hanno quindi effettuato
un sopralluogo e
avviato le indagini a carico di ignoti in ordine al reato di furto
aggravato.
Baby
Gang
Marzo
2014, una baby gang
di 4 ragazzini semina
il panico a bordo di uno
scuolabus, mettendo a
rischio l’incolumità di tutti. I quattro, identificati
e denunciati dai carabinieri. L'indagine
ha preso il via lo scorso
mese di febbraio grazie alle segnalazioni di alcuni autisti e
genitori di altri studenti che lamentavano il disagio creato da un
gruppo di ragazzini (tra cui un neo maggiorenne e tre minori) in
alcune tratte dello scuolabus. Frontini ai compagni, sberleffi
alle ragazzine, offese
agli autisti, sedili
devastati e vetri imbrattati di spray:
sono solo alcune delle 'gesta' di cui la baby gang si è resa
protagonista. I carabinieri, raccolte le segnalazioni, hanno svolto
le dovute indagini trovando i riscontri investigativi. Al termine
degli accertamenti, sono stati identificati e denunciati i quattro
giovanissimi bulletti.
VIII.9.
Provincia di Rimini
Nel
territorio della provincia di Rimini sono attivi i
Vrenna-Bonaventura.
L'organizzazione 'ndranghetista
opera anche attraverso gli alleati Masellis
- Lentini,
nel controllo del gioco d’azzardo, l’usura, le estorsioni e il
traffico di sostanze stupefacenti. Sono presenti anche i
Pompeo
di Capo Rizzuto, gli
Ursino
di Gioiosa Jonica (RC)
e
i Muto.
E’
molto forte e radicata la presenza della camorra
con i clan D’Alessandro,
Di Martino - Afeltra,
Vallefuoco
di Brusciano (NA), Mariniello
di Acerra (NA) e dei casalesi.
Sono presenti soggetti della sacra
corona unita
e anche del clan
mafioso catanese dei
Laudani.
Nel
rapporto del 2012 abbiamo messo in evidenza la denuncia lanciata
dagli albergatori, che avevano evidenziato il rischio di possibili
acquisizioni di strutture ricettive e della balneazione da parte la
mafia, a causa della crisi che ha investito il settore turistico.
La conferma a quanto paventato dagli addetti al settore, giunge da
una recente analisi della Prefettura
di Rimini, secondo la quale alcuni hotel della provincia sarebbero
passati in mano alla criminalità organizzata.
A
Gennaio 2014 l’inchiesta giornalistica “3
stelle in contanti“,
un breve documentario di Michela Monte, ha fatto il punto sui
cosiddetti ‘alberghi
della mafia‘,
indagando a tutto tondo il fenomeno infiltrazione mafiosa: si parte
dalla dimensione locale ma con lo sguardo rivolto all’Europa, per
creare un modello di contrasto alle mafie da esportare in altri
contesti turistici con le stesse problematiche della riviera
romagnola. Di riciclaggio connesso agli interessi della criminalità
organizzata si era già parlato anche agli inizi di dicembre 2013
alla prefettura di Rimini. Alla guardia di finanza e alla Provincia
era stato allora chiesto di effettuare controlli
sugli hotel che
praticano prezzi troppo bassi (si arriva anche a camere a 15 euro con
pensione completa), una politica indice di infiltrazione mafiosa.
Una proposta invece che attende il vaglio dell’Aia è quella di
accogliere nelle sue sedi provinciali delle urne in cui gli
albergatori possono depositare questionari anonimi, nei quali
raccontare le pressioni eventualmente subite per mappare la
percezione della criminalità
organizzata nel
settore alberghiero. In occasione della giornata
internazionale contro la corruzione,
la presidente della commissione antimafia europea Sonia
Alfano ha
peraltro ricordato che mentre l’Italia si è piazzata al 69° posto
nella classifica di “Transparency international” (in Europa
soltanto Bulgaria e Grecia sono riuscite a fare peggio), il
Parlamento Europeo ha approvato il testo della commissione Crim sul
crimine organizzato, il riciclaggio di denaro e la corruzione. Solo
quest’ultima, avverte l’europarlamentare “costa all’Italia
circa 60 miliardi di euro l’anno”. Il tema del denaro sporco è
strettamente legato a quello dei paradisi
fiscali (Rimini
è a pochi km da San Marino) e al segreto bancario. “La convenzione
Ocse del 2009 - come ha spiegato il procuratore nazionale antimafia
-
prevede accordi bilaterali e uno scambio d’informazioni subordinato
a una valutazione della richiesta da parte dello Stato che dove
fornire tali informazioni. Questo modello della convenzione Ocse non
sembra sufficiente ai fini di un’efficace azione
di antiriciclaggio,
perché comunque subordina, caso per caso, la scelta se fornire o non
fornire le informazioni, cioè se far cadere o no il segreto
bancario. Secondo le opinioni diffuse anche a livello europeo
dovrebbe venire meno il principio del segreto bancario e dovrebbe
affermarsi un automatismo nello scambio d’informazioni che
attualmente non esiste ancora”. Intanto anche a Rimini non manca
chi propone di istituire, come nella provincia di Modena, una
carta etica delle professioni intellettuali.
Un documento che prevede al suo primo articolo di rifiutare “ogni
rapporto con organizzazioni criminali, mafiose e con soggetti che
fanno ricorso a comportamenti contrari alle norme di legge e alle
norme etiche per sviluppare qualsiasi forma di controllo e
vessazione”.
Questi i beni confiscati nella provincia di Rimini.
Comuni
|
In
gestione
|
Destinati
consegnati
|
Destinati
non consegnati
|
Usciti
dalla gestione
|
Non
confiscati in via auto.
|
Aziende
in gestione
|
Aziende
uscite dalla gestione
|
Totale*
|
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
0
|
0
|
0
|
0
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0
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0
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1
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||
0
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0
|
0
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0
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4
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0
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0
|
0
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0
|
0
|
0
|
1
|
*
Il totale va inteso al netto degli immobili non confiscati in via
autonoma.
Febbraio
2014, la Direzione Investigativa Antimafia di Bari ha sequestrato nei
confronti di un 45enne di Gravina in Puglia (BA), due immobili - in
Gravina e Rimini - due autovetture e due attività commerciali
operanti nella gestione di internet point, sale da gioco e scommesse,
una sempre in Gravina e l’altra in Irsina (Matera) nonché alcuni
saldi rinvenuti sui conti correnti, beni complessivamente stimati in
circa mezzo milione di euro affidati ora alla gestione di
amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Gli agenti del
Centro Operativo di Bari hanno condotto una analisi approfondita del
patrimonio dell’intero nucleo familiare di D.A., con precedenti per
contrabbando di sigarette (per cui ha riportato più condanne al 1998
al 2003), estorsione ed usura (proprio per tale reato è stato anche
tratto in arresto nel settembre del 2011), nonché detenzione di
stupefacenti, truffa, detenzione e porto d’arma. Destinatario anche
di avvisi orali del Questore che lo ammoniva a tenere un
comportamento corretto, D. A. ha mostrato una costante e notevole
disponibilità di risorse economiche e finanziarie. L’ipotesi
formulata dalla DIA – e che è stata accolta dal Tribunale di Bari
che deve ora pronunciarsi sulla confisca definitiva - è che l’intero
patrimonio detenuto possa essere, anche in parte, plausibilmente
riconducibile a proventi della attività delittuose, secondo le
previsioni del Codice Antimafia. Gli elevati investimenti
effettuati, come accertato dagli agenti dell’antimafia di Bari,
sono apparsi sproporzionati rispetto le entrate lecite dell’intero
nucleo familiare. Particolare interessante emerso durante le
indagini della DIA di Bari, è stata una intervista rilasciata
dall’intero nucleo familiare alla trasmissione “lucignolo” in
onda su Italia 1, nella quale, commentando un intervento di chirurgia
estetico non soddisfacente, il capofamiglia si lamentava di aver così
speso ventisettemila euro: di questa spesa gli agenti della DIA non
hanno trovato traccia sui conti correnti. .
Criminalità
organizzata calabrese
- Novembre 2012, la Questura di Cosenza ha sequestrato beni mobili e immobili, per un valore di circa due milioni di euro, intestati o riferibili ad Agostino Briguori, 44 anni, di Bonifati (CS), e ai suoi familiari. I beni erano già stati sottoposti a sequestro preventivo nel maggio del 2011. L'uomo era stato coinvolto nell'operazione Cartesio e accusato dei reati di usura, estorsione e favoreggiamento, in quanto ritenuto referente della 'ndrina dei Muto di Cetraro (CS) in Emilia Romagna. Il provvedimento è stato eseguito al termine di un procedimento nel quale sarebbe stata accertata una notevole discrepanza tra i beni posseduti e i redditi dichiarati. La confisca riguarda abitazioni, anche di lusso, terreni, automobili, quote di società, aziende che gestiscono lidi balneari, società edili, alberghi, ristoranti e pizzerie, nel cosentino e anche in provincia di Rimini.
Criminalità
organizzata campana
- Dicembre 2012, operazione “Vulcano”, i Carabinieri hanno eseguito nelle province di Rimini, Prato, Napoli e Caserta ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip di Bologna su richiesta della Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 18 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e tentato sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Al centro delle indagini dei Ros le infiltrazioni in Emilia-Romagna e Toscana della camorra casertana e napoletana. Le attività di usura ed estorsione, secondo le indagini dei Ros, erano compiute ai danni di imprenditori e commercianti locali, avvalendosi anche di agenzie di recupero crediti fittizie. I Carabinieri hanno documentato continue minacce e intimidazioni alle vittime, costrette a intestarsi attività commerciali e imprenditoriali da utilizzare per commettere truffe a istituti di credito. Come è successo nel caso di una società di Calenzano, in provincia di Firenze, di cui il gruppo criminale si è impossessato convincendo poi un uomo gravemente malato a fare da prestanome in cambio di una lauta ricompensa in denaro. La vittima aveva pensato di lasciare questo denaro alla sua famiglia (sapendo di dover morire) ma non aveva fatto i conti con i personaggi di cui era caduto in trappola: quella che aveva visto come un'occasione si è trasformata in un incubo, ha subito minacce su minacce e alla fine non ha visto neanche un soldo ed è morto.
- Aprile 2013, operazione "Mirror", i Carabinieri di Rimini hanno arrestato 20 persone appartenenti al clan Licciardi di Secondigliano (NA), per i delitti di estorsione e riciclaggio. Minacciavano e picchiavano gli imprenditori che non volevano fare affari con loro, che non pagavano i prestiti o non li facevano entrare in società solo per ripulire i soldi del traffico di stupefacenti e armi. Nell'obiettivo del clan, una frangia degli scissionisti di Secondigliano, c'erano le attività economiche redditizie della Riviera, bar, ristoranti, alberghi e soprattutto locali notturni. L'organizzazione di stampo camorristico era presente nella provincia di Rimini almeno dagli inizi del 2000. Nel corso dell'operazione sono stati posti sotto sequestro due noti night club nel Riminese. Nel mese di novembre è stato disposto anche il sequestro di un hotel. Uno degli arrestati è anche indagato nell'ambito dell'indagine "Venus" (vedasi provincia di Parma) del maggio 2012.
- Agosto 2013, la Squadra Mobile di Rimini ha arrestato un latitante pluripregiudicato, esponente di spicco di un noto clan camorristico. Umberto Falanga, 40 enne napoletano è affiliato al clan Contini. Aveva raggiunto la famiglia a Rimini per trascorrere il Ferragosto. E' stato catturato mentre passeggiava sul lungomare. Gli agenti della Squadra Mobile stavano pedinando la sua famiglia, la moglie e i genitori, che alloggiavano in un residence, da una settimana.
- Maggio 2014, sotto sequestro buona parte dell'impero imprenditoriale romagnolo di una famiglia affiliata al clan Abbate: oltre all'hotel Margherita di Miramare, un appartamento a Montecolombo, una gastronomia di Riccione e sei imprese che gestiscono sei hotel, tutti nel riminese, dove i Lanna abitavano ormai da vent'anni. Le forze dell'ordine hanno giocato d'anticipo applicando – per la prima volta a Rimini- il sequestro anticipato d'urgenza, previsto dal nuovo 'codice antimafia'. Si tratta di tre fratelli della famiglia Lanna, in costante contatto con gli zii materni, appartenenti al clan camorristico “Abate” di San Giorgio a Cremano. Oltre al solido legame con la criminalità campana il Nucleo Tributario della Guardia di Finanz ha accertato caratteristiche finanziarie dominate da una forte sproporzione tra reddito dichiarato e soldi investiti. Ogni nucleo familiare, circa 10 famiglie sorvegliate, dichiarava ogni anno circa 15 mila euro ma sosteneva spese per almeno 800 mila euro per l'esercizio delle loro imprese alberghiere. Rilevata anche la pericolosità sociale dei soggetti.
- Maggio 2014, una famiglia di camorristi trapiantata a Rimini gestiva un impero di alberghi e attività turistiche che valeva milioni di euro. Affiliati al clan Abate di San Giorgio a Cremano, coinvolti nella sanguinosa faida di Scampìa, i camorristi, pur dichiarando un reddito di 15 mila euro l'anno, sostenevano spese per almeno 800 mila euro per l'esercizio delle loro imprese alberghiere: possedevano un hotel a Rimini, 5 imprese che gestivano altrettanti hotel, sempre in provincia, una gastronomia in pieno centro a Riccione e un immobile a Monte Colombo. Ora tutti sotto sequestro anticipato d'urgenza. Misura eccezionale introdotta dal nuovo codice antimafia e raggiunta grazie alle indagini congiunte dei finanzieri della Sezione Mobile del Nucleo di Polizia Tributaria di Rimini e dei poliziotti della Divisione Polizia Anticrimine di Rimini che hanno approfondito i due aspetti determinanti: le incongruenze patrimoniali e il profilo criminale. Il primo componente della famiglia, oggi 42 enne, tossicodipendente, pregiudicato, era arrivato a Rimini 20 anni fa per scontare una pena detentiva in una nota comunità di recupero. La guardia di Finanza sta seguendo altre indagini di questo tipo.
Criminalità
organizzata
- Novembre 2013, “Operazione trent’anni”, la Guardia di Finanza e i Carabinieri hanno effettuato un sequestro di 25 milioni di euro nei confronti di Ernesto Diotallevi, considerato uno dei capi storici della banda della Magliana. Un immobile è stato sequestrato nel riminese.
Reati
fiscali
- Gennaio 2013, operazione ”Machiavelli”, la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle dogane di Rimini hanno scoperto una maxi-frode Iva sull'asse Italia e San Marino. Le persone coinvolte sono 27 e sono stati eseguiti cinque arresti e sequestri per quasi 40 milioni di euro. Sono coinvolte diverse società nazionali, intestate anche a prestanome compiacenti, e una decina di società estere (principalmente con sede nella Repubblica di San Marino, ma anche in Gran Bretagna, Romania, Austria e Svizzera), nella diretta disponibilità di uno degli arrestati e dei suoi soci. I reati contestati agli indagati sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili, con l'aggravante dell'essere il numero degli associati superiore a dieci e con l'aggravante che nella commissione del reato ha dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato (Italia, San Marino, Svizzera, Gran Bretagna, Austria e Romania). Secondo gli investigatori, gli indagati facevano uso di società commerciali che organizzavano vendite e acquisti di merce secondo il sistema consolidato del carosello fiscale, che prevede il transito dei beni da ditte italiane a soggetti giuridici esteri e, successivamente, il passaggio a più aziende italiane, con lo scopo di interporre, fra il soggetto venditore e l'effettivo destinatario finale, all'atto del rientro in Italia delle merci, una o più aziende fittizie “cartiere”. Il profitto dei singoli reati fiscali consumati dal sodalizio criminale è quantificabile in non meno di 37,4 milioni di euro per la sola evasione dell'Iva" (su un imponibile di 187 milioni). Sono stati sottoposti a sequestro preventivo di beni mobili, immobili e risorse finanziarie nella disponibilità degli indagati fino a 37,4 milioni. Le misure cautelari sono state eseguite tra Rimini, San Marino, Milano, Reggio Emilia, Bologna, Perugia, Volterra, Latina, Aprilia, Roma, Ascoli Piceno, Pescara, Foggia, Cagliari, Reggio Calabria e Catania.
- Maggio 2014, infiltrazioni mafiose e galassia Fincapital, tre udienze in tre tribunali diversi sulla attività criminale tra la riviera e San Marino per l’inchiesta “Titano”
Estorsione
e riciclaggio
- Gennaio 2014 - Alcuni imprenditori di Riccione sono finiti nelle mani di uno strozzino che applicava tassi di interesse fino al 75%. L’uomo, un siciliano di 34 anni, è stato arrestato dai carabinieri di Riccione e risulterebbe anche già indagato per reati associativi di criminalità organizzata volti a truffa, usura, estorsione e riciclaggio.I carabinieri sono a riusciti a ricostruire l’attività del siciliano che millantando la disponibilità di denaro contante da prestare, lo offriva ad imprenditori locali per poi chiedere però la restituzione entro un mese con un tasso di interesse di oltre il 75%.
Criminalità
da strada
- Agosto 2013, rissa con sparatoria sul lungomare di Riccione. Un ragazzo è stato ferito da un colpo di pistola, probabilmente, dopo una lite con un gruppo di giovani. La vittima, di origine calabrese, avrebbe precedenti per stupefacenti. Secondo le prime ricostruzioni il ferito era in compagnia di un altro ragazzo napoletano, anche quest'ultimo con precedenti per droga, quando sarebbe nata un'animata discussione con un gruppo di altre tre o quattro persone, degenerata in un'aggressione fisica culminata con l'esplosione di due colpi di arma da fuoco di piccolo calibro. Il ragazzo è stato colpito al fianco, mentre il ragazzo che era con lui ha riportato delle contusioni. L'autore dell'episodio è stato acciuffato dai Carabinieri del comando di Barletta, che lo hanno intercettato al suo arrivo in Puglia. E' un 20enne che ha ammesso di essere stato lui a sparare due colpi di pistola in piazzale Azzarita sul lungomare di Riccione. A poco più di 24 ore dal grave episodio i Carabinieri hanno chiuso il cerchio attorno ai responsabili e sottoposto a fermo con l’accusa di tentato omicidio in concorso quattro giovani pugliesi. Non è ancora chiaro il movente della sparatoria
- Marzo 2014, un uomo, di origine albanese, e’ stato ucciso da otto colpi di pistola. L'assassino ha sparato dopo una lite, davanti agli occhi della moglie e dei due figli della vittima. Stando alle prime ricostruzioni, pare sia stata una azione da regolamento dei conti. Stanno indagando i carabinieri di Rimini, nucleo investigativo, e di Riccione.
Contrabbando
e ricettazione
- Febbraio 2014, scoperto un traffico di cuccioli dall'Ungheria e dalla Slovenia. Una decina di cani, trasportati illecitamente in Italia dai due Paesi dell'Est, sono arrivati anche in un negozio di animali di Rimini. Il titolare ha acquistato i cuccioli da un'organizzazione con base in Lombardia che provvedeva a dotare i cani di microchip e di documentazione sanitaria e di trasportarli illecitamente in Italia. Un'operazione di cui il negozio riminese si è dichiarato all’oscuro. A risalire al traffico illecito sono stati gli agenti della Forestale di Rimini, dopo aver compiuto diverse perquisizioni e sequestrato documentazione nell’ambito dell’operazione 'Maky'. Tutti i cani arrivati a Rimini stanno bene.
- Marzo 2014 - Tre cittadini moldavi sono stati denunciati per contrabbando di sigarette e ricettazione. I tre, sono stati trovati in possesso di quasi 9 chili di sigarette di note marche con il marchio di fabbricazione moldava. Quasi 70 stecche sono state sequestrate.
Stupefacenti
- Marzo 2014, consistente traffico di droga tra la Sardegna, Corsica, Albania e Sudamerica. 250 poliziotti hanno portato a termine un’operazione antidroga tra Sardegna e Romagna con l'arresto di 13 persone e la denuncia di altre otto. Gli arresti sono stati eseguiti tra Orgosolo (Nuoro), uno dei centri dove veniva organizzato lo spaccio, Alghero (Sassari), Oristano e nelle città romagnole di Forlì, Cesena e Rimini.
Furti
- Marzo 2014, i carabinieri smantellano una banda di topi d'appartamento arrestati nel dicembre scorso che, dalle successive indagini messe in atto dalle forze dell'ordine, sarebbero responsabili di ben 28 furti e una rapina in abitazioni tra Riccione, Misano Adriatico e Cesena dall'estate al dicembre 2013. Arrestati i quattro banditi rumeni. Dalle perquisizioni è emerso un vero e proprio malloppo tra monili in oro, orologi di lusso, impianti stereo, cellulari e telecamere di ultima generazione, vestiti griffati, profumi, auto, piccoli lingotti in argento nonché una grande quantità di denaro contante anche straniero per un valore totale che supera i 100.000 euro. I carabinieri hanno così proceduto con l'esecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per furto aggravato per i quattro, oltre a restituire ai legittimi proprietari gran parte della refurtiva.
TABELLE
Criminalità
organizzata calabrese
|
|||
Nr.
|
clan
|
provenienza
|
zona d'influenza |
1
|
Acri - Morfò | Rossano Calabro - CS | Bologna, Parma |
2
|
Alvaro | Reggio Calabria | Ravenna, Modena, Parma |
3
|
Aquino | Marina Gioiosa Jonica -RC | Reggio Emilia |
4
|
Arena | Isola Capo Rizzuto – KR | Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia, Parma |
5
|
Ariola | Gerocarne - VV |
Parma
|
6
|
Ascone | Rosarno - RC |
Ravenna
|
7
|
Barbaro | Platì - RC | Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia, Piacenza |
8
|
Bellocco | Rosarno - RC |
Bologna,
Ferrara,
Forlì-Cesena,
Modena,
Parma,
Reggio
Emilia, Ravenna
|
9
|
Chirillo | Cetraro - CS |
Piacenza,
Ferrara,
Bologna, Ravenna
|
10
|
Commisso | Siderno - RC | Reggio Emilia, Bologna |
11
|
Condello | Reggio Calabria | Forlì-Cesena |
12
|
Crea | Rizziconi _ RC | Bologna |
13
|
Dragone | Isola Capo Rizzuto – KR | Reggio Emilia, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena |
14
|
Farao Marincola | Cirò - CS | Bologna, Ferrara |
15
|
Forastefano | Cassano allo Jonio - CS | Forlì-Cesena |
16
|
Gallo | Gioia Tauro - RC | Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia |
17
|
Gallico | Palmi - RC | Bologna |
18
|
Giampà | quartiere Nicastro di Lamezia Terme |
Forlì-Cesena
|
19
|
Grande Aracri | Cutro - KR |
Piacenza,
Reggio
Emilia, Parma,
Bologna, Modena,
Ferrara,
Forlì-Cesena
|
20
|
Jerinò | Gioiosa Jonica -RC | Reggio Emilia |
21
|
Longo-Versace | Polistena - RC | Modena, Bologna |
22
|
Mancuso | Limbadi – VV | Bologna |
23
|
Mannolo | Cutro | Reggio Emilia |
24
|
Martino | Cutro - KR |
Parma,
Reggio
Emilia
|
25
|
Masellis-Lentini | Crotone | Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna |
26
|
Mazzaferro | Marina di Gioiosa Jonica - RC | Modena, Reggio Emilia, Ravenna, Parma |
27
|
Morfò | Rossano Calabro - CS | Bologna |
28
|
Muto | Cetraro - CS | Piacenza, Ferrara, Ravenna, Bologna, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Modena, Rimini |
29
|
Nicoscia | Isola Capo Rizzuto - KR | Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Reggio Emilia |
30
|
Nirta - Strangio | San Luca - RC | Bologna, Modena, Parma, Ravenna, Reggio Emilia |
31
|
Pesce | Rosarno - RC | Reggio Emilia |
32
|
Pompeo | Isola Capo Rizzuto - KR | Rimini |
33
|
Romeo | San Luca | Forlì-Cesena |
34
|
Ursino | Gioiosa Jonica -RC | Rimini |
35
|
Valle-Lampada | Reggio Calabria | Ravenna, Parma, Modena |
36
|
Vrenna - Ciampà Bonaventura | Crotone | Bologna, Reggio Emilia, Rimini |
Criminalità
organizzata siciliana
|
|||
Nr.
|
clan
|
provenienza
|
zona d'influenza |
1
|
barcellonese | Barcellona Pozzo di Gotto -ME | Parma |
2
|
corleonesi | Corleone - PA | Modena |
3
|
cosa nostra | mandamento Castelvetrano | Piacenza, Parma |
4
|
cursoti | Catania | Reggio Emilia |
5
|
famiglie | Catania | Ravenna |
6
|
famiglie | Partinico - PA | Ferrara |
7
|
famiglie | San Giuseppe Jato - PA | Ferrara |
8
|
famiglie | San Lorenzo - PA | Bologna |
9
|
famiglie | Villabate - PA | Reggio Emilia, Bologna |
10
|
Fidanzati | Palermo | Rimini |
11
|
Galatolo | Quartiere Acquasanta di Palermo | Piacenza |
12
|
Laudani | Catania | Rimini, Reggio Emilia |
13
|
Mandamento Porta Nuova | Palermo | Bologna |
14
|
Navantieri | Vizzini e Francoforte - CT | Reggio Emilia |
15
|
Panepinto | Bivona - AG | Parma |
16
|
Santapaolo-Ercolano | Catania | Piacenza |
17
|
Ventura - Vadalà | Camaro - ME | Parma |
Criminalità
organizzata campana
|
|||
Nr.
|
clan
|
provenienza
|
zona d'influenza |
1
|
Ascione-Suarino | Ercolano - NA |
Forlì-Cesena
|
2
|
Belforte | Marcianise - CE | Reggio Emilia |
3
|
Birra-Iacomino | Ercolano - NA |
Forlì-Cesena
|
4
|
casalesi | Provincia di Caserta |
Bologna,
Ferrara,
Parma,
Forlì-Cesena,
Reggio
Emilia, Rimini,
Ravenna,
Piacenza,
Modena
|
5
|
casalesi, fazione Bidognetti | Castel Volturno - CE | Bologna, Parma |
6
|
casalesi, fazione Schiavone | Casal di Principe - CE | Modena, Reggio Emilia, Parma |
7
|
Contini | Napoli | Rimini |
8
|
D’Alessandro | Castellammare di Stabia - NA | Rimini, Forlì-Cesena, Parma, Ravenna |
9
|
Di Gioia | Torre del Greco - NA | Modena |
10
|
Di Lauro | Napoli | Parma |
11
|
Di Martino - Afeltra | Gragnano - NA | Bologna, Rimini |
12
|
Fabbrocino | Zona vesuviana di Nola - NA | Piacenza, Modena |
13
|
Guarino - Celeste | quartiere Barra di Napoli |
Parma
|
14
|
Licciardi | Secondigliano - NA |
Parma,
Rimini
|
15
|
Mallardo | Giuliano in Campania - NA | Bologna, Ferrara, Piacenza |
16
|
Mariniello | Acerra - NA | Rimini |
17
|
Puca | Sant'Antimo, Casandrino - NA | Bologna |
18
|
Sarno | quartiere Ponticelli di Napoli |
Parma
|
19
|
Stolder | Napoli | Rimini |
20
|
Terracciano | quartieri Spagnoli di Napoli |
Modena
|
21
|
Vallefuoco | Acerra, Brusciano - NA | Rimini |
Criminalità
organizzata pugliese
|
|||
Nr.
|
clan
|
provenienza
|
zona d'influenza |
1
|
società foggiana | Provincia di Foggia | Ravenna |
Gaeta | Orta Nova - FG | Bologna | |
2
|
Zonno | provincia Bari | Modena |
3
|
Vitale | Mesagne - BR | Rimini |
4
|
sacra corona unita | Puglia | Rimini,
Ravenna,
Forlì-Cesena |
Altra
criminalità organizzata
|
|||
Nr.
|
clan
|
provenienza
|
zona d'influenza |
1
|
Gargivolo | Pescara | Bologna, Ravenna |
2
|
banda della Magliana | Roma | Rimini |
Totale:
80 gruppi criminali
Clan
coinvolti in operazioni di polizia nelle province
|
||||||
Provincia
|
c.o.
calabrese
|
c.o.
siciliana
|
c.o.
campana
|
c.o.
pugliese
|
altre
c.o.
|
Totale
|
Bologna |
16
|
3
|
5
|
1
|
1
|
26
|
Ferrara |
8
|
2
|
2
|
-
|
-
|
12
|
Forlì - Cesena |
11
|
-
|
4
|
-
|
1
|
16
|
Modena |
13
|
1
|
5
|
1
|
-
|
20
|
Parma |
12
|
4
|
8
|
-
|
-
|
24
|
Piacenza |
4
|
3
|
3
|
-
|
-
|
10
|
Ravenna |
9
|
1
|
2
|
2
|
1
|
15
|
Reggio Emilia |
17
|
4
|
3
|
-
|
-
|
24
|
Rimini |
5
|
2
|
8
|
2
|
1
|
17
|
Fatti
citati nel Rapporto 2013
Totale:
85
Le
tabelle sono aggiornate al 22 novembre 2013